Politici e impiegati dell'esercito resistono alla "vendetta" di Netanyahu contro il governo palestinese
Gerusalemme (AsiaNews) - Personalità politiche e civili impiegati dall'esercito israeliano si schierano contro il loro premier e la sua proposta di punire i palestinesi per aver osato varare un governo unitario, dopo la riconciliazione di Fatah ed Hamas.
Una prima risposta del governo israeliano è stata data alcuni giorni fa con la decisione di riprendere la costruzione di insediamenti israeliani nella West Bank e a Gerusalemme est.
Benjiamin Netanyahu ha chiesto anche agli impiegati dell'amministrazione civile di fare proposte per penalizzare i palestinesi. Tali impiegati, a contratto con l'esercito israeliano, sono incaricati di diversi aspetti della vita nei Territori occupati: acqua, elettricità, trasporti, salute, assistenza, archeologia, industria, ambiente.
Secondo alcuni media israeliani, quattro giorni fa Netanyahu li ha convocati per chiedere loro come fare per rendere più difficile la vita dei palestinesi. Con sua grande sorpresa, uno di loro - poi sostenuto dalla maggioranza - ha rifiutato di varare sanzioni sulla popolazione civile perché ciò "distruggerebbe la vera ragion d'essere degli impiegati, che è di servire la popolazione palestinese".
La durezza di Netanyahu nel continuare gli insediamenti illegali, rifiutando il dialogo con l'Autorità palestinese, sta rendendo difficile il suo rapporto con gli Stati Uniti; la sua ira contro il nuovo governo di unità nazionale palestinese, lo mette in cattiva luce agli occhi dell'Unione europea, che invece vuole riconoscere tale governo.
L'incontro di preghiera per la pace, celebrato ieri nei giardini vaticani fra papa Francesco, Shimon Peres e Mahmoud Abbas (v. foto), ha fatto balenare una volta di più la possibilità della pace nell'opinione pubblica mondiale. Ciò potrebbe comportare nuove difficoltà per la dura posizione di Netanyahu.
Ma i problemi per il premier vengono anche dai politici del suo schieramento. Proprio ieri, alla Herzliya Conference, Yair Lapid, ministro delle finanze, ha dichiarato che è disposto a buttare giù il governo di Netanyahu se questo procede alla annessione ufficiale anche di un solo insediamento nella West Bank. L'idea dell'annessione ufficiale di territori palestinesi nello Stato d'Israele è sorta negli ambienti di estrema destra, che sognano un unico Stato in cui è compresa la popolazione palestinese, privata di alcuni diritti.
Lapid sta anche tentando di spingere a nuovi dialoghi di pace, con la formula di "due popoli, due Stati". Nel piano si propone anche di evacuare gli insediamenti israeliani isolati come segno di buona volontà di Israele.
Sulla politica degli insediamenti è intervenuta anche Tzipi Livni, ministro della giustizia, affermando che gli insediamenti devono essere congelati. "L'impresa delle colonie - ha aggiunto - è un peso nella sicurezza, nell'economia e nella morale che ha il solo scopo di non farci arrivare a nessun accordo".
Livni ha anche fatto notare che il nuovo governo palestinese avalla le indicazioni internazionali (riconoscimento di Israele, rispetto per i precedenti accordi, rifiuto del terrorismo). Per questo non bisogna sconfessarlo subito, ma "giudicarlo dalle sue azioni e politiche".