03/12/2013, 00.00
PAKISTAN
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Rawalpindi, a rischio chiusura l’ospedale cattolico che accoglie da 50 anni cristiani e musulmani

di Jibran Khan
Dopo quasi mezzo secolo al servizio della popolazione, in particolare dei poveri, la struttura gestita dalle Francescane missionarie di Maria potrebbe sparire. La crisi economica ha causato un calo drastico di fondi e donazioni. Appelli di malati e bisognosi, che non hanno altri luoghi dove ricevere cure gratuite. Per l’Avvento promosse raccolte fondi nelle parrocchie.

Rawalpindi (AsiaNews) - Dopo quasi 50 anni di attività all'insegna del motto "Dare speranza alla vita", il centro ospedaliero di San Giuseppe a Rawalpindi - amministrato dalle Francescane missionarie di Maria, guidate da suor Margaret Walsh - è a rischio chiusura per mancanza di fondi. Per circa mezzo secolo le religiose hanno offerto il loro servizio e la loro opera con amore incondizionato a favore della popolazione, senza distinzioni di fede, etnia o condizione sociale. A testimonianza del valore del centro e delle suore che lo hanno guidato, nel 2006 il governo pakistano ha assegnato il "riconoscimento di eccellenza" alle Francescane missionarie di Maria per la loro opera e l'impegno profuso.

Fondata nel 1964 dal missionario cattolico inglese Francis O'Leary, il St. Joseph Hospice ha garantito per decenni le migliori cure mediche ai poveri e ai portatori di handicap della città. Con più di cento posti letto, la struttura ha accolto i bisognosi dando assistenza gratuita e farmaci, prendendosi cura dei più deboli e offrendo formazione al personale.

Il centro è diventato nel tempo la casa di quanti venivano abbandonati persino dai propri cari, mostrando a tutti lo sguardo amorevole di Dio a prescindere dalla fede di appartenenza. Tuttavia, a causa dell'aumento dei costi e alla progressiva riduzione dei finanziamenti - effetto della crisi economica mondiale - il St. Joseph Hospice è a grave rischio chiusura.

Intervistata da AsiaNews suor Margaret Walsh, con cuore colmo di tristezza, racconta che "la grande maggioranza dei pazienti in cura sono musulmani" e vengono "da noi perché sanno che possiamo dar loro ciò di cui hanno bisogno". La religiosa spiega di aver dato il meglio di sé in questi anni e "mi spezza il cuore" sapere che "pensano di chiuderci". Per questo invoca l'aiuto della gente, per "mantenere viva questa visione".

Per i malati cronici e le persone nate con deformità, il centro è una vera e propria casa. Ora, si chiede la religiosa, "dove andranno?". Esso operava in pieno spirito di carità cristiana e ora sta lottando per sopravvivere. Per questo nella prima domenica di Avvento, le chiese hanno lanciato un appello alla preghiera e alla raccolta fondi, per sostenere la struttura e garantirne il futuro della missione quale "segno di speranza". 

 

 

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