22/04/2020, 12.12
VIETNAM
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Prigione per 11 anni al professore di musica Nguyễn Năng Tĩnh. Era in sciopero della fame perché gli negavano di vedere un prete

di Joseph Trich

Il processo di appello celebrato in piena crisi epidemica. La moglie di Tinh non ha potuto prendervi parte per i limiti di movimento imposti al Paese. Nguyễn Năng Tĩnh, 44 anni, ha difeso il Vietnam contro l’inquinamento delle fabbriche e contro i soprusi della Cina nel Mar Cinese meridionale. Il suo patriottismo bollato come “propaganda contro lo Stato”.

Hanoi (AsiaNews) – La corte di Nghe An (nel centro-nord del Paese) ha confermato la sentenza di 11 anni di prigione e 5 di arresti domiciliari per il professore di musica Nguyễn Năng Tĩnh, già condannato alla stessa pena un anno fa (v. foto). Il processo d’appello è avvenuto il 20 aprile. Per tutta la Quaresima e fino alla notizia dell’appello, Nguyễn Năng Tĩnh aveva attuato uno sciopero della fame perché le guardie carcerarie gli vietavano di poter incontrare un sacerdote.

Nguyễn Năng Tĩnh, 44 anni, di Vinh, è stato insegnante di musica al collegio per la cultura e l’arte di Nghe An. In Vietnam egli è famoso per aver insegnato ai giovani delle canzoni considerate tabù, quali “Trả Lại Cho Dân” (Ritornare al popolo), o “Việt Nam Tôi Đâu” (dov’è il Vietnam?), che inneggiano alla cultura nazionale e all’indipendenza del Paese dall’influenza cinese.

Proprio per difendere la sovranità vietnamita dalle mire cinesi, egli ha partecipato a manifestazioni in difesa delle isole Paracel e Spratly e contro le concessioni fatte a Pechino di zone economiche speciali. Egli è stato anche coinvolto in dimostrazioni contro la compagnia di acciaio Formosa, che aveva scaricato in mare rifiuti tossici, inquinando quattro province vietnamite.

Arrestato il 29 maggio 2019 e imprigionato a Vinh, nella prigione di Nghi Kim. Il 15 novembre 2019, la corte di Nghe An lo ha condannato a 11 anni e 5 anni di arresti domiciliari con l’accusa di “costruire, distribuire, disseminare propaganda contro lo Stato”.

Tĩnh aveva concluso la sua difesa con queste parole: “Io desidero ardentemente un Paese libero e democratico. Temo per il destino della nostra nazione e del nostro popolo. Sono preoccupato per i veleni diffusi nell’ambiente di vita delle persone. Non posso essere insensibile e non impegnarmi contro il rischio di perdere la sovranità nazionale e la minaccia di aggressioni del governo cinese”.

Con una buona dose di patriottismo e di fiducia, il 28 novembre 2019 Tĩnh ha fatto domanda di appello, il cui processo si è celebrato lo scorso 20 aprile, e in cui la corte ha confermato accuse e sentenza.

La moglie di Tinh, Maria, non ha potuto prendere parte al processo a causa delle limitazioni nei movimenti in seguito della quarantena imposta al Paese per il coronavirus.

Sul suo profilo Facebook, Maria racconta che dal 3 marzo al 17 aprile, per 46 giorni, suo marito ha attuato uno sciopero della fame. “Mio marito è cattolico – ella scrive - e in prigione ha domandato di incontrare un sacerdote per prepararsi alla Quaresima e alla Settimana santa. Ma i capi della prigione non si sono curati dei suoi bisogni spirituali. Per questo egli ha fatto 46 giorni di sciopero della fame”.

Secondo la donna, il processo è stato “una farsa” e anche un rischio per il marito indebolito dall’astinenza e nel pieno della crisi epidemica. “La corte è stata insensibile… Essi volevano uccidere mio marito!”.

“Dopo l’appello – continua - mio marito ha chiesto ancora di poter vedere un sacerdote. Se non otterrà questo permesso, andrà ancora in sciopero della fame e questo potrebbe essergli fatale!”.

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