28/08/2018, 16.26
GIAPPONE
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Tokyo, un’agenzia per gestire i flussi di lavoratori stranieri. Missionario: Tutelare i loro diritti

Sarà attiva dal prossimo aprile. I lavoratori ricercati per le Olimpiadi. I migranti cattolici sono un’occasione per ridisegnare il ruolo della Chiesa nella società.

Tokyo (AsiaNews) – Una nuova agenzia per gestire e accrescere gli ingenti flussi di lavoratori migranti che nei prossimi anni entreranno in Giappone. Lo hanno annunciato ieri fonti governative. P. Ignacio Martinez, missionario di Guadalupe e responsabile del dipartimento degli affari sociali della Conferenza episcopale giapponese, mette in guardia contro la visione “egoista” che guarda i migranti come “strumenti” per il Paese, ma senza cura per il loro bene.

La nuova agenzia sarà attiva dal prossimo aprile. In quello stesso periodo, ai lavoratori stranieri verrà riconosciuto un nuovo status residenziale, i cui dettagli saranno definiti nei prossimi mesi; così, il Giappone si aprirà a centinaia di migliaia di lavoratori in vari settori. Da anni, la crisi demografica ormai cronica pesa sulla manodopera giapponese, in continua decrescita. Già negli scorsi anni il numero dei migranti economici è salito in modo vertiginoso, raddoppiando nell’arco di cinque anni: da 680mila nel 2012 a 1,28 milioni nell’ottobre del 2017. Di questi, il gruppo più grande è composto da 370mila cinesi, a cui seguono i vietnamiti e filippini.

Per p. Martinez, la società giapponese ha bisogno di lavoratori di tutti i tipi in particolare per le Olimpiadi del 2020. Servono braccianti per costruire gli stadi, ma anche lavoro qualificato per accogliere i milioni di turisti previsti. Il Giappone vuole mostrarsi come un “Paese aperto e amichevole”, ma ciò contrasta con le sofferenze dei migranti, i cui diritti non sono tutelati. “Un problema su tutti è quello della comunicazione. Non parlano la lingua, non conoscono la cultura. Per questo sono spesso sgridati dai loro superiori. Sono lontani dalle famiglie, dai loro Paesi e si sentono soli”. Poi vi è il problema dei “broker”, figure che contattano i lavoratori nei Paesi d’origine, mettendoli in comunicazione con le aziende giapponesi e pagando loro il volo. Così, stabiliscono con i migranti un credito difficile da ripagare per via dei bassi salari. “A volte, il broker prende i loro passaporti, così che non possano andare da nessuna parte. È una nuova forma di schiavismo”. A ciò si aggiunge che molte famiglie vengono separate, perché il marito ha un permesso di lavoro, ma la famiglia non può restare, neanche i bambini nati e cresciuti in Giappone. “Questo non è solo un problema migratorio, ma anche umanitario,” commenta il missionario.

La piccola Chiesa giapponese ha a cuore il destino di queste famiglie, molte delle quali cattoliche. “Buona parte dei vietnamiti e quasi tutti i filippini sono cattolici. Se vai in una qualsiasi chiesa in Giappone, li vedrai che vanno a messa, pregano o anche vi si rifugiano, perché lì si sentono al sicuro. La loro presenza è un’occasione per la Chiesa di ridisegnare il suo ruolo nella società. Dobbiamo integrare le persone che vengono da altri Paesi per costruire una sola comunità, multiculturale e interculturale”. Proprio per affrontare al meglio questa sfida, fra due settime il Comitato per i migranti, rifugiati e persone in movimento in Giappone presieduto dal vescovo di Nagoya, mons. Michel Matsura, si riunirà e definirà il “piano strategico” per il 2019-2021.

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