Record di insediamenti e concessioni ai beduini; i due volti del governo Bennett-Lapid
È quanto emerge nel rapporto elaborato dagli attivisti di Peace Now sui primi sei mesi della nuova legislatura. L’attuale esecutivo sta concedendo ai coloni più permessi per nuove costruzioni rispetto al governo Netanyahu. Ma per mantenere il sostegno del partito arabo Ma’an autorizza case e luce elettrica alle comunità beduine.
Gerusalemme (AsiaNews) - Aumento degli insediamenti con una politica di espansione ancor più forzata di quella impressa dal precedente esecutivo, guidato da Benjamin Netanyahu. E contemporaneamente alcune concessioni agli arabi come il riconoscimento di comunità beduine. È un governo di (poche) luci e (molte) ombre quello guidato dal tandem Bennett-Lapid, a cinque mesi dal suo insediamento e che ha archiviato una leadership decennale che non poche polemiche aveva sollevato nella comunità internazionale. In realtà, come emerge da uno studio elaborato dagli esperti di Peace Now e relativo al periodo 13 giugno-26 ottobre, la politica di “status quo” negli insediamenti è sconfessata dai fatti; al contrario, vi sono diverse decisioni che “promuovono in maniera attiva” nuove abitazioni e “rafforzano l’occupazione israeliana dei territori”.
Analisti ed esperti parlano di politica dei due volti dell’esecutivo, che preme sull’acceleratore dando il via libera a nuove abitazioni e all’espansione degli insediamenti per mantenere il consenso fra i coloni. Dall’altro vi sono alcune concessioni soprattutto alle comunità beduine del sud del Paese: oggi è arrivata ufficialmente l’approvazione di tre nuove cittadine nel Negev (sud di Israele) è andato ad aggiungersi all’accordo - negoziato dal partito Ra’am di Mansour Abbas - che consentirà l’allacciamento alla rete elettrica delle abitazioni costruite prima del 2018 e prive di permesso. A questo si unisce un miglioramento generale delle condizioni delle comunità beduine, cui l’esecutivo è intenzionato a concedere maggiori finanziamenti e migliori condizioni per continuare a beneficiare del sostegno del partito islamico conservatore alla Knesset.
Tornando allo studio di Peace Now, esso ricorda in primis la recente approvazione di 3mila nuove unità abitative in insediamenti che si trovano in quella che - nell'ipotesi dei due Stati - dovrebbe essere la parte palestinese. L’esecutivo preme per l’espansione nei territori occupati della Cisgiordania, con nuovi bandi o approvazioni già decretate ad Ariel, Atarot e Revava. Nella settimana del 20 ottobre sono poi iniziati i lavori di costruzione di 31 nuove unità abitative nel cuore della città palestinese di Hebron (fermi dagli anni ‘80), approvati da Netanyahu ma con inizio effettivo dei lavori sancito solo dall’attuale esecutivo.
All’aumento di insediamenti e avamposti (soprattutto con aziende agricole), Peace Now unisce anche la crescita esponenziale delle violenze da parte dei coloni ebraici, tanto che “non passa giorno” senza che non vi siano nuovi episodi di scontri, attacchi e danneggiamenti. Nel mirino le coltivazioni, soprattutto gli alberi di ulivo dal quale i palestinesi ricavano olio, nell’impunità e nel disinteresse totale delle autorità governative. Nessuno commento, sottolinea il rapporto, nemmeno da parte dei vari ministri israeliani contro “atti che non possono passare sotto silenzio”.
Gli attivisti israeliani anti-occupazione ricordano infine la pratica delle demolizioni di abitazioni palestinesi, che “sta crescendo in modo drammatico” con 260 case distrutte in quattro mesi nell’area C. Vi è poi la questione ancora aperta delle migliaia di case contese nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan, a Gerusalemme, fra i fattori che hanno innescato l’ultimo, sanguinoso conflitto lampo a Gaza, cui si unisce l’aumento sancito dall’esecutivo del budget per progetti legati agli insediamenti.