16/07/2019, 08.02
A. SAUDITA - CINA - ISLAM
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Riyadh elogia all’Onu le politiche (repressive) cinesi sugli uiguri

L’Arabia Saudita ha sottoscritto una lettera inviata alle Nazioni Unite in cui si manifesta sostegno per le politiche improntate alla sicurezza. In realtà esse hanno mascherato persecuzioni e abusi verso la minoranza musulmana. Fra i firmatari anche Filippine, Myanmar, Russia e Paesi del Golfo. 

Ginevra (AsiaNews) - Riyadh ha sottoscritto una lettera inviata alle Nazioni Unite, in cui si manifesta il sostegno alla Cina per le politiche repressive verso la minoranza musulmana uiguri, nella regione dello Xinjinag nell’ovest del Paese. Insieme all’Arabia Saudita, custode dei luoghi santi dell’islam, vi sono altri 36 Stati favorevoli alla linea dura fra i quali la Russia e le Filippine. 

Secondo quanto emerge da un’inchiesta della Reuters, a differenza delle critiche di numerose nazioni occidentali sarebbe proprio l’Arabia Saudita, culla dell’islam e luogo natale di Maometto, ad avallare le politiche repressive cinesi verso la comunità musulmana interna. Il sostegno a Pechino è una risposta alla condanna avanzata in precedenza da 22 ambasciatori al Consiglio Onu per i diritti umani, per le “persecuzioni” e “detenzioni arbitrarie” di milioni di musulmani. 

Nella lettera di sostegno a Pechino firmata da Riyadh vengono elogiati i “notevoli progressi” della Cina nel campo dei diritti umani. “Di fronte alle gravi sfide del terrorismo e dell’estremismo - si legge nella missiva - la Cina ha preso una serie di misure anti-terrorismo e di de-radicalizzazione nello Xinjinag, fra i quali l’allestimento di centri di addestramento educativo e vocazionale”.

Gli uiguri, etnia turcofona che abita lo Xinjiang, chiede da decenni maggiore autonomia politica ed economica, ma Pechino li accusa di separatismo, giustificando così la politica di controllo militare. Nei mesi scorsi, anche l’Onu ha accusato Pechino di aver allestito campi di concentramento operando un lavaggio del cervello. Il Paese del dragone si difende dicendo che tali campi sono invece un luogo di addestramento professionale per la popolazione rinchiusa.

Di recente la leadership cinese ha rafforzato la stretta, radendo al suolo edifici storici della regione. Negli ultimi due anni sono state colpite anche le moschee, rimuovendone alcune parti come cancelli o cupole, o demolendo l’intera struttura. Una politica di repressione che vale per l’islam, così come per le alte religioni, soprattutto cristiana, mirata a “sinicizzare” il culto.

Anche in passato erano emerse profonde divisioni fra le nazioni a maggioranza musulmana in riferimento alle politiche cinesi verso gli uiguri. Nella lettera inviata alle Nazioni Unite si elogia il ritorno della sicurezza nello Xinjiaang e la “salvaguardia” dei diritti umani fondamentali di tutti i gruppi etnici, compresi i musulmani. La missiva ricorda infine che negli ultimi tre anni non si sono registrati attacchi terroristi nella regione e le persone possono beneficiare di un rinnovato clima di felicità, fiducia e sicurezza. 

Oltre all’Arabia Saudita e alla Russia, la lettera pro-Cina è stata firmata dagli ambasciatori di diverse nazioni africane, dalla Corea del Nord, dal Venezuela, Cuba, Myanmar, Filippine, Siria, Pakistan, Oman, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti (Eau) e Bahrain. Questi ultimi rappresentano il blocco degli Stati del Golfo e sono a larghissima maggioranza nazione musulmane. 

Pechino, attraverso il proprio rappresentante all’Onu, ma manifestato apprezzamento e gratitudine per il sostegno ricevuto dai Paesi firmatari.

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