05/04/2018, 10.26
IRAQ
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Patriarca di Baghdad: martiri caldei, fonte di pace e unità

di Louis Raphael Sako*

Per la giornata di commemorazione di domani, mar Sako sottolinea che il sangue versato è “fonte di ispirazione” che dona speranza. Superare ogni forma di terrorismo, per conquistare una “ritrovata stabilità”. Il compito di preservare la presenza cristiana nel Paese e nel Medio oriente e “disperdere l’oscurità da questa terra”. 

 

Baghdad (AsiaNews) - Il sangue dei martiri irakeni è una “fonte di ispirazione” capace di donare valori spirituali” che “riempiono la nostra vita di speranza, dignità umana, tolleranza e pace”. È quanto sottolinea il primate caldeo mar Louis Raphael Sako, in un messaggio ai fedeli e inviato per conoscenza ad AsiaNews, in occasione della Giornata dei martiri caldei che si celebra il 6 aprile. Il prelato equipara le violenze che hanno colpito la Chiesa caldea agli anni bui che stanno segnando il Paese e si augura che la nazione possa risorgere “da ogni forma di terrorismo” per beneficiare di una “ritrovata stabilità”. 

Ripercorrendo la lunga striscia di sangue che caratterizza la vita della Chiesa locale - dai primi martiri a mons. Rahho, passando per il genocidio del 1915 -, mar Sako invita ad accelerare la ricostruzione dei villaggi e delle città distrutte nel conflitto per agevolare il rientro degli sfollati. “Perché in un momento così particolare della nostra storia - conclude - possiamo riuscire a preservare in numero i cristiani che sono rimasti […] e disperdere l’oscurità da questa terra”.
Ecco, di seguito, il messaggio alla comunità caldea del patriarca, inviata ad AsiaNews.

La commemorazione dei martiri della nostra Chiesa avviene ogni anno il Venerdì che segue la Pasqua, il che significa che essa rientra nelle celebrazioni della Pasqua di resurrezione di nostro signore Gesù Cristo. 

A livello storico, la nostra Chiesa è stata assai generosa nel versare sangue per amore della fede, come  avvenuto per mar Shimon Barssaba’i e i suoi compagni nei primi secoli, seguiti poi dai numerosi vescovi: Adday Sher, Jacob Abraham, Thomas Audo e centinaia di altri. Analogo discorso per il mai dimenticato genocidio [armeno e caldeo] del 1915 e per le vittime più recenti. Nel 2008 l’arcivescovo [di Mosul] mons. Paul Faraj Rahho, p. Ragheed Ganni, e i loro compagni per mano di gruppi estremisti [islamici] riconducibili ad al-Qaeda. 

La resurrezione e il sangue dei martiri sono una fonte di ispirazione e donano valori spirituali che riempiono la nostra vita di speranza, dignità umana, tolleranza e pace. La nostra nazione risorgerà dalle proprie ceneri e riuscirà a vincere ogni forma di terrorismo, omicidi, distruzione, sfollamento. E un giorno essa potrà beneficiare di una ritrovata sicurezza, stabilità, prosperità economica e sociale. 

Ricordare i propri martiri nel tempo di Pasqua è per noi fonte inesauribile di speranza, di rinnovamento della nostra fiducia nella vita, per fare in modo che i nostri desideri si realizzino. 

Al momento vi è maggiore consapevolezza fra i vertici della Chiesa in Medio oriente che la forza deriva dalla nostra unità; la stessa cosa vale per i cristiani in generale di questa regione. Per questo essi guardano con favore a una maggiore interazione fra i dirigenti stessi delle istituzioni ecclesiastiche, a maggior ragione in questo momento critico. 

Ecco perché, mentre speriamo che il clero e i fedeli siano ben consapevoli delle sfide e delle minacce che ci attendono, al tempo stesso li incoraggiamo a realizzare le loro responsabilità affinché possano lavorare come un’unica squadra. Perché la loro esistenza e la loro forza si basano proprio sulla loro unità, che è l’unica via per poter giungere al cambiamento. I cristiani sono chiamati al contempo a difendere la loro patria, che è “sacra”, credendo davvero che le buone azioni, l’amore e la pace siano alla fine capaci di superare ogni ingiustizia. 

Unendomi a papa Francesco, vorrei sottolineare come il messaggio spirituale, umano e sociale della Chiesa sia davvero universale. E affermando che la nostra missione è quella di servire e di amare, seguendo l’esempio di Cristo. Dobbiamo trovare il modo di garantire maggiore conforto, stabilità e benessere alle persone, dopo tutte le sofferenze che hanno sperimentato a causa del terrorismo e delle devastazioni. Uno di questi modi è quello di ricostruire villaggi e città che sono state distrutte a causa del conflitto, per permettere agli sfollati interni di tornare nelle loro case. 

Auspichiamo che questa speciale occasione potrà fornire una nuova visione per la missione della Chiesa. Perché in un momento così particolare della nostra storia possiamo riuscire a preservare in numero i cristiani che sono rimasti in Iraq e creare maggiori legami e interazioni fra il clero e i fedeli da un lato, e fra questi ultimi e i loro concittadini di altre religioni dall’altro, per disperdere l’oscurità da questa terra che è stata esempio di civiltà. 

*Patriarca caldeo di Baghdad e presidente della Conferenza episcopale irakena

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