Qamishli: autobomba colpisce la chiesa della Vergine Maria, almeno 12 feriti
L’esplosione ha causato gravi danni a palazzi e auto nella zona, senza provocare vittime. Teatro dell’attacco al-Wasta, quartiere cristiano in un’area a maggioranza curda. Patriarca siro-ortodosso: attacco che crea “ansia e disordine”. I cristiani “devono rimanere” e non farsi intimorire. Ancora ignoti gli autori.
Qamishli (AsiaNews) - È di almeno 12 feriti il bilancio aggiornato di un attentato che ha colpito ieri pomeriggio la chiesa della Vergine Maria a Qamishli, nel nord-ovest della Siria, in un’area a maggioranza curda contesa con il governo centrale di Damasco. Al momento non vi sono rivendicazioni ufficiali per l’attacco, che non avrebbe causato vittime - a dispetto delle prime voci che parlavano di morti - ma solo gravi danni materiali alle vetture, agli edifici e al luogo di culto obiettivo dell’autobomba.
Fonti locali interpellate da AsiaNews raccontano che la deflagrazione, innescata da una vettura imbottita di esplosivo, è avvenuta poco dopo le sei del pomeriggio ora locale. Teatro dell’attentato il quartiere di al-Wasta, a maggioranza cristiana, dove sorge la chiesa siro-ortodossa e, poco distante, si trova anche quella armena.
Secondo un cristiano locale, che chiede l’anonimato, il bilancio avrebbe potuto essere ben più grave se gli attentatori non avessero sbagliato a calcolare l’orario di uscita dei fedeli, al termine delle preghiere dei vespri iniziate alle 5.30. Pochi minuti più tardi, avverte, sarebbe stata “un massacro” con diverse decine di morti.
I sospetti si concentrano attorno ai gruppi estremisti, fra i quali cellule locali o lupi solitari dello Stato islamico (SI, ex Isis), tuttora attivi nell’area. Tuttavia, non vi sono rivendicazioni ufficiali o tracce evidenti che possano condurre a un gruppo in particolare. Lo scoppio ha provocato gravi danni materiali, ma non risulterebbero vittime e anche i feriti sarebbero fuori pericolo.
In una nota, inviata per conoscenza ad AsiaNews, il patriarcato siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente ha condannato l’attentato, che “ha innescato un’atmosfera di ansia e disordine”. Ciononostante, il patriarca mar Ignatius Efrem ricorda che i cristiani “devono rimanere” nella loro terra di origine e non si devono far intimorire. I sacerdoti e i fedeli, prosegue il comunicato, “che erano in chiesa stanno tutti bene”, così come “gli abitanti di Qamishli”; la speranza, conclude, è di una “pronta guarigione” per quanti sono rimasti feriti e “un ritorno a breve della pace e della sicurezza in Siria”.
L’attacco alla chiesa non è un evento isolato, perché nell’area nord-occidentale del Paese - controllata dai curdi, a lungo sostenuti da Washington - nella giornata di ieri si sono registrati tre diversi attacchi: il primo è avvenuto nei pressi di un punto di controllo ad Afrin (contesa con i turchi) e ha provocato la morte di 13 persone, di cui 8 civili, e il ferimento di altre 35. Il terzo attacco è avvenuto nel centro di Hassaké, dove è esplosa una moto imbottita di esplosivo, questa volta senza provocare vittime.
07/11/2017 08:56