Patriarca Pizzaballa: Terra Santa ‘grande condominio’, Pasqua oltre gli ‘estremismi’
Il patriarca di Gerusalemme dei Latini racconta il clima di “entusiasmo” fra i fedeli nonostante attacchi e violenze delle scorse settimane. Le tensioni alimentano il desiderio di partecipazione. Ai cristiani di Gaza meno di 200 permessi. La comunità cresciuta “nel senso di appartenenza e unità”. Nella notte raid della polizia israeliana ad al-Aqsa: arrestati 350 palestinesi.
Gerusalemme (AsiaNews) - La Terra Santa è “un grande condominio” dove si convive “nonostante i problemi: ci sono grandi estremismi, ma bisogna continuare a lavorare insieme” come avviene nelle scuole e negli ospedali. Per quanto si continuino a “costruire barriere” alla fine “siamo costretti a incrociarci, a incontrarci l’uno con l’altro in tutti gli ambiti della vita. E le riunioni condominiali non sono mai noiose”. Con questa metafora il patriarca di Gerusalemme dei Latini Pierbattista Pizzaballa racconta il clima in queste giornate che accompagnano alla Pasqua, in una regione che nelle ultime settimane ha registrato una escalation di violenze. L’ultima, in ordine di tempo, nella notte alla moschea di al-Aqsa teatro di un raid della polizia israeliana che ha portato all’arresto di 350 palestinesi.
“Il quadro è problematico - sottolinea ad AsiaNews il religioso - ma non è una novità, siamo abituati ai problemi” che non intaccano celebrazioni che la comunità attende “con entusiasmo”. “Quest’anno - prosegue - abbiamo cominciato con la processione delle Palme, molto partecipata e alla presenza di tutte le parrocchie”. Può sembrare paradossale, ma “forse proprio perché ci sono tante tensioni, politiche e religiose, vogliamo ancora una volta esprimere il nostro desiderio di celebrare con ancora maggiore determinazione”. Voler presenziare alle funzioni, spiega, è una “reazione spontanea” perché “lo vado ripetendo, noi non abbiamo paura, non rinunciamo, noi siamo parte di questa terra e non permetteremo a pochi estremisti di dettare la nostra agenda”.
Il riferimento del patriarca di origini italiane in Terra Santa dal 1999 prima come Custode (2004-2016), poi come amministratore apostolico (2016-2020), è alle tensioni in Israele, l’ascesa del governo più a destra della storia e gli attacchi che hanno coinvolto anche i cristiani. Su una popolazione di nove milioni di abitanti, in Israele i cristiani delle diverse confessioni sono circa 180 mila, meno del 2%, e in cattolici solo una piccola parte. Ma, come ripetono spesso i capi delle Chiese, qui è nato tutto, qui è iniziata la storia cristiana e per questo è decisivo esserci e restare.
In occasione delle celebrazioni della domenica delle Palme, il patriarca Pizzaballa è tornato a rispondere a quanti accusano i cristiani di essere stranieri, legati all’Occidente, alla meglio ospiti della Terra Santa. “Noi siamo parte integrante - spiega - dell’identità di questa città, di Gerusalemme, e di questa terra”. L’escalation di attacchi “non è una novità”, solo che ora hanno acquisito “una forza maggiore, perché al governo ci sono partiti estremisti che li rivendicano con molta chiarezza”. Crollati anche i permessi per i cristiani di Gaza, sempre più prigione a cielo aperto, che “da quasi 700 a Natale sono passati a poco meno di 200” per questo Pasqua.
“Io sono contrario all’idea stessa che ci debbano essere dei permessi per andare ai luoghi di culto”, puntualizza, e da tempo “restrizioni e problemi” sono parte di un “contesto politico” che ha registrato un ulteriore inasprimento col “nuovo governo di estrema destra religiosa. Sono tutti aspetti che fanno parte di un unico contesto”. Resta un mondo “lacerato e violento” e “come ho detto nell’omelia di Natale, la violenza sembra essere il nostro unico linguaggio, la nostra unica forma di espressione, che poi non è vero. A livello politico e religioso c’è violenza, ma andando nei territori vedi anche tante gente che vive in modo diverso, dobbiamo essere capaci di vedere anche il bene che cresce, non solo il male che distrugge”.
Un esempio sempre valido di convenienza, sebbene pure qui vi siano stati “episodi di violenza”, restano le scuole cristiane in cui si assiste a una “reazione opposta in chiave positiva, di solidarietà, di vicinanza, di denuncia sia da parte ebraica che da parte musulmana”. Ragazzi di fede diversa “vivono assieme”, le famiglie “si incontrano e si parlano”, discutono delle questioni più importanti e dei figli “anche se non mancano problemi”. Ma quello che emerge, afferma, è un moto di “rifiuto della violenza e degli stereotipi” di un immobilismo e di una indifferenza generalizzata anche a livello globale, in cui “la questione palestinese è stata totalmente declassata”.
Infine, il patriarca Pizzaballa rivolge una riflessione sulla comunità cristiana della Terra Santa che ha visto crescere “nel senso di appartenenza, di unità”. “Abbiamo sempre il rischio - osserva - di vivere ciascuno nella proprie isola: Gaza, Cisgiordania, Giordania, Gerusalemme, Galilea, Cipro; religiosi, laici, arabi, non arabi”. Al contrario, il senso di appartenenza “all’unica Chiesa di Gerusalemme - conclude - è cresciuto molto diventando partecipazione concreta. Il processo sinodale ha aiutato favorendo partecipazione, collaborazione, amicizia, iniziative e relazioni”.
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