Pechino sfrutterà depositi russi di carbone (in barba alla Cop26)
I cinesi ne hanno bisogno per superare la crisi energetica nel loro Paese. In perenne stagnazione economica, i russi devono fare cassa. Il governo cinese incentiva l’uso del carbone “pulito”: in pericolo gli sforzi per la riduzione della materia prima inquinante. Il Cremlino subalterno al regime di Xi Jinping.
Pechino (AsiaNews) – Cina e Russia sono pronte a sviluppare insieme depositi di carbone in territorio russo. Gli impegni assunti dai due governi alla recente Cop26 di Glasgow sembrano già dimenticati. Pechino ha bisogno della materia prima per alimentare le proprie centrali elettriche: il gigante cinese fatica a superare una crisi energetica che da agosto ha affondato la sua economia. Dopo anni di stagnazione economica, aggravata dalla persistente emergenza Covid, Mosca necessita invece di fare cassa con l’export delle sue risorse minerarie e naturali: l’unica vera fonte di valuta estera dell’ex potenza sovietica.
Scarsità di carbone, e relativa crescita dei prezzi, sono i motivi principali dei continui blackout elettrici in Cina. Per raggiungere gli obiettivi di diminuzione delle emissioni nocive, molte province cinesi avevano limitato la produzione di carbone. Insieme all’India, la Cina ha preteso che nel comunicato finale della Cop26 si parlasse di “riduzione” e non di “eliminazione” dell’uso di carbone nei prossimi anni.
L’accordo di sfruttamento con la Russia e i 27,5 miliardi di euro in crediti che il governo cinese ha promesso per favorire l’uso del carbone “pulito” (un mito per larga parte della comunità scientifica) confermano i dubbi sul reale impegno di Pechino nella lotta ai cambiamenti climatici.
Cinesi e russi si sono accordati soprattutto per gestire in modo congiunto il deposito di Zashulanskoe, nella regione siberiana del Trans-Baikal. Mosca si è impegnata anche ad aumentare da subito le forniture di carbone al partner cinese: Pechino deve compensare la perdita di quelle dall’Australia, su cui ha imposto un bando, scatenando una guerra commerciale con Canberra.
Il Cremlino e le autorità cinesi considerano anche la possibilità di cooperare per lo sfruttamento dei giacimenti russi di petrolio e gas, sia sulla terraferma sia in mare. Come riporta la Xinhua, il vice premier cinese Han Zheng ha detto che quella energetica è la più importante “cooperazione pratica” tra i due Paesi: parole pronunciate il 17 novembre durante un incontro virtuale con rappresentanti di Mosca.
Nel corso dello stesso meeting, il vice primo ministro russo Alexander Novak ha sottolineato che le esportazioni russe di gas in Cina dal gasdotto siberiano sono passate dai 4,1 miliardi di metri cubi del 2020 ai 12 miliardi di quest’anno. Raddoppiate anche le forniture elettriche, che su richiesta di Pechino a novembre arriveranno a 555 milioni di kilowatt-ora.
Per contrastare la pressione Usa e dei suoi alleati, negli ultimi tempi cinesi e russi hanno intensificato la collaborazione politica, economica e militare. Una superpotenza nucleare con una struttura economica da Paese del terzo mondo, la Russia pare ormai rassegnata ad accettare un ruolo subalterno di esportatore di materie prime al regime di Xi Jinping.
21/04/2021 13:59