Sindh, 18enne indù rifiuta nozze forzate con musulmano: uccisa
Wahid Bux Lashari, assieme a due complici, ha cercato di rapirla la mattina del 21 marzo mentre era sola nella sua abitazione. La giovane ha reagito e l’uomo le ha sparato. Centinaia gli attacchi contro giovani delle minoranze religiose. La condanna di attivisti pro diritti umani e del leader Ppp Bilawal Bhutto-Zardari.
Sukkur (AsiaNews) - Pooja Kumari, una ragazza appena 18enne di religione indù originaria della comunità di Odh, è stata uccisa per aver rifiutato una proposta di matrimonio di un importante uomo di religione musulmana. Il suo aguzzino ha cercato di rapirla, ma incontrando resistenza l’ha ammazzata in modo brutale il 21 marzo. L'omicidio è avvenuto all’interno dell'abitazione della giovane, nell’area di Chhuahra Mandi, a Sukkur, città pakistana della provincia meridionale del Sindh.
Kumari appartiene a una realtà nomade. La madre lavora tutto il giorno nel locale mercato di Kajhor, ricavando le scarne finanze necessarie per il sostentamento della famiglia. Il giorno dell’omicidio, come di consueto la donna si era recata al lavoro la mattina presto, lasciando la figlia sola in casa. Il gruppo di assalitori, conosciuti nella zona, ne ha approfittato scavalcando le mura domestiche e penetrando all’interno, con lo scopo di abusare della giovane e poi rapirla.
Tuttavia la vittima ha opposto una strenua resistenza che le è costata la vita, uccisa a colpi di pistola. La polizia del Sindh avrebbe arrestato in queste ore l’assassino, identificato con il nome di Wahid Bux Lashari, e altri due suoi complici.
Attivisti e associazioni pro-diritti umani hanno levato in queste ore voci di condanna per il nuovo episodio di violenza a danno di una giovane appartenente alle minoranze religiose, invocando provvedimenti da parte del governo provinciale del Sindh. Episodi simili si sono verificati con grande frequenza nel recente passato e sono una delle questioni irrisolte del Paese, tanto che gli stessi vertici della Chiesa pakistana hanno chiesto a gran voce l’intervento delle autorità. Le violenze sono il più delle volte compiute da musulmani, più o meno ricchi e conosciuti nella zona, sfruttando spesso la connivenza delle forze dell’ordine o delle autorità locali.
Zahid Farooq, attivista pro-diritti umani cristiano e vice direttore di Urban Resource Center, sottolinea che, se il sequestro fosse andato a buon fine, “ieri avremmo visto un suo video in cui affermava di essersi convertita di proposito all’islam e di aver sposato il suo rapitore”. Ogni essere umano, afferma, deve avere il diritto di vivere “in modo libero” e di sposare “chiunque voglia”, mentre sequestrare qualcuno e costringerlo alle nozze “è un crimine contro l’umanità”.
Rapimenti e conversioni forzate riguardano ogni anno centinaia di ragazze non-musulmane in Pakistan. Mariyam Kashif Anthony, attivista in prima linea nella difesa dei diritti delle donne a Karachi, conferma che “quanto accaduto a Kumari succede a centinaia di giovani” e mostra un quadro preoccupante di “rapimenti, conversioni forzate e matrimoni contro volontà”. Un fenomeno che colpisce “in larghissima maggioranza le giovani appartenenti alle minoranze religiose”.
Bilawal Bhutto-Zardari, presidente del Pakistan People’ Party (Ppp), terzo per importanza e all’opposizione in Parlamento, ha espresso piena solidarietà alla famiglia della vittima, condannando con forza l’omicidio. Il leader politico, figlio della ex primo ministro Benazir Bhutto e dell’ex presidente Asif Ali Zardari, ha inoltre invocato pene esemplari per i colpevoli.
02/10/2014
01/10/2014