05/12/2024, 00.10
GEORGIA
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Tbilisi, la protesta che non si spegne contro il Sogno Georgiano

di Vladimir Rozanskij

La dichiarazione del primo ministro Iraklij Kobakhidze dell’interruzione fino al 2028 delle trattative per l’ingresso nell’Unione Europea ha reso lo scontro ancora più duro, mentre la Corte costituzionale ha confermato l'esito delle contestate elezioni. La polizia utilizza idranti e gas lacrimogeni e ha già arrestato centinaia di persone. Anche l'ex-premier Georgij Kvirikašvili, già presidente del partito di maggioranza, si è schierato con chi protesta.

Tbilisi (AsiaNews) - Le manifestazioni di protesta in Georgia vanno avanti a ondate ormai da mesi (prima e dopo le elezioni che molti ritengono “falsificate”) e hanno assunto un carattere ancora più ampio e intenso dopo la dichiarazione del primo ministro Iraklij Kobakhidze dell’interruzione delle trattative per l’ingresso nell’Unione Europea. Dal 1° dicembre la gente scende in piazza nonostante il clima gelido non solo nella capitale Tbilisi, ma anche in tante altre città del Paese come Batumi, Poti, Rustavi, Telavi e Kutaisi. Mentre la Corte costituzionale della Georgia ha confermato la vittoria del partito del Sogno Georgiano, e ha respinto la petizione della presidente Salome Zurabišvili per contestare la validità delle elezioni parlamentari.

A Tbilisi l’epicentro delle proteste rimane la piazza del parlamento, dove i dimostranti lanciano contro i poliziotti petardi e fuochi d’artificio, dispongono barricate mobili e accendono dei falò per scaldarsi e difendere le proprie posizioni. La polizia utilizza idranti e gas lacrimogeno, e ha già arrestato centinaia di persone, tra cui anche uno dei leader dell’opposizione, il capo della “Coalizione per i cambiamenti” Zurab Džaparidze. Oltre cento poliziotti hanno ricevuto ferite di vario grado, mentre i dimostranti feriti non si contano.

Le autorità hanno cercato di non reagire troppo violentemente per lungo tempo, confidando in un indebolimento delle proteste per dimostrare l’inconsistenza delle opposizioni, ma ora le reazioni si fanno sempre più dure e autoritarie. Kobakhidze ha affermato che non permetterà che nel Paese si realizzi un “secondo Maidan ucraino”, confermando implicitamente di esprimere le posizioni di Mosca, mentre dal Cremlino si fa finta di niente e il portavoce Dmitrij Peskov afferma che “sono questioni interne alla Georgia, noi non abbiamo nulla a che fare”.

Oltre ai politici contrari al regime del Sogno Georgiano, con la presidente della repubblica Salome Zurabišvili come immagine-simbolo della resistenza, stanno prendendo le parti dei dimostranti sempre più funzionari statali, e rappresentanti del mondo economico georgiano. La presidente non intende lasciare la sua carica, come le è stato intimato entro le elezioni del suo successore il 14 dicembre, e il palazzo presidenziale Oberliani è di fatto ormai la sede delle opposizioni, che chiedono nuove elezioni per un parlamento legittimo.

Una voce autorevole si è aggiunta alle proteste, quella dell’ex-premier Georgij Kvirikašvili, già presidente del partito di maggioranza, e hanno presentato le dimissioni diversi ambasciatori, tra cui quelli negli Usa, Paesi Bassi, Bulgaria, Italia e Lituania. Salome Šapakidze, ormai ex-ambasciatrice a Vilnius, ha dichiarato che “per me è stato un onore servire gli interessi nazionali per due decenni, per contribuire alla sovranità e all’integrità territoriale della Georgia nell’itinerario euroatlantico, perché la Georgia è Europa!”. Oltre 200 rappresentanti di vari organi statali hanno firmato una dichiarazione contraria alle scelte di Kobakhidze, dalla Banca nazionale, dal ministero delle finanze, della giustizia e altri.

Anche imprenditori e rappresentanti dell’alta finanza si sono schierati contro il governo, come i dirigenti delle banche TBC e Bank of Georgia, secondo i quali “non c’è alternativa alla direzione verso l’Europa”. In questo senso di sono espressi gli operatori della comunicazione dei più importanti gruppi come Magti e Silknet, della principale azienda automobilistica Tegeta e del developer Orbi Group.

Il premier ha spiegato che non intende rinunciare al progetto di adesione alla Ue, ma l’uscita dalle trattative fino al 2028 si rende necessaria in quanto “Bruxelles le sta utilizzando come arma ricattatoria, per impedire lo sviluppo delle nostre decisioni politiche”. Rievocando concetti tipici della propaganda russa, Kobakhidze spiega che “i politici e i burocrati europei sono del tutto privi dei veri valori europei, e torneremo a parlare con loro quando riacquisteranno un minimo di dignità”. Non è facile comprendere perché i capi del Sogno Georgiano abbiano deciso di irrigidirsi su queste posizioni proprio in questo momento così delicato, sapendo che avrebbero suscitato reazioni in tutta la Georgia, se non per realizzare un piano di sabotaggio dell’integrazione europea che viene da lontano, sotto l’ombra del Cremlino.

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