Summit Onu sul clima, Cina e India snobbano l’appuntamento
New York (AsiaNews/Agenzie) - Si apre a New York la conferenza Onu sui cambiamenti climatici, in coincidenza con l'equinozio di autunno che cade oggi, 23 settembre, dopo un'estate risultata - a livello globale - la più calda di sempre. Infatti, le temperature registrate negli oceani e sulla terraferma è stata superiore di 0,71 gradi centigradi rispetto alla media del secolo scorso. Fra i principali responsabili del surriscaldamento del pianeta le emissioni di carbone, che solo in Cina sono cresciute fino a raggiungere quelle emesse da Stati Uniti e Unione europea, unite. Questo è quanto emerge dal rapporto "Global Carbon Project", secondo cui nel 2014 gli inquinanti raggiungeranno un livello record a causa della crescita cinese. Il tutto, mentre Pechino e New Delhi - assieme a Russia e Giappone - non parteciperanno con le massime cariche di Stato e governo all'assise delle Nazioni Unite; e i governi mondiali restano ben lontani dagli obiettivi fissati per limitare i cambiamenti climatici.
Le emissioni di carbone in Cina sono aumentato del 4,5% quest'anno, fino a toccare quota 10,4 miliardi di tonnellate; un dato ben superiore ai 5,2 miliardi di tonnellate emesse da Stati Uniti e i 3,4 dell'Unione europea. Secondo il rapporto, le emissioni mondiali potrebbero toccare quota 43,2 miliardi di tonnellate nel 2019, di cui 12,7 miliardi provenienti dalla sola Cina. Le emissioni nel 2014 sono del 65% superiori rispetto ai livelli del 1990, nonostante le ripetute promesse di un taglio drastico degli inquinanti e dei protocolli sul clima, rimasti inapplicati. Pechino lo scorso anno ha consumato 3,7 miliardi di tonnellate di carbone ed entro il 2015 potrebbe utilizzare fino a 4,1 miliardi di tonnellate.
Nei giorni scorsi oltre un milione di persone hanno marciato in tutto il mondo a difesa del pianeta e per chiedere politiche economiche, energetiche e sociali a difesa del futuro della terra. La People's Climate March si è celebrata in 166 città al mondo e ha riunito varie anime della protesta, fra cui movimenti anarchici, antagonisti e - negli Stati Uniti - gruppi di pacifisti in piazza contro le guerre in Medio oriente.
Alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite, in programma al Palazzo di Vetro, partecipano oltre 120 leader mondiali; scopo dell'incontro, rilanciare la volontà politica di un accordo "globale" sul clima entro la fine del prossimo anno, per il periodo successivo al 2020. Tuttavia, la mancanza del presidente cinese Xi Jinping e del premier indiano Narendra Modi ridimensionano - e di molto - le aspettative di riuscita dell'incontro e possibili accordi su azioni comuni da intraprendere nell'immediato futuro.
Oltre al segretario generale Onu Ban Ki-moon, al summit sarà presente il presidente statunitense Barack Obama, che (anche) sui temi ambientali ha costruito il successo nelle campagne elettorali del 2008 e del 2012, sebbene molte delle promesse siano rimaste (di fatto) disattese. La settimana newyorkese sul clima si inserisce nel solco di una marcia a più ampio respiro, che prevede nuovi incontri a Lima (dicembre), a Bonn in Germania e alla conferenza mondiale di Parigi sul clima, in programma a dicembre 2015. Proprio nella capitale francese si dovrebbe giungere a una posizione comune nelle azioni da intraprendere contro i cambiamenti climatici.
Tuttavia, appare difficile trovare un accordo efficace se non si coinvolgono Cina e India, i principali responsabili delle emissioni nocive ma che sono, al contempo, i maggiori produttori industriali al mondo; un elemento non certo secondario per le nazioni europee e gli Stati Uniti che proprio nel continente asiatico hanno trasferito parte della propria produzione industriale. Per questo i vertici Onu in tema di clima sembrano preferire la "promessa" di "azioni specifiche" dai singoli Paesi, piuttosto che imporre un accordo vincolante a livello giuridico, come avvenuto nel 1997 per il protocollo di Kyoto. Per molto tempo la Cina ha considerato i cambiamenti climatici responsabilità dei Paesi ricchi, come gli Stati Uniti, perché hanno inquinato molto più a lungo nel tempo; peraltro negli ultimi anni l'aria nelle grandi metropoli come Pechino e Shanghai si è fatta irrespirabile e l'opinione pubblica cinese ha iniziato a chiedere a gran voce interventi drastici. Una protesta montante, che ha spinto le massime autorità di Pechino a cambiare atteggiamento in tema di ambiente.
25/09/2019 11:19