Patriarca Sako: a Mosul, alla fine a vincere sarà la pace e non la guerra
Erbil (AsiaNews) - Alla fine, a vincere sarà la pace e non la guerra. E' il messaggio che il patriarca dei Caldei, Louis I Sako, ha portato ai cristiani di Mosul rifugiatisi a Erbil in Kurdistan. Con il patriarca, ieri, nella cattedrale di san Giuseppe (nella foto), una delegazione di vescovi francesi - il primate, card. Philippe Barbarin, il vescovo di Evry, Michel Dubost e il presidente dell' Ouvre d'Orient, mons. Pascal Gollnisch - venuti a portare solidarietà.
"La vostra visita ci dà grande conforto", ha detto loro il patriarca rivolgendosi ai prelati francesi durante la messa celebrata in una cattedrale affollata in ogni dove.
"La nostra fede - ha aggiunto - resterà ferma, malgrado tutti i sacrifici e la nostra speranza sempre forte. Il nostro legame con la nostra terra, sulla quale è scritta la nostra storia, lungo e profondo, è quello che mi ha chiesto suo Santità papa Francesco e io ve lo trasmetto insieme con la sua solidarietà e il suo amore per voi: lo diciamo al mondo intero, la parola, alla fine, sarà alla pace e non alla guerra".
"La guerra non è mai stata una cosa legittima, ma cattiva e non lascia altro che gente massacrata, esuli e desolazione. Uccidere gli innocenti è un crimine contro l'umanità, la religione e la morale. Si debbono trovare soluzioni pacifiche attraverso il dialogo, la discussione e la comprensione. In Iraq e nel nostro Oriente arabo, le persone hanno bisogno di sentirsi parte di una unità più grande e di vivere insieme senza paura, con dignità, sicurezza, amore e pace. L'uomo è stato creato libero e non deve essere schiavo di nessuno, come prevede lo status di dhimmi. I cristiani sono veri cittadini, come i loro fratelli musulmani. Nessuno ha diritti su di loro. Con la loro mentalità aperta e la loro partecipazione alle istituzioni, essi hanno dato molto all'Iraq e ai musulmani. Vi invito a essere forti malgrado tutte le vostre sofferenze. Resterete forti e pianterete la speranza, la solidarietà nella fiducia e nel coraggio. Giona è stato inghiottito dalla balena, ma ne è uscito sano e salvo. Come lui Mosul (Ninive) uscirà sana e salva da questa guerra".
"Per concludere, da questa chiesa e a nome di voi tutti, mi rivolgo ai nostri fratelli musulmani della regione irachena del Kurdistan e del mondo intero, per fare gli auguri per la festa di Eid al-Fitr e supplicarli di fare di tutto per proteggere i diritti e la dignità degli uomini. Il vero rapporto con l'altro si fonda nella comprensione e il riconoscimento, l'accettazione, il rispetto, senza volerlo dominare".
Da parte sua il cardinale Barbarin ha parlato di visita di solidarietà e vicinanza con i cristiani di Mosul, della pace di Cristo. "Non abbiate paura, vivete in pace. La tormenta sicuramente finirà. Bisogna resistere, come ha detto Sua Beatitudine. Non perdete la speranza. Siate più forti del male. Facciamo un gemellaggio fra la mia diocesi di Lione e quella di Mosul". E, come segno di ciò ha abbracciato il vescovo di Mosul.
Nell'ottica della solidarietà va posto, infine, l'annuncio del governo francese che ha offerto asilo ai cristiani costretti a lasciare Mosul.
Erbil, e in genere il Kurdistan, sta offrendo rifugio a numerose famiglie di cristiani costretti a lasciare Mosul dopo che la città è stata presa dagli islamisti dell'Esercito dell'Iraq e del Levante (Isil). Attualmente nella città, secondo stime dell'Onu, ci sono solo una ventina di famiglie cristiane. I cristiani nella seconda città irachena erano 60mila prima del 2003 e 35mila al momento della conquista da parte dell'Isil.
Ma, a soffrire a causa dell'estremismo dei militanti sunniti dell'Isil non sono solo I cristiani, ma anche gli sciiti, considerati eretici e odiati anche in quanto alla guida del governo a Baghdad. Decine di santuari e luoghi di preghiera sciiti o comunque "non islamici" sono stati distrutti o danneggiati, a partire dalla tomba di Giona.
La città, inoltre, soffre per mancanza di benzina, l'elettricità arriva a intermittenza e i commercianti si trovano a fare i conti con le regole della versione jihadista dell'islam, che sta facendo mancare non solo abbigliamento "non islamico", ma anche generi di prima necessità.