05/01/2025, 10.50
ECCLESIA IN ASIA
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Seoul: un 'rifugio' per i giovani e la croce dall'area demilitarizzata

Due segni hanno scandito le celebrazioni della comunità cattolica della capitale coreana in questi giorni di apertura del Giubileo. I nuovi locali di Seoul Ajit mirano a rafforzare un'iniziativa che in cinque anni ha già accolto oltre 6mila giovani in difficoltà. Mentre la croce realizzata con fili di ferro provenienti dal confine blindato con Pyongyang per l'arcivescovo Chung è una "potente testimonianza del nostro desiderio di pace" 

Seoul (AsiaNews) - Due segni importanti hanno scandito quest’anno le celebrazioni natalizie dell’arcidiocesi di Seoul. Due gesti che - mentre il Paese è scosso dalla gravissima crisi politico-giudiziaria aperta il 3 dicembre dal tentativo fallito del presidente Yoon di imporre la legge marziale - invitano a guardare a due temi cruciali per il futuro: i giovani e la pace.

La sera della vigilia di Natale il vescovo ausiliare mons. Paul Lee - responsabile del cammino verso la Gmg2027 - ha visitato e celebrato la Messa nei nuovi locali di Seoul Ajit. Come indica il nome in coreano, si tratta di un rifugio (letteralmente “nascondiglio” o “casa sicura”) per i giovani che nella grande metropoli avvertono il bisogno di trovare accoglienza. L’iniziativa è stata promossa dall’arcidiocesi nel 2019 con la missione di “accompagnare i giovani con l'amore di Gesù”. Si trova nel quartiere Suyu di Seoul, è attivo dal lunedì al venerdì e aperto a chiunque abbia un’età tra i 9 e i 24 anni. In questi cinque anni sono stati già più di 6.000 i giovani passati per questo luogo, fruendo dei suoi servizi di ascolto e intervento in situazioni di crisi, arricchimento culturale, pasti e opportunità educative.

Seoul Ajit non è però solo un luogo fisico: gestisce anche un’unità mobile, un autobus di grandi dimensioni allestito per attraversare le aree frequentate dai giovani. A bordo operano dei volontari formati per entrare in contatto con i giovani, ampliando così la portata e l'impatto della struttura di Suyu.

Durante l'omelia di Natale, mons. Lee ha tracciato un parallelo con la natività: proprio come Gesù è venuto nel mondo attraverso un'umile stalla, non vista da molti, per incarnare l'amore e la salvezza, così anche Seoul Ajit vuole essere un santuario nascosto ma vitale grazie all’opera dello Spirito Santo. Un luogo “di calore e riposo, dove i giovani possano riporre la loro fiducia, riscoprire i loro sogni e stare bene in un ambiente amorevole e sicuro”.

L’altro segno per Seoul nelle celebrazioni di questi giorni è stata la Croce del Giubileo della speranza che domenica scorsa ha accompagnato l’apertura dell’Anno Santo nella cattedrale di Myeongdong. È stata realizzata con fili di ferro provenienti dalla Zona demilitarizzata (DMZ) che separa la Corea del Nord e quella del Sud. Questa croce – ha detto nell’omelia l’arcivescovo mons. Peter Chung – “rappresenta una potente testimonianza del nostro desiderio collettivo di pace in Corea. Ci chiama a guardare oltre le nostre sfide individuali e a impegnarci alla guarigione e alla solidarietà con quanti vivono gravi difficoltà”.”La vera speranza - ha concluso il presule - porta con sé il potere di plasmare non solo i nostri cuori ma anche il nostro tessuto sociale, ispirandoci a vivere vite di servizio e amore”.

 

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