25/09/2024, 08.57
TAGIKISTAN
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Processo agli oppositori a Dušanbe

di Vladimir Rozanskij

Alla sbarra a porte chiuse i leader del movimento di opposizione Gruppo 24, Sukhrob Zafare e Nasimdžon Šarifov. Scomparsi da Istanbul dove vivevano da dieci anni in esilio, nell'agosto scorso il procuratore generale aveva reso noto che si trovano in un carcere della capitale del Tagikistan. Messa al bando come "assocazione estremistica" all'organizzazione non è  permesso in alcun modo di partecipare alla vita politica e sociale del Paese.

Dušanbe (AsiaNews) - Nel carcere di massima sicurezza di Dušanbe è in corso a porte chiuse il processo al leader del movimento di opposizione Gruppo 24, Sukhrob Zafar, insieme al suo compagno Nasimdžon Šarifov. Secondo le informazioni di Radio Ozody, neanche i parenti degli accusati sarebbero stati ammessi in aula, e le autorità non rilasciano alcun commento in proposito, per cui non si sa neppure se fossero presenti gli avvocati. Gli stessi parenti evitano di rispondere alle chiamate, e in precedenza avevano assicurato di non avere alcuna informazione da condividere sul processo e sulle condizioni di detenzione dei due oppositori.

Un altro attivista del Gruppo 24, Mukhammadsobir Abdukakkhor, riferisce che i parenti dei due detenuti si erano recati il 18 settembre alla prima seduta del tribunale, ma gli è stato impedito l’ingresso, chiedendosi “di quale trasparenza possiamo parlare, se il processo avviene in gran segreto come quelli dei primi tempi sovietici?”. I membri del gruppo hanno diffuso un comunicato, secondo cui il processo contro Zafar e Šarifov rappresenta “una grave violazione dei diritti delle persone, tipico dell’ingiustizia diffusa in Tagikistan”.

Nel testo si accusa che “non è in corso un giusto processo, ma un atto di grande pressione politica con minacce che confermano il carattere autoritario e corrotto del regime di Emomali Rakhmon, che usa tutti i mezzi per la difesa del proprio potere”. Entrambi gli oppositori avevano vissuto alcuni anni a Istanbul, da cui a un certo punto erano scomparsi in modo inspiegabile, uno a febbraio e l’altro a marzo di quest’anno.

Soltanto sei mesi dopo, il 9 agosto, il procuratore generale del Paese, Jusuf Rakhmon, ha comunicato in una conferenza stampa che i due leader del movimento si trovavano in un carcere della capitale, ed era in corso un’inchiesta nei loro confronti, senza fornire altri particolari sulla vicenda, né sulle accuse nei loro confronti e tanto meno sul loro arrivo in Tagikistan, che i loro compagni definiscono “un rapimento”.

Al processo ora l’accusa ufficiale è di “incitazione al cambiamento dell’ordine costituzionale con l’uso della violenza e delle comunicazioni tramite internet”, ciò che il Gruppo 24 ritiene “totalmente senza fondamento”. Zafar era in Turchia dal 2014, e in questi dieci anni ha ricevuto regolarmente delle minacce con messaggi che gli promettevano la morte o il rapimento. Dal 2018 è stato trattenuto alcune volte dalle forze dell’ordine turche, presumibilmente su richiesta del Tagikistan, ma è stato sempre rilasciato senza conseguenze.

Anche Šarifov era in Turchia dal 2015 ed è stato arrestato tre volte, per essere poi liberato, e nel 2018 era rimasto in prigione per due mesi. Il Gruppo 24 era stato creato dall’imprenditore e politico d’opposizione Umarali Kuvvatov, ucciso a Istanbul nel 2015, e il movimento era stato dichiarato fuorilegge dalla Corte suprema del Tagikistan nel 2014, come “associazione estremistica”. Decine di persone erano state arrestate nel Paese, in Russia e all’estero, lasciate a lungo in prigione solo per la partecipazione ad attività dell’organizzazione, a cui di fatto non è stato permesso in alcun modo di partecipare alla vita politica e sociale del Tagikistan.

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