Stato Shan, i ribelli Wa riaprono le chiese battiste ma non gli edifici cattolici
Nel settembre 2018, il più grande esercito etnico del Myanmar aveva lanciato una campagna repressiva contro i cristiani. Restano chiuse quattro scuole cattoliche nelle municipalità di Maingmaw, Winkhaung e Panwaing. Riconvertita la destinazione d’uso di molti istituti e residenze ecclesiastiche.
Naypyidaw (AsiaNews) – Nelle aree dello Stato Shan (est Myanmar) controllate dai ribelli dello United Wa State Army (Uwsa), hanno cominciato a riaprire i luoghi di culto chiusi durante una dura campagna per la soppressione del cristianesimo. Ma mentre dalla scorsa settimana tutte le chiese protestanti hanno ripreso le attività, gli edifici cattolici restano chiusi o vengono riconvertiti ad altro uso. I miliziani del più grande esercito etnico del Myanmar, che vanta storici legami con Pechino, avevano cominciato ad applicare politiche repressive contro i cristiani a partire dal settembre 2018. Da allora, i ribelli hanno arrestato centinaia di membri della comunità; chiuso decine di chiese; arruolato con la forza decine di studenti; posto sotto interrogatorio pastori, vescovi e suore per chiarire se fossero impegnati in opere di sviluppo o di proselitismo.
Nell'emergere di organizzazioni e movimenti basati sulla fede, l’Uwsa vede una minaccia alla propria autorità. Nell’ottobre 2018, la Lahu Baptist Convention (Lbc) [associazione battista del gruppo etnico Lahu, ndr] ha denunciato che erano oltre 100 le chiese chiuse e almeno tre quelle distrutte. Nella sola area di Mong Pauk, l'esercito etnico aveva posto i sigilli a 52. A Mong Mau, i ribelli hanno anche disposto la chiusura di una missione cattolica gestita da suore salesiane ed ordinato l’espulsione delle religiose.
I miliziani controllano due regioni montuose nello Stato Shan, al confine con la Cina, dove i cristiani sono il gruppo religioso maggioritario. Circa un secolo fa, missionari evangelici americani convertirono alcuni tribali del luogo al cristianesimo. Nel 1991, i leader delle tribù Wa hanno chiesto al vescovo di Lashio l’aiuto della Chiesa cattolica per lo sviluppo del territorio, attraverso scuole e cliniche aperte con il permesso delle autorità. L'Uwsa ha libertà di governare l’auto-proclamato Stato di Wa da quando ha firmato un cessate il fuoco con Naypyidaw, nel 1989.
Il rev. Lazarus, portavoce della comunità battista di etnia Lahu, dichiara in un’intervista a Rfa che a partire da settembre 2019 i miliziani hanno cominciato a revocare le restrizioni nelle municipalità di Hotaung, Mei Pauk e Pansang. “Dalla scorsa settimana, tutte le nostre 52 chiese sono finalmente riaperte; i sigilli restano solo in una scuola per studi biblici a Hotaung. Non sappiamo perché [i ribelli] non consentono ancora la ripresa delle lezioni. Vorrei lanciare un appello per la riapertura della scuola”.
Mons. Philip Lasap Za Hawng, vescovo di Lashio, denuncia che restano chiuse quattro scuole cattoliche nelle municipalità di Maingmaw, Winkhaung e Panwaing. “Non abbiamo visitato queste aree nella regione di Wa, poiché le autorità non ci hanno invitati”, afferma. “Ho sentito che le autorità Wa stanno usando per i loro scopi una scuola dove un tempo vivevano sacerdoti e suore”.
P. Mariano Soe Naing, direttore dell’Ufficio per la comunicazione sociale della Conferenza episcopale del Myanmar (Cbcm Osc), spiega che al momento nella regione non vi è alcuna chiesa cattolica. I ribelli hanno però riconvertito la destinazione d’uso di molti istituti e residenze ecclesiastiche. “Non abbiamo aggiornamenti su questi edifici – dichiara p. Soe Naing –. Anche se ci venissero restituiti, non saprei dire quanto sono cambiati. Abbiamo sentito che le autorità hanno trasformato la scuola di Winkhaung in una stazione di polizia e hanno demolito la scuola di Maingmaw”.
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