Parroco di Aleppo: ‘Dopo le bombe ora il pericolo è la fame’
Ad AsiaNews la testimonianza di p. Bahjat Karakach dalla città del nord ora controllata dai gruppi di opposizione guidati da Hay’at Tahrir al-Sham. Il fronte anti-Assad punta Hama, mentre nei territori conquistati promette tutela delle minoranze. La parrocchia punto di distribuzione degli aiuti, ma le risorse sono limitate. Un popolo “estenuato da anni di sofferenza e stallo”.
Aleppo (AsiaNews) - La paura dei bombardamenti sta lasciando spazio al “pericolo della fame”, un dramma “reale” per la popolazione in una situazione di bisogno crescente “anche se si continua a distribuire il pane per le strade”. È quanto racconta ad AsiaNews p. Bahjat Karakach, parroco della chiesa di san Francesco d’Assisi ad Aleppo, in una testimonianza che parte dagli ultimi giorni “simili” fra loro, in cui “il cielo è rimasto calmo” senza la pioggia incessante di missili o il fuoco dei cannoni. E questo, aggiunge, “rassicura un po’ la gente impaurita” la cui più grande preoccupazione, ora, è racimolare del cibo da mettere in tavola con “i prezzi dei viveri” che sono ormai “saliti alle stelle”, mentre i bisogni e le necessità si fanno sempre più grandi.
Di fronte all’avanzata delle milizie di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts), un tempo affiliati al fronte di al-Nusra (emanazione di al-Qaeda in Siria), la situazione sul terreno appare ancora incerta sia nelle aree sotto il loro controllo come Aleppo, come ad Hama dove si concentra ora la battaglia. I vertici del movimento di opposizione hanno assicurato moderazione nella gestione dei territori conquistati, garantendo spazio - e protezione - alle minoranze fra cui cristiani, curdi e alawiti. Un comandante di Ahrar al-Sham, altro gruppo ribelle ultraconservatore, ha invocato unità e protezione di cristiani e armeni, che continuano a prepararsi per le celebrazioni natalizie pregando nelle chiese, anche se le garanzie andranno valutate già dalle prossime settimane.
Intanto ad Hama prosegue da due giorni il tentativo di ingresso in città dei ribelli, per ora contenuto dall’esercito governativo grazie anche al sostegno dei raid russi. In precedenza, i media statali avevano riferito che le forze fedeli al presidente Bashar al-Assad avevano respinto un attacco, mentre si susseguono pesanti combattimenti fra le parti. L’area è rimasta nelle mani del governo per tutta la durata del conflitto, divampato nel 2011, ed è considerata un bastione pro-Assad. Una sua eventuale caduta rappresenterebbe un durissimo colpo per Damasco (e gli alleati a Mosca e Teheran). La città si trova a più di un terzo del percorso fra Aleppo e la capitale e la sua cattura aprirebbe all’avanzata verso Homs, crocevia tra le regioni più popolose della Siria.
“La nostra chiesa - racconta p. Bahjat Karakach - è diventata un punto di distribuzione ben noto nei quartieri vicini, ma la crescita del numero di persone che chiedono cibo ci mette in difficoltà perché le nostre possibilità sono limitate. Ed è fonte di grande dispiacere - aggiunge - il fatto di non poter sfamare tutti”. In questo quadro di estremo bisogno, la “bomba della povertà” e della “fame” più volte evocata in passato dal nunzio apostolico in Siria, il card. Mario Zenari, “la priorità - spiega - è dar da mangiare ai bambini e agli anziani”.
A questo si aggiungono gli altri bisogni primari della vita quotidiana, che spesso vengono a mancare come “la corrente elettrica” che non risulta fruibile “per lunghe ore”. Tuttavia, la notizia positiva di questi giorni “è la disponibilità della benzina a sufficienza, ovviamente per chi ha soldi in tasca, perché un litro - racconta il sacerdote - costa quasi un decimo di uno stipendio medio”. “Gli impiegati sono stati sfortunati - aggiunge - perché a fine novembre non hanno potuto ricevere i loro salari, e adesso devono arrangiarsi fino a quando si risolverà il problema del loro impiego”.
“Le forze dell’opposizione - prosegue la testimonianza affidata ad AsiaNews da p. Bahjat - si danno da fare per normalizzare la vita nella città, e si nota facilmente quanto sono preoccupati di dare una nuova immagine di se stessi al mondo che li osserva in questi giorni”. Le forze antigovernative che hanno assunto il controllo di Aleppo, prosegue, “mandano messaggi di tolleranza e civiltà, istituiscono commissioni di sicurezza, si rendono disponibili ad ogni richiesta, ecc. Hanno cominciato a pulire le strade - sottolinea - dall’immondizia che si era accumulata e portano rifornimenti di vario genere nel tentativo di soddisfare il fabbisogno di una grande città come Aleppo e di tutti i suoi abitanti”.
In quella che un tempo era la capitale economica e commerciale della Siria, oltre ad aver rappresentato a lungo il cuore e l’epicentro del conflitto nella sua fase più buia fra il 2014 e il 2016, in città “nell’aria si avvertono venti di novità”. Nulla di definitivo, ma che bastano a portare “un po’ di speranza - spiega il sacerdote - ad un popolo estenuato da anni di sofferenza e stallo”, sebbene tutto questo non sia “ancora sufficiente a rassicurare la gente: alcuni continuano a chiedere che cosa sia giusto fare, se partire o restare” spiega il parroco della chiesa di san Francesco.
Il timore più diffuso è che “il fuoco della battaglia” possa tornare a “riaccendersi presto” in città. “E se dovessero esserci bombardamenti sui civili? E se la tolleranza mostrata oggi dovesse tramutarsi domani in leggi discriminatorie?” continuano a chiedersi gli abitanti di Aleppo, per domande che al momento non sembrano ancora avere una risposta.
“Sono tutte domande legittime - conclude il parroco nella sua riflessione - che la gente si pone con insistenza e preoccupazione, domande alle quali nessuno sa rispondere in questo momento. Tutta la speranza è riposta nel fatto che questi accadimenti possano essere una vera occasione di una soluzione politica definitiva, e finché questo non verrà realizzato, ciò che resta sono la paura e il senso del pericolo con cui gli aleppini convivono da anni”.
09/12/2016 11:25
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