23/10/2017, 11.49
A. SAUDITA - IRAQ - USA - IRAN
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Tillerson: un asse Riyadh-Baghdad in chiave anti-iraniana

Il segretario di Stato Usa a Riyadh per contrastare il “comportamento maligno” di Teheran. Le milizie sciite protagoniste della lotta anti-Isis devono abbandonare le armi o unirsi all’esercito. Per Washington la partnership fra re Salman e il premier Abadi fondamentale per la rinascita dell’Iraq. 

 

Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - Contrastare il “comportamento maligno” nella regione mediorientale, fermare l’influenza di Teheran nel vicino Iraq e rilanciare l’asse fra Baghdad e Riyadh, in un’ottica di ricostruzione del Paese dopo anni di violenze. Sono questi gli obiettivi tracciati dal segretario di Stato americano Rex Tillerson, nel contesto della visita ufficiale in Arabia Saudita caldeggiata dallo stesso presidente Donald Trump. Le milizie iraniane che hanno combattuto lo Stato islamico (SI, ex Isis), ha aggiunto il capo della diplomazia Usa, devono andare a casa perché la battaglia è ormai giunta alla sua conclusione. 

A margine dell’incontro con i vertici del governo saudita Tillerson ha chiesto che “tutti i combattenti stranieri” lascino l’Iraq e diano spazio alla ricostruzione del Paese. Al centro del vertice le azioni da intraprendere per “ridurre” l’influenza dell’Iran nella regione, frutto del nuovo - duro - approccio verso Teheran promosso dalla Casa Bianca e soprattutto dal presidente Trump. 

Inaugurando il Consiglio per il coordinamento fra Iraq e Arabia Saudita, uno dei mezzi promossi dall’amministrazione Usa per sradicare l’influenza iraniana, Tillerson ha aggiunto che la partnership fra re Salman e il premier Haider al-Abadi sarà fondamentale per la rinascita dell’Iraq. Una prima risposta alle devastanti battaglie sferrate per strappare i territori per tre anni nelle mani dell’Isis e riaffermare l’indipendenza del Paese da “influenze” straniere [leggi Iran]. 

Gli fa eco il ministro saudita degli Esteri Adel al-Jubeir, secondo cui il neonato consiglio servirà a “contrastare” alcune delle “influenze improduttive dell’Iran all’interno dell’Iraq”. Tillerson conclude inviando un monito ai governi esterni alla regione mediorientale, invitandoli a non intrecciare legami di affari con i Guardiani della rivoluzione iraniani, inseriti di recente dagli Usa fra i gruppi che sponsorizzano il terrorismo internazionale. 

Sulle milizie sciite sostenute da Teheran, protagoniste dell’offensiva contro l’Isis in Iraq, pende inoltre l’accusa - secondo Washington - di abusi contro i civili di confessione sunnita, fra cui torture e uccisioni sommarie. Per il segretario di Stato Usa le milizie devono abbandonare le armi o unirsi alle truppe regolari dell’esercito irakeno, e i loro padrini di Teheran “lasciare il Paese”. 

La missione diplomatica dell’alto funzionario americano è una ulteriore conferma del piano ideato a Washington, finalizzato alla nascita di un asse fra Riyadh e Baghdad in chiave anti-iraniana dal Golfo Persico alle sponde del Mediterraneo. L’invasione del Kuwait lanciata nel 1990 dall’ex dittatore irakeno Saddam Hussein aveva determinato la rottura dei rapporti con i sauditi e per molti anni le posizioni fra i due Paesi sono state distanti. Riyadh ha riaperto l’ambasciata a Baghdad solo nel 2015, dopo un quarto di secolo; al febbraio dello scorso anno risale la prima visita ufficiale di un diplomatico saudita nella capitale irakena, cui ha fatto seguito la ripresa dei voli diretti fra le due capitali del mondo arabo. 

Intanto il sito filo-curdo Rudaw News rilancia le dichiarazioni di Ali Akbar Velayati, alto ufficiale del governo iraniano, secondo cui Teheran “non ha alcun ruolo” nella presa di Kirkuk da parte dell’esercito irakeno. Tuttavia, fonti locali nel nord dell’Iraq denunciano una politica “aggressiva” promossa dalla Repubblica islamica che ha portato alla nascita di “scuole, moschee e biblioteche” filo-sciite in aree un tempo appartenenti ai cristiani.

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