Shinzo Abe, primo leader straniero a incontrare Donald Trump. L’ombra della Cina
L’incontro è avvenuto a New York. Una “conversazione chiara” e una “calda atmosfera”. I problemi degli accordi economici fra i 12 Paesi dell’area Asia-Pacifico, escludendo Pechino. I contributi del Giappone alla presenza militare Usa.
New York (AsiaNews/Agenzie) – Il premier giapponese Shinzo Abe è stato il primo leader straniero a incontrare il neo-eletto presidente Usa Donald Trump. A determinare il frettoloso incontro di circa 90 minuti, la minaccia di Trump a ritirare gli Usa dal Tpp (Trans Pacific Partnership) e il timore che sia lasciato troppo spazio all’egemonia cinese in Asia dal punto di vista militare ed economico.
L’incontro è stato volute da Abe, che ha fatto sosta a New York nel suo volo verso il Perù, al summit sul commercio dell’area Asia-Pacifico.
Parlando ai giornalisti dopo l’incontro con Trump, egli ha detto di aver avuto una “conversazione chiara” in una “calda atmosfera”. “Sono convinto – ha aggiunto – che Trump sia un leader verso il quale io posso avere piena fiducia”.
La campagna elettorale di Trump ha creato molte perplessità in Asia, soprattutto in Giappone e Corea del Sud. Trump ha dichiarato che Tokyo e Seoul dovrebbero sostenere con più fondi il costo delle basi militari Usa nei loro Paesi, invitandoli a procurarsi da sé armi nucleari, facendo a meno della deterrenza Usa.
Secondo dati del Congresso Usa, al presente la Corea del Sud paga più di 800 milioni di dollari l’anno per le truppe Usa sul suo territorio e sta spendendo 9,7 miliardi di dollari per spostare le basi militari americane. Tokyo paga ogni anno circa 2 miliardi di dollari per lo stazionamento di militari Usa nel suo Paese.
Il leader giapponese è anche desideroso che Trump abbia un ripensamento sul Ttp, che il neo-presidente (durante la campagna elettorale) ha detto di non voler ratificare. Abe è riuscito a far votare e approvare alla Dieta l’adesione al Ttp, che egli vede come un possibile freno all’egemonia economica cinese in Asia. Il Ttp – voluto intensamente da Barack Obama - facilita accordi economici fra 12 Paesi dell’area Asia-Pacifico, da cui però la Cina è esclusa. I Paesi implicati sono: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Stati Uniti. Dopo le affermazioni di Trump, anche il Vietnam si è detto non disponibile alla ratifica.