Thailandia: test veloci per feti con sindrome di Down. Aumenta il rischio della “cultura dello scarto”
Bangkok (AsiaNews) – Il Dipartimento di scienza medica thailandese (Dmsc) ha sviluppato un kit per operare test sui feti e diagnosticare la sindrome di Down in tempi molto minori rispetto a quelli odierni. L’obiettivo dichiarato è quello di diminuire il tasso di affetti dalla sindrome tra i neonati. Lo strumento, che sarà distribuito entro sei mesi, permette alle donne, tra le cinque e le 12 settimane di gravidanza, di sottoporsi ad amniocentesi e ricevere i risultati dopo 48 ore. Secondo una fonte di AsiaNews, questa novità tecnica “aumenta la cultura dello scarto in Thailandia, dove ormai l’aborto è facilissimo da attuare”.
Nel Paese sono 45mila le donne che ogni anno chiedono test per la sindrome di Down. Il sistema sanitario thailandese, dal personale ridotto, riesce a compiere analisi solo su 25mila pazienti e i risultati vengono ottenuti anche dopo sei mesi. Il nuovo kit, che diminuisce i tempi di analisi, permetterebbe di soddisfare la totalità della domanda.
Il dott. Apichai Mongkol, direttore del Dmsc, afferma che i genitori non hanno fiducia completa nei risultati del vecchio metodo e quindi a volte sono riluttanti nel considerare l’opzione dell’aborto. Con il nuovo kit, assicura il medico, le donne avranno risultati affidabili e veloci, e saranno messe nelle migliori condizioni per decidere se abortire o no.
Una fonte cattolica di AsiaNews afferma che “in Thailandia l’aborto sta diventando sempre più facile. Esso non viene neanche più chiamato ‘aborto’ e nemmeno il feto viene denominato tale ma ‘grumo di sangue’, di cui si può disfarsi come si vuole, quando si vuole”. “In realtà – spiegano due donne – dal punto di vista ufficiale, la legislazione permette l’aborto solo in caso di grave handicap del feto o di rischio per la madre. Ma ci sono molte cliniche che fanno aborti illegali”.
Nel 2010 in Thailandia vi sono stati circa 800mila nuovi nati. Il totale degli aborti è stato di 240mila. Se gli aborti naturali oscillano fra le 96mila-120mila unità, se ne deduce che circa 120mila-144mila aborti sono provocati. Di questi al massimo il 10%, cioè circa 10mila casi, avviene in modo legale.
L’anno scorso una coppia australiana ha abbandonato il piccolo Gammy – nato da madre surrogata thailandese – perché affetto da sindrome di Down, tenendo invece con sé la gemella, nata senza disabilità.
Nel 2011 fece scalpore il ritrovamento di 2002 feti abbandonati nel pressi di un tempio buddista nel centro di Bangkok, in attesa di essere carbonizzati.