Tokyo e il dramma dei lavoratori migranti: Come Chiesa dovremmo fare qualcosa in più
Tokyo (AsiaNews) – Quella dei migranti irregolari in Giappone “è una causa giusta. Dal punto di vista umano la loro espulsione dal suolo nazionale è un’ingiustizia, ma dal punto di vista legale è difficile giudicare. Bisognerebbe conoscere la coscienza dei legislatori”. Lo dice ad AsiaNews il superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) in Giappone, p. Mario Bianchin, commentando la manifestazione avvenuta ieri (29 aprile) nel distretto Ginza di Tokyo. Circa 70 lavoratori col permesso di soggiorno scaduto, insieme alle loro famiglie, hanno organizzato un corteo per chiedere al governo di poter rimanere nel Paese che li ospita da circa trent’anni.
“Il problema dell’immigrazione in Giappone – racconta p. Bianchin – è molto grande coinvolge un gran numero di persone. Tutto è iniziato circa trent’anni fa, quando il governo giapponese e quello brasiliano si sono accordati per fornire permessi di soggiorno lavorativi al gran numero di nikkeijin [discendenti di giapponesi che abitavano in Brasile ndr] che volevano venire in Giappone”. “Questi permessi – continua p. Bianchin – erano della durata di tre anni, rinnovabili. È stato un atto di benevolenza dei due governi: il Giappone otteneva forza lavoro e i lavoratori una buona paga”.
Secondo esponenti della Asian People’s Friendship Society [ong che ha organizzato la manifestazione] il governo giapponese ha in seguito “chiuso un occhio” sui lavoratori con visto scaduto. Ma “ora la crisi economica – dice p. Bianchin – sta creando problemi sia agli immigrati che al governo. Il governo non ha più interessi ad averli sul territorio e sta tentando di espellerli. Molti immigrati non hanno rinnovato il contratto e sono tornati nei loro Paesi.”.
Non è facile per tutti i lavoratori stranieri tornare ai loro Paesi dopo trent’anni di vita all’estero. Molti preferiscono rimanere in Giappone come illegali, per paura di non riuscire a trovare lavoro.
La legislazione giapponese sull’immigrazione è molto rigida. Per ottenere la cittadinanza non basta essere nati sul suolo nipponico, ma bisogna avere almeno un genitore giapponese. Per questo motivo, molto spesso i figli dei lavoratori illegali non possono rimanere in Giappone. Se hanno parenti giapponesi possono scegliere di essere affidati a loro, abbandonando la famiglia che verrà espulsa.
“Il Giappone non è mai stato accogliente verso gli immigrati – afferma p. Bianchin – perché la società giapponese è molto compatta, impermeabile. La situazione legale degli immigrati è difficilissima. Una volta che il visto è scaduto, essi non hanno alcun tipo di appoggio legale e basta anche un caso fortuito, come un incidente di macchina, per essere identificati dal governo come illegali e quindi espulsi. Molti lavoratori irregolari cristiani – continua il sacerdote – hanno paura anche a lasciare i nominativi alla parrocchia, per timore che il governo li trovi. Non è che il governo li perseguiti, però basta poco per essere cacciati”.
“La Chiesa giapponese – afferma Bianchin – si sta muovendo molto sul sociale. Forse però dovremmo occuparci di più di questo tema così vasto e grave”.