08/11/2024, 10.13
TURCHIA
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Plastiche e scarti: la Turchia resta la ‘pattumiera’ dell’Europa

La denuncia in un rapporto pubblicato da Greenpeace Turchia. Per il quinto anno consecutivo il Paese si conferma la principale meta dei rifiuti: sono 456.507 le tonnellate da Ue e Regno Unito solo nel 2023, equivalenti a 125 camion di rifiuti al giorno. Entro fine mese si discute il Trattato globale sulla plastica. 

Istanbul (AsiaNews) - A dispetto delle proteste di ambientalisti e attivisti locali, la Turchia si conferma la principale discarica di rifiuti plastici dall’Europa con il Regno Unito come primo esportatore. È quanto emerge dal nuovo rapporto in materia pubblicato in questi giorni da Greenpeace Turchia, dal quale emerge che per il quinto anno consecutivo Ankara è stata la “principale pattumiera” di scarti e rifiuti plastici dai Paesi dell’Unione europea e da Oltremanica.

Nel marzo del 2022, l’Assemblea delle Nazioni Unite ha siglato un accordo tra 175 paesi, con l’obiettivo di rilasciare un “trattato globale sulla plastica” entro il primo dicembre del 2024. Un documento, legalmente vincolante, che avrà come obiettivo quello di tagliare drasticamente le emissioni e ridurre l’inquinamento plastico con soluzioni concrete e incentivi economici messi in campo da ciascuno Stato.

Con l’avvicinarsi delle discussioni sul Trattato globale sulla plastica (Gpt), che inizieranno il prossimo 25 dicembre all’Onu, gli attivisti di Greenpeace hanno richiamato le nazioni europee a mettere fine alla pratica, che rischia di causare gravi danni all’ambiente in Turchia. La tendenza di esportare plastiche e inquinanti nell’ex regno ottomano è iniziata nel gennaio 2018, quando Pechino ha vietato - bloccandole - le importazioni di rifiuti di plastica, innescando restrizioni in Malaysia, Thailandia e Vietnam. Da allora, l’invio in Turchia ha subito un’impennata raggiungendo 456.507 tonnellate dall’Ue e dal Regno Unito solo nel 2023, equivalenti a 125 camion di rifiuti al giorno.

Nihan Temiz-Ataş, responsabile della campagna anti-plastica di Greenpeace Turchia, vede nel Gpt una opportunità cruciale per il Paese nell’obiettivo di mettere un freno alle importazioni di rifiuti plastici, e nocivi, dall’Europa. “Un solido Trattato globale sulla plastica porterebbe a misure concrete per frenare l’inquinamento da plastica in ogni fase, dalla produzione allo smaltimento” ha sottolineato l’attivista, secondo cui il commercio riflette quello che definisce “il colonialismo dei rifiuti”. I Paesi sviluppati, afferma, “scaricano i loro oneri sulle nazioni vulnerabili o in via di sviluppo invece di affrontare l’inquinamento alla fonte”. 

“La Turchia - prosegue Ataş - è stata la discarica europea dei rifiuti di plastica per cinque anni e non può più sopportare questo peso. Abbiamo bisogno di un trattato globale sulla plastica che vieti completamente l’esportazione”. I numeri del rapporto confermano la necessità di interventi urgenti: secondo i dati di Greenpeace, infatti, le importazioni di rifiuti plastici della Turchia sono aumentate di 196 volte dal 2004. I valori principali su base annua delle esportazioni dell’Ue e del Regno Unito verso la Turchia includono: 582.296 tonnellate nel 2019; 656.960 tonnellate nel 2020; 391.022 tonnellate nel 2021; 342.332 tonnellate nel 2022; 456.507 tonnellate nel 2023.

Secondo i dati Eurostat e UN Comtrade, a livello di nazioni il Regno Unito è in cima alla lista nel 2023 con 140.907 tonnellate, seguito da Germania (87.109 tonnellate), Belgio (74.141 tonnellate), Italia (41.580 tonnellate) e Paesi Bassi (27.564 tonnellate).

L’impatto ambientale e sanitario di questi rifiuti sulla Turchia è preoccupante. Un’indagine di Greenpeace del 2019 ad Adana ha scoperto la presenza di pericolosi agenti cancerogeni come diossine e furani in campioni di cenere, acqua e sedimenti del letto del fiume vicino ai siti di smaltimento illegale dei rifiuti, segnando i livelli più alti registrati nel Paese.

“La nostra ricerca ha dimostrato che le importazioni di rifiuti plastici hanno contaminato in modo irreversibile il suolo, l’aria e l’acqua della Turchia” sottolinea Ataş. Sebbene i danni del passato non possano essere annullati, aggiunge, un “divieto totale aiuterebbe a minimizzare i rischi futuri per l’ambiente e la salute pubblica”. Per affrontare il problema, Greenpeace Turchia ha lanciato una petizione per chiedere ai Paesi europei di porre fine alle esportazioni di rifiuti. L’organizzazione attivista chiede infine al ministero turco dell’Ambiente, dell’urbanizzazione e del cambiamento climatico, insieme ad altre autorità competenti, di agire immediatamente e garantire un trattato globale sulla plastica forte.

 

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