Tunisia, forze di sicurezza respingono un assalto dello Stato islamico, 54 morti
Nello scontro a fuoco sono morti 36 miliziani, 11 soldati e sette civili, fra cui una bambina di 12 anni. Il governo ha decretato il coprifuoco nella zona. Il presidente Essebsi ha condannato l’attacco “senza precedenti”. Obiettivo dei miliziani fondare un “emirato di Daesh” nella regione. Si rafforzano i controlli alla frontiera con la Libia.
Tunisi (AsiaNews/Agenzie) - Le forze di sicurezza tunisine hanno respinto un assalto sferrato da gruppi jihadisti, con tutta probabilità vicini allo Stato islamico (SI). Teatro dell’attacco, avvenuto ieri, un’area situata nei pressi del confine con la Libia. Nello scontro a fuoco sono morti 36 assalitori, 11 membri della sicurezza e sette civili. Secondo le autorità di Tunisi l’obiettivo dei miliziani è fondare un emirato islamico nella zona.
Il governo ha decretato il coprifuoco nella città di Ben Guerdane e nelle aree vicine al valico di frontiera con la Libia a Ras Jedir; massima allerta anche sulla principale direttrice che collega la città del sud della Tunisia a Zarzis e al resto del Paese.
Il presidente Mohamed Beji Caid Essebsi ha condannato quello che ha definito un attacco jihadista “senza precedenti”, oltre che un atto di “barbarie che ha avuto origine dalla vicina Libia”. Egli ha inoltre disposto la chiusura della frontiera col Paese confinante.
Il Primo Ministro Habib Essid ha affermato che l’operazione aveva come obiettivo la creazione di un “emirato di Daesh” [l’acronimo arabo per lo Stato islamico, SI] a Ben Guerdane e il controllo del confine libico-tunisino. Tuttavia, ha aggiunto, l’esercito e le forze di sicurezza interne sono riuscite a respingere l’assalto.
Nello scontro a fuoco, proseguito sino a tarda sera, sarebbe morta anche una bambina di 12 anni. Fonti locali riferiscono che gli assalitori sarebbero originari della regione, non combattenti provenienti dall’esterno.
La scorsa settimana le forze di sicurezza hanno ucciso cinque miliziani nella stessa zona teatro dell’attacco di ieri; i jihadisti erano entrati nel Paese con l’obiettivo di commettere “attacchi terroristi”. Da oltre un anno l’esercito locale è impegnato in una dura battaglia con gruppi estremisti islamici nella zona montagnosa di Chaambi e lungo la frontiera con l’Algeria a sud-est. La crescente instabilità della vicina Libia ha contribuito ad aumentare il livello della minaccia; per questo il governo di Tunisi ha disposto la costruzione di una trincea lungo la frontiera, per bloccare il passaggio di combattenti e jihadisti.
La Primavera araba è nata in Tunisia nel 2010-2011, ma si è diffusa con velocità in un gran numero di nazioni dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente. In molte di queste nazioni, la battaglia per la democrazia e per i diritti fondamentali ha subito pesanti battute d’arresto e, in alcuni casi, la situazione è peggiorata. La Tunisia, nonostante questo, ha invece attuato una transizione democratica basata su una società civile vibrante, che chiede il rispetto dei diritti umani di base.
Inoltre, essa è l’unico Paese a maggioranza islamica che difende la libertà di coscienza e, anche per questo, nei mesi scorsi è stata oggetto di attacchi terroristi come quello al Museo Bardo e sulla spiaggia di Sousse.
La battaglia per i diritti e la democrazia in Tunisia ha ricevuto anche prestigiosi riconoscimenti internazionali. Lo scorso anno la Commissione norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il Premio per la Pace 2015 al Tunisian National Dialogue Quartet, per il suo contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralista in Tunisia dopo la Rivolta dei Gelsomini del 2011.