Sichuan, internet bloccato per l’anniversario della rivolta nazionale tibetana
Il bando è in vigore da ieri e durerà fino al 17 marzo. Le autorità di Pechino vogliono impedire alla popolazione tibetana di ricevere notizie di manifestazioni all’estero. In India la diaspora tibetana ha organizzato una marcia; in Nepal il governo ha proibito ogni commemorazione.
Chengdu (AsiaNews) – Le autorità della provincia del Sichuan, nel sud-ovest della Cina, hanno bloccato l’utilizzo di internet nei giorni dell’anniversario della rivolta nazionale tibetana contro l’occupazione cinese del 1959. Il bando è entrato in vigore ieri, giorno in cui i tibetani in esilio commemorano la morte di migliaia di persone che si opponevano al regime di Pechino, e durerà fino al 17 marzo. L’obiettivo, hanno spiegato a Radio Free Asia alcuni residenti che vogliono rimanere anonimi, “è evitare che gli abitanti delle aree tibetane possano organizzare proteste contro il governo ispirandosi alle manifestazioni compiute dagli esiliati all’estero”.
L’ordinanza n. 24 blocca l’accesso a internet in 10 contee della Kardze (in cinese Ganzi) Tibetan Autonomous Prefecture: Dartsedo (in cinese Kangding), Tawu (Daofu), Draggo (Luhuo), Kardze (Ganzi), Sershul (Shiqu), Dege (Dege), Palyul (Baiyu), Nyagrong (Xinlong), Lithang (Litang) e Bathang (Batang). Secondo un residente, “le autorità sono preoccupate che i tibetani possano creare problemi”. Un altro aggiunge che “internet è stato messo fuori servizio così i tibetani non possono vedere, sentire o leggere notizie di proteste o altre attività organizzate da coloro che si trovano in esilio”.
Ogni anno la diaspora ricorda con marce e veglie la rivolta di Lhasa del 10 marzo 1959, quando 300mila tibetani insorsero per timore che il Dalai Lama fosse portato con la forza a Pechino. Nei successivi scontri l’esercito cinese massacrò in pochi giorni oltre 85mila tibetani, male armati e privi di addestramento militare. Il Dalai Lama fu costretto a fuggire in esilio e il governo dei tibetani esiliati si stabilì a Dharamshala, in India.
Quest’anno le manifestazioni sono avvenute solo in India, mentre il governo di Kathmandu ha vietato ogni forma di commemorazione agli oltre 20mila tibetani che vivono in territorio nepalese.
Per ribadire il controllo del governo, il 3 marzo scorso Pechino ha inviato a Lhasa 5mila militari e 1000 veicoli dell’esercito, che hanno marciato in parata. Il motivo, hanno dichiarato gli attivisti di Human Rights Watch (Hrw), “è scoraggiare le proteste pubbliche o l’espressione del dissenso”. Sophie Richardson, direttrice per la Cina di Hrw, afferma: “Le autorità cinesi ancora una volta interrompono i viaggi e fanno parate militari per costringere al silenzio la popolazione tibetana. Il progresso nei diritti umani avverrà solo quando il governo cinese sostituirà le sue tattiche intimidatorie con un approccio più aperto all’informazione, all’espressione e alle forme pacifiche del dissenso”.
10/07/2017 12:36
27/06/2019 11:40