Trasferiti i ribelli da Homs. L'opposizione chiede più armi agli Usa
Damasco (AsiaNews) - Continua ancora oggi l'evacuazione dei ribelli e delle loro famiglie dalla città vecchia di Homs, dopo quasi due anni di assedio da parte delle truppe governative.
Grazie a un accordo negoziato dall'ambasciata iraniana e dall'Onu, i ribelli vengono trasferiti più a nord, a Dar al-Kabira, in una zona controllata dall'opposizione. Possono portare con sé un'arma da fuoco e una sacca e ogni autobus che li trasporta è dotato di un razzo lancia-granate per la difesa.
Grazie all'accordo, la popolazione di Homs, e gli stessi ribelli, potranno ricevere cibo e medicine dopo quasi due anni di assedio che aveva prostrato alla fame gli abitanti; due cittadine sciite pro-Assad, Nubul and Zahraa, assediate dai ribelli, potranno ricevere aiuti di emergenza; un certo numero di ostaggi nelle mani dei ribelli ad Aleppo e vicino a Lattakia saranno rilasciati. Fra essi vi sono un russo e alcuni iraniani.
La fine della resistenza ad Homs, fra le prime città a ribellarsi al regime, rappresenta una simbolica vittoria per Bashar Assad, che si appresta ad essere designato ancora come presidente nelle elezioni che si terranno il prossimo mese. Nei quasi due anni di assedio della città almeno 2mila persone sono morte. Fra essi vi è anche il p. Frans Van der Lugt, ucciso davanti alla sua casa, forse proprio perché lavorava all'accordo per la fine dell'assedio.
L'evacuazione di Homs segue una discreta lista di vittorie dell'esercito di Assad sul diviso fronte dell'opposizione.
Intanto, in visita a Washington, il capo della Coalizione nazionale dell'opposizione, Ahmad Jarba, ha condannato le prossime elezioni presidenziali come "una farsa", dato che molti non potranno votare a causa della guerra. Tali elezioni, ha detto, daranno ad Assad "il permesso di uccidere per ancora molti anni", dopo essere stato rieletto "sui cadaveri dei siriani".
Jarba, che deve incontrare il presidente Barack Obama, chiede agli Stati Uniti delle "armi efficaci" per "cambiare l'equilibrio delle forze sul terreno". Dopo ciò, si può pensare a discutere una "soluzione politica".