Teheran, boom nell’export di prodotti non petroliferi: +10%, per un valore di 31,6 miliardi
La bilancia commerciale registra un saldo positivo di 55 milioni. Le importazioni si sono assestate sui 31,5 miliardi, con un incremento del 4,3%. Fra i beni più esportati il gas naturale, il Gpl e l’olio lubrificante leggero. Fra i partner commerciali prevalgono Cina, Emirati e Turchia. Cresce la partnership economica e commerciale con la Germania.
Teheran (AsiaNews/Agenzie) - Negli ultimi nove mesi - dal 20 marzo, data di inizio dell’anno in corso secondo il calendario iraniano, al 20 dicembre - le esportazioni della Repubblica islamica nel settore dei prodotti non petroliferi è aumentato del 10% circa. Una conferma del miglioramento della bilancia commerciale su base annua, per l’allentamento delle sanzioni internazionali in seguito all’accordo sul nucleare. Il valore complessivo delle esportazioni nel settore ha raggiunto quota 31,6 miliardi di dollari ed è alimentato da turismo, ’ingegneria e traffico commerciale.
Secondo i dati trasmessi in questi giorni dall’Amministrazione doganale iraniana, le importazioni aumentate del 9,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il dato relativo alle importazioni si è assestato sui 31,53 miliardi di dollari, con un incremento del 4,3% su base annua. L’analisi incrociata dei dati conferma il saldo positivo per l’economia del Paese (+ 55 milioni), che sconta però ancora gravi ritardi strutturali e restrizioni ancora in atto da parte del blocco occidentale.
Per quanto concerne i singoli prodotti, il bene non petrolifero più esportato è il gas naturale compresso che riveste il 16,2% del totale per un valore complessivo di 5,12 miliardi di dollari. A seguire vi è poi il Gpl (gas di petrolio liquefatti) e l’olio lubrificante leggero con valore rispettivi del 6,18% e de 3,89%, pari a 1,95 miliardi e 1,23 miliardi.
Per quanto concerne i Paesi, il partner principale della Repubblica degli ayatollah è la Cina con un dato complessivo di 5,69 miliardi di beni esportati, seguita dagli Emirati Arabi Uniti (Eau) con 5,50 miliardi di dollari, la Turchia con 2,71 miliardi e la Corea del Sud con 2,33 miliardi.
Inoltre, i dati mostrano che la maggioranza dei beni importanti - seppur in lieve calo - provengono da Cina (per un valore di 7,51 miliardi), Emirati (5,10 miliardi), Corea del Sud (2,5 miliardi) e Turchia (2,18 miliardi). Di contro, si è registrata una crescita significativa di beni importati dalla Germania, dove si è registrato un più 38,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e un valore complessivo di 1,78 miliardi.
Dopo anni di embargo, nel 2015 l’Iran ha ottenuto un parziale alleggerimento delle sanzioni economiche dell’Occidente, in cambio dell’accordo sul controverso programma atomico. Un’intesa accolta in maniera positiva dalla maggioranza della comunità internazionale.
Fra le posizioni critiche quella di Israele e del Congresso americano (a maggioranza repubblicano), dove si aspettano le prime mosse del neo presidente Trump. In campagna elettorale egli aveva minacciato di rottamare l’accordo, ma al momento non vi sono certezze sulle future mosse del prossimo presidente.
Nei mesi scorsi Washington ha ribadito il blocco sull’uso del dollaro nelle transazioni bancarie, fermando i nuovi contratti economici stabiliti dopo l’accordo sul nucleare. Una decisione che ha influito anche sulla politica europea, in particolare nel settore bancario, e che non avrebbe impresso davvero quel cambio di rotta necessario per rilanciare la produzione interna. Ostacoli che, di fatto, favoriscono la fazione fondamentalista interna in Iran e mettono in crisi il programma di riforme del presidente moderato Hassan Rouhani.
10/01/2017 09:21
30/01/2017 13:05