Sarah L. Handag, educatrice musulmana: ‘L’istruzione, strumento per combattere l’odio’
La donna è a capo del Programma educativo per le madrasse a Zamboanga (Mindanao). “Educare i cuori, non solo le menti; solo educando al dialogo religioso sapremo costruire ponti tra musulmani e cristiani”. “L’ignoranza, la mancanza di educazione, la povertà e la politica sono i veri nemici dell’islam di oggi”. L’esperienza di Silsilah, il movimento fondato da p. Sebastiano D’Ambra: “Queste storie possono ispirare altre città”.
Roma (AsiaNews) – “L’obiettivo dei terroristi a Marawi è creare odio tra cristiani e musulmani. Se soccombiamo a quest’idea, loro vinceranno. Come insegnante, credo fermamente che l’istruzione sia uno strumento efficace per contrastare tali idee e la chiave per vincere l’estremismo”. Ad affermarlo è Sarah L. Handang, educatrice musulmana ed attivista per il dialogo religioso di Zamboanga (Mindanao), nel sud delle Filippine. La regione è al centro di sanguinosi scontri tra le forze governative ed i Maute, un gruppo terroristico ispirato allo Stato islamico, che dal 23 maggio assediano la città islamica di Marawi. Le violenze hanno causato la morte di oltre 400 persone e suscitato tensioni etnico-religiose nel territorio, dove è concentrata la maggior parte della popolazione musulmana delle Filippine, circa il 20% di quella totale.
Sarah Handang è una senior education supervisor del Dipartimento dell’educazione di Zamboanga, dove è a capo dell’Mpe, il Programma educativo per le madrasse [scuole coraniche ndr]. Il progetto, finanziato dal governo delle Filippine, fornisce uno standard di istruzione di base a tutti i docenti di Lingua araba ed educazione ai valori islamici (Alive) delle madrasse pubbliche e private del Paese. A Zamboanga, l’Mpe si è rivelato un vero successo e coinvolge 289 insegnanti dislocati in 48 istituti islamici, dove l’insegnamento della materia è consentito dal decreto presidenziale del 2003 che ha varato l’iniziativa.
Il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso ha conferito a Sarah Handang una borsa di studio di sei mesi intitolata alla Nostra Aetate, che le ha consentito di approfondire la conoscenza della dottrina cristiana e degli insegnamenti della Chiesa cattolica. “Durante questa esperienza – racconta ad AsiaNews la donna – ho maturato un profondo rispetto per la fede cristiana e il mio sentimento religioso ne è uscito più forte. Imparando il cristianesimo sono diventata una musulmana migliore. Per questo motivo, al mio ritorno nelle Filippine, proporrò l’inserimento dello studio del Dialogo interreligioso nel curriculum previsto dall’Mpe”.
Sarah Handang sottolinea l’importanza del processo educativo nel formare studenti che siano parte attiva nel dialogo tra confessioni religiose diverse. “Credo che quello che sta accadendo al giorno d’oggi nella società ci spinge a considerare l’idea di educare i cuori, non solo le menti. I tempi sono cambiati, così come gli studenti. Ma se non torniamo alle radici dell’amore di Dio, le persone troveranno il modo di distorcere ciò in cui credono. Se invece cresciamo un bambino che sia spiritualmente forte, cresceremo brave persone. Solo educando al dialogo religioso sapremo costruire ponti tra musulmani e cristiani”.
Tuttavia, il confronto non può trascendere dal superamento di equivoci e pericolose derive presenti all’interno di una comunità. L’educatrice analizza la situazione del mondo musulmano attuale, individuando i fattori che spesso ne impediscono l’apertura al dialogo. “I veri nemici dell’islam di oggi sono: l’ignoranza, la mancanza di educazione, la povertà e la politica. Vi sono persone che credono nell’islam, ma non conoscono l’islam. Vi sono musulmani che leggono il Corano, ma non ne seguono gli insegnamenti. Altri leggono il Corano e ne danno una loro personale interpretazione, distorcendone il significato. Alcuni versetti ad esempio non vengono contestualizzati al tempo cui si riferiscono, il tempo del profeta. Altre persone invece vivono in povertà, e la mancanza di prospettive economiche ed educative le rende vulnerabili agli interessi dei politici. Se affrontiamo l’ignoranza con l’educazione, allora saremo in grado di eliminare la povertà. I fedeli, confortati da un lavoro stabile e una salda fede, non potranno più essere sviati dalla politica. Non possiamo rimandare questo processo a domani, dobbiamo cominciare oggi stesso. Come musulmani siamo stanchi di essere chiamati ‘terroristi’, di essere guardati con diffidenza e sospetto”.
Il coinvolgimento e l’impegno in attività formative volte al sostegno e alla promozione della coesistenza hanno consentito a Sarah Handang di entrare in contatto con l’esperienza del movimento per il dialogo islamo-cristiano Silsilah [in arabo: catena, legame ndr]. Fondato da p. Sebastiano D’Ambra nel 1984 a Zamboanga, il programma mira a coinvolgere cristiani e musulmani in diversi settori della società, per favorire e rafforzare l'incontro e il confronto fra i fedeli delle due grandi religioni. “Nella mia città d’origine, quando ero piccola i pregiudizi tra le due comunità erano molto forti. Grazie alla mia esperienza di educatrice, posso dire che la presenza del dialogo interreligioso di Silsilah ha contribuito a cambiare le cose. Ho avuto modo di collaborare col movimento, organizzando seminari rivolti alle madri. Esse svolgono un ruolo chiave per il dialogo, poiché sono quelle che restano a casa e hanno una maggiore influenza sull’educazione dei figli e possono inspirare in loro il dialogo. I bambini si fidano delle mamme e credono in loro. Questo può avere un grande impatto sulla comunità. Abbiamo anche un altro programma che coinvolge vari leader religiosi. Esso è stato messo alla prova dalla guerra nel 2013, ma possiamo vedere i frutti dei valori che abbiamo cresciuto. Anche nella guerra a Marawi abbiamo visto degli episodi di speranza, come ad esempio delle ragazze musulmane che hanno prestato i loro hijab alle compagne cristiane per aiutarle a sfuggire ai rastrellamenti dei Maute. Il dialogo interreligioso a Zamboanga è stato un successo. Penso di poter dire che al 75% siamo riusciti ad eradicare il bigottismo e la discriminazione. Come attività volontaria e non obbligata dal ministero dell’educazione, nelle scuole celebriamo il Natale e festeggiamo l’Eid al-Fitr tutti insieme. Gli educatori hanno ormai raggiunto un atteggiamento di comprensione verso l’altro. Non sono così ambiziosa da voler cambiare il mondo, ma queste storie possono ispirare altre città. Solo se sapremo imparare a coesistere, a rispettarci l’un l’altro potremo vivere in pace”.
Sarah Handang condivide con AsiaNews le sue impressioni circa la crisi di Marawi: “Anzitutto bisogna sottolineare il rifiuto della popolazione alle idee di odio. I Maute sono solo un incidente, non rappresentano la brava gente e i bravi musulmani di Mindanao, che vogliono pace. I danni collaterali di questa guerra sono proprio questi ultimi. Dal punto di vista internazionale questa crisi ha un grande risalto, perché dimostra che anche le Filippine sono interessate da fenomeni come lo Stato islamico, nel caso specifico i Maute. Ma noi rimaniamo fiduciosi, e preghiamo affinché ciò non avvenga. Nella guerra, nessuno è vincitore. Tutti perdono. Qual è l’obiettivo della propaganda di questo gruppo terroristico? Creare odio tra cristiani e musulmani. Se soccombiamo a questa idea, loro vinceranno. Ma da ciò può partire un nuovo inizio, dopo la tempesta c’è sempre il sole”. (PF)
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