Papa: seguire Gesù, "giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell'amicizia"
Città del Vaticano (AsiaNews) - Seguire Gesù, "non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili", ma guardando "all'essenziale", seguirlo "nonostante le difficoltà", seguirlo "nella predicazione del Vangelo", "nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell'Ordinazione", seguirlo "giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell'amicizia", "nell'annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita, che libera da ogni paura e dona la fiducia nella fedeltà di Dio". Sono le esortazioni, e i moniti, che papa Francesco rivolge ai "pastori" della Chiesa, nel giorno che essa dedica ai santi Pietro e Paolo, solennità quindi dedicata in modo particolare a coloro che hanno il compito di guidare il popolo di Dio. "La fede in Gesù Cristo - dirà all'Angelus - li ha resi fratelli e il martirio li ha fatti diventare una cosa sola. San Pietro e San Paolo, così diversi tra loro sul piano umano, sono stati scelti personalmente dal Signore Gesù e hanno risposto alla chiamata offrendo tutta la loro vita". "Perciò essi continuano a parlare alla Chiesa e ancora oggi ci indicano la strada della salvezza. Anche noi se per caso cadessimo nei peccati più gravi e nella notte più oscura, Dio è capace di trasformarci. Dio è così, ci trasforma ci perdona sempre, come ha fatto con Pietro e con Paolo".
La festa dei patroni di Roma, nel pensiero del Papa, è oscurata anche oggi, da quanto sta accadendo in Medio Oriente. "Le notizie che giungono dall'Iraq - dice alle 50mila persone presenti in piazza san Pietro per la recita dell'Angelus - sono purtroppo molto dolorose. Mi unisco ai Vescovi del Paese nel fare appello ai governanti perché, attraverso il dialogo, si possa preservare l'unità nazionale ed evitare la guerra. Sono vicino alle migliaia di famiglie, specialmente cristiane, che hanno dovuto lasciare le loro case e che sono in grave pericolo. La violenza genera altra violenza; il dialogo è l'unica via per la pace. Preghiamo la Madonna perché custodisca il popolo dell'Iraq".
Nella basilica dedicata al principe degli postoli, oggi la statua di san Pietro è vestita con gli abiti pontificali, 27 nuovi arcivescovi - 24 dei quali presenti - ricevono il Pallio, simbolo del particolare legame che li unisce alla Sede apostolica, è presente, come ormai da molti anni, una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Ad essa il Papa dedica il primo pensiero della sua omelia. "Nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni principali di Roma, - dice - accogliamo con gioia e riconoscenza la Delegazione inviata dal Patriarca Ecumenico, il venerato e amato fratello Bartolomeo, guidata dal Metropolita Ioannis. Preghiamo il Signore perché anche questa visita possa rafforzare i nostri fraterni legami nel cammino verso la piena comunione tra le due Chiese sorelle, da noi tanto desiderata". Significativa, in proposito, l'immagine del Papa che, al termine della celebrazione percorre la navata della basilica fianco a fianco col metropolita. Non c'è - e non c'è mai stata in questa occasione - una delegazione del Patriarcato di Mosca, ma c'è il coro della più numerosa delle Chiese ortodosse.
Francesco prende poi spunto dal passo degli Atti degli apostoli che racconta la liberazione di Pietro dal carcere di Gerusalemme. Pietro, dice, "si rende conto che Dio lo ha liberato dalla paura e dalle catene. Sì, il Signore ci libera da ogni paura e da ogni catena, affinché possiamo essere veramente liberi". "Ecco il problema, per noi, della paura e dei rifugi pastorali. Noi - mi domando -, cari fratelli Vescovi, abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse l'appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall'orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Cari fratelli vescovi, dove poniamo la nostra sicurezza?".
"La testimonianza dell'Apostolo Pietro ci ricorda che il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana. Oggi, il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi, specialmente i Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio, ci sentiamo interpellati dall'esempio di san Pietro a verificare la nostra fiducia nel Signore. Pietro ritrovò la fiducia quando Gesù per tre volte gli disse: «Pasci le mie pecore» (Gv 21,15.16.17). E nello stesso tempo lui, Simone, confessò per tre volte il suo amore per Gesù, riparando così al triplice rinnegamento avvenuto durante la passione. Pietro sente ancora bruciare dentro di sé la ferita di quella delusione data al suo Signore nella notte del tradimento. Ora che Lui gli chiede: «Mi vuoi bene?», Pietro non si affida a sé stesso e alle proprie forze, ma a Gesù e alla sua misericordia: «Signore tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17). E qui sparisce la paura, l'insicurezza, la pusillanimità".
"Pietro ha sperimentato che la fedeltà di Dio è più grande delle nostre infedeltà e più forte dei nostri rinnegamenti. Si rende conto che la fedeltà del Signore allontana le nostre paure e supera ogni umana immaginazione. Anche a noi, oggi, Gesù rivolge la domanda: «Mi ami tu?». Lo fa proprio perché conosce le nostre paure e le nostre fatiche. Pietro ci mostra la strada: fidarsi di Lui, che 'conosce tutto' di noi, confidando non sulla nostra capacità di essergli fedeli, quanto sulla sua incrollabile fedeltà. Gesù non ci abbandona mai, perché non può rinnegare se stesso, è fedele (cfr 2 Tm 2,13). La fedeltà che Dio incessantemente conferma anche a noi Pastori, al di là dei nostri meriti, è la fonte della nostra fiducia e della nostra pace. La fedeltà del Signore nei nostri confronti tiene sempre acceso in noi il desiderio di servirlo e di servire i fratelli nella carità".
"L'amore di Gesù deve bastare a Pietro. Egli non deve cedere alla tentazione della curiosità, dell'invidia, come quando, vedendo Giovanni lì vicino, chiede a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?» (Gv 21,21). Ma Gesù a questa tentazione gli risponde: «A te che importa? Tu seguimi» (Gv 21,22). Questa esperienza di Pietro costituisce un messaggio importante anche per noi, cari fratelli Arcivescovi. Il Signore oggi ripete a me, a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi! Non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma guarda all'essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell'Ordinazione. Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell'amicizia. Seguimi nell'annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita, che libera da ogni paura e dona la fiducia nella fedeltà di Dio. Tu seguimi!".
"Anche per noi - dirà all'Angelus - l'incontro con la Parola di Cristo è in grado di trasformare completamente la nostra vita. Non è possibile ascoltare questa Parola e restare fermi al proprio posto, restare bloccati sulle proprie abitudini. Essa ci spinge a vincere l'egoismo che abbiamo nel cuore per seguire decisamente quel Maestro che ha dato la vita per i suoi amici".
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