Sauditi, russi e iraniani per l’aumento del prezzo del petrolio. Ma non sanno come
Al G20 i ministri dell’energia Khaled Al-Falih e Alexander Novak hanno deciso di formare “gruppo di monitoraggio comune” insieme ad altri produttori per prevenire fluttuazioni nei prezzi. Anche l’Iran sarebbe disposto a collaborare per aumentare il prezzo del greggio a 50-60 dollari. Ma nessuno sembra voler ridurre la produzione.
Hong Kong (AsiaNews) – Il prezzo del petrolio (WTI) è oggi a 44.94 al barile e continua ad oscillare, anche se di poco. Tutti si aspettano che esso possa innalzarsi dopo che Arabia saudita e Russia – e in seguito anche l’Iran – hanno promesso di trovare un accordo.
Al margine dell’incontro del G20 ad Hangzhou (Cina), hanno deciso di “agire insieme” e cooperare sul mercato globale del petrolio, come si legge in una loro dichiarazione. Ma non si sono espressi sulla possibilità di ridurre la produzione. La dichiarazione resa pubblica dai ministri del petrolio Khaled Al-Falih e dal russo Alexander Novak parla della costituzione di un “gruppo di monitoraggio comune” insieme ad altri produttori per prevenire fluttuazioni nei prezzi.
L’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio), che raccoglie 14 nazioni e produce circa un terzo del greggio al mondo, avrà un incontro con la Russia in questo mese ad Algeri, per discutere su una possibile riduzione della produzione e aumentare il prezzo al barile.
Anche l’Iran sembra intenzionata a “sostenere ogni decisione per far tornare la stabilità nel mercato del petrolio”, come dichiarato dal ministro dell’energia Bijan Zanganeh. Il ministro ha anche detto che un prezzo fra i 50 e i 60 dollari al barile sarebbe un “prezzo desiderato”.
Va detto però che anche Zanganeh non pensa a una riduzione della produzione, anzi, per lui, l’Iran deve ritornare al livello di produzione che aveva prima delle sanzioni internazionali, ossia a 4 milioni di barili al giorno.