27/06/2024, 13.05
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Rapporto Usa sulla libertà religiosa: India, Pakistan e Cina in fondo alla classifica

In Asia, anche Vietnam e Bangladesh hanno registrato, nel 2023, gravi casi di abusi e persecuzioni. Le critiche all'India sono state formulate nonostante Delhi sia un'alleata importante contro Pechino per Washington. In Pakistan spesso sono i musulmani Ahmadi a subire le peggiori discriminazioni.

Washington (AsiaNews) - “I governi di tutto il mondo continuano a prendere di mira individui, chiudere luoghi di culto, sfollare comunità con la forza e imprigionare persone a causa delle loro convinzioni religiose”. Con queste parole il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha presentato l’ultimo rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, ricordando che non solo il Dipartimento di Stato, ma anche il Pew Research Institute, ha accertato che negli ultimi anni le restrizioni governative nei confronti delle religioni hanno raggiunto i livelli più elevati mai registrati dal 2007.

Il rapporto analizza la condizione di diversi Paesi nel mondo. “In India, assistiamo a un preoccupante aumento delle leggi anti-conversione, dei discorsi di odio, delle demolizioni di case e luoghi di culto di membri di comunità religiose minoritarie”, ha affermato Blinken in una rara critica a Delhi, che Washington considera un’importante alleata contro Pechino. 

Il rapporto cita decine di episodi violenti, tra cui uccisioni di musulmani che commerciavano (o erano sospettati di farlo) carne bovina (la maggioranza indù considera sacre le vacche), ma anche episodi di mancato intervento da parte della polizia in occasione di aggressioni contro i cristiani, accusati (senza prove) di conversioni forzate. 

Nel documento vengono poi menzionate le continue violenze nello Stato nordorientale del Manipur, dove più di un anno fa sono scoppiati gli scontri tra diversi gruppi etnici. Secondo le informazioni raccolte, finora sono state bruciate oltre 250 chiese, più di 200 persone sono state uccise e oltre 60mila sono sfollate.

“Il rapporto sembra riflettere la realtà sul campo, dato che i media indiani riportano molti episodi di violenza contro le minoranze religiose”, ha commentato p. Babu Joseph, ex portavoce della Conferenza episcopale cattolica indiana. “Anche se le accuse di conversioni religiose si diffondono rapidamente in India, un controllo dei fatti mostrerà senza dubbio che molte di esse sono solo frutto dell’immaginazione e vengono lanciate per denigrare alcune comunità”.

Anche in Pakistan la polizia non è in grado di proteggere i membri appartenenti alle minoranze religiose, si legge nel rapporto. Gli ufficiali “accusati di abusi sono stati sanzionati in modo leggero o non sono stati affatto”. Secondo il Center for Social Justice, una ong locale, nel 2023 si sono verificati 103 casi di conversioni e matrimoni forzati di donne e ragazze cristiane, indù e sikh. Almeno 16 individui sono stati uccisi a causa della loro fede, mentre “29 persone sono state accusate di blasfemia, di cui il 75% erano musulmani, il 20% Ahmadi (la Costituzione pakistana vieta di considerarli musulmani) e il 3,3% cristiani”. Una repressione che ha luogo anche online: l’ala per i crimini informatici dell'Agenzia investigativa federale ha arrestato, per presunta blasfemia sui social media, 140 persone, di cui 11 sono state condannate a morte, una pena, in due casi, confermata anche dai tribunali superiori.

Spesso sono proprio gli Ahmadi a subire le maggiori discriminazioni anche nel vicino Bangladesh: le organizzazioni locali hanno registrato 22 episodi di violenza nel 2023, in cui un musulmano ahmadi è stato ucciso e 62 sono rimasti feriti insieme a 19 indù. I leader musulmani hanno spesso riportato le interferenze del governo sulla nomina e la rimozione degli imam, a cui vengono anche fornite in tutto il Paese indicazioni riguardo il contenuto dei sermoni. 

In Asia, altre gravi violazioni della libertà religiosa si verificano in Cina e in Vietnam, dove la repressione, in entrambi i casi, è esercitata dal Partito comunista. In base a diversi resoconti, Pechino continua a esercitare il controllo sui gruppi religiosi che percepisce come una minaccia agli interessi dello Stato. Dopo che a settembre sono entrate in vigore nuove misure amministrative che richiedono a monasteri, chiese, moschee, templi di sostenere la leadership del Partito comunista cinese, attuare il “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi” e promuovere la “sinizzazione” della religione, è stata attuata una campagna per far rispettare tali misure. Il governo cinese ha quindi arrestato, torturato e maltrattato, fatto sparire o sottoposto a indottrinamento forzato un numero imprecisato di persone, spesso prese di mira con accuse “vaghe e inconsistenti”. Le stime di coloro che sono stati incarcerati per la loro fede vanno da qualche migliaio a 10mila. 

Rashad Hussein, ambasciatore americano per la libertà religiosa, durante il lancio del rapporto ha affermato che anche la campagna contro gli uiguri “fa seguito a decenni di persecuzione delle comunità religiose, dai buddisti tibetani, ai cristiani, ai praticanti del Falun Gong”. Tra questi, almeno 188 sono morti a causa delle persecuzioni nel 2023, afferma ancora il rapporto.

Liu Pengyu, portavoce dell'ambasciata cinese a Washington, ha definito inaccurate le accuse contenute nel rapporto e ha accusato il Dipartimento di Stato americano di tentare di interferire negli affari interni cinesi.

In Vietnam, invece, “le autorità hanno riconosciuto due nuove organizzazioni religiose dopo più di quattro anni senza alcun nuovo riconoscimento”, ma, nonostante ciò, i gruppi religiosi a cui appartengono i membri di alcune minoranze etniche subiscono persecuzioni e abusi, al punto che a volte “non è chiaro se i casi segnalati siano legati esclusivamente all'affiliazione religiosa”. 

Nonostante l’emanazione, a marzo dello scorso anno, di una nuova normativa “che stabilirà nuovi limiti alla discrezionalità delle autorità locali nell’attuazione della ‘Legge sul credo e sulla religione’” e che “include anche nuovi requisiti per ricevere finanziamenti esteri" - dice il rapporto -, Blinken ad aprile era volato ad Hanoi e aveva esortato il governo vietnamita a migliorare “le politiche di registrazione rendendole più uniformi e trasparenti”.

(ha collaborato Nirmala Carvalho)

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