Papa: non tornare a una ‘normalità’ fatta di ingiustizia e degrado ambientale
“Non possiamo aspettarci che il modello economico che è alla base di uno sviluppo iniquo e insostenibile risolva i nostri problemi. Non l’ha fatto e non lo farà”. La normalità alla quale siamo chiamati è quella del Regno di Dio, dove «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (Mt 11,5).
Città del Vaticano (AsiaNews) – La “normalità” alla quale vorrebbero farci tornare “era malata di ingiustizie, disuguaglianze e degrado ambientale” che la pandemia ha messo a nudo. Ingiustizie che, ammonisce papa Francesco, “non sono naturali né inevitabili. Sono opera dell’uomo, provengono da un modello di crescita sganciato dai valori più profondi”. “Per questo, per uscire dalla pandemia, dobbiamo trovare la cura non solamente per il coronavirus, che è importante, ma anche per i grandi virus umani e socioeconomici”.
Seguire la via indicata da Gesù per costruire una società “solidale ed equa” è stato l’argomento del quale il Papa ha parlato all’udienza generale di oggi, tenuta, come ormai da alcune settimane, nel Cortile di san Damaso, presenti 500 persone. Tra loro Francesco è passato per oltre mezz’ora, salutando, benedicendo rosari e immagini, firmando fotografie e libri, scambiando qualche battuta con alcuni, scherzando con i bambini, accettando di prestarsi per i selfie,
“Un piccolo virus – ha detto - continua a causare ferite profonde e smaschera le nostre vulnerabilità fisiche, sociali e spirituali. Ha messo a nudo la grande disuguaglianza che regna del mondo: disuguaglianza di opportunità, di beni, di accesso alla sanità, alla tecnologia, all’educazione: milioni, milioni di bambini non possono andare a scuola e così via. Queste ingiustizie non sono naturali né inevitabili. Sono opera dell’uomo, provengono da un modello di crescita sganciato dai valori più profondi. E ciò ha fatto perdere la speranza a molti ed ha aumentato l’incertezza e l’angoscia”. “E certo non possiamo aspettarci che il modello economico che è alla base di uno sviluppo iniquo e insostenibile risolva i nostri problemi. Non l’ha fatto e non lo farà, perché non può farlo, anche se certi falsi profeti continuano a promettere ‘l’effetto a cascata’ che non arriva mai”.
Bisogna invece ricordare, indica il Papa, che “siamo stati concepiti nel cuore di Dio (cfr Ef 1,3-5). «Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario». Inoltre, ogni creatura ha qualcosa da dirci del Dio creatore (cfr Enc. Laudato si’, 69. 239). Riconoscere tale verità e ringraziare per gli intimi legami della nostra comunione universale con tutte le persone e con tutte le creature, attiva «una cura generosa e piena di tenerezza» (ibid., 220). E ci aiuta anche a riconoscere Cristo presente nei nostri fratelli e sorelle poveri e sofferenti, a incontrarli e ascoltare il loro grido e il grido della terra che se ne fa eco (cfr ibid., 49). Interiormente mobilitati da queste grida che reclamano da noi un’altra rotta (cfr ibid., 53), chiedono di cambiare, potremo contribuire al risanamento delle relazioni con i nostri doni e le nostre capacità (cfr ibid., 19). Potremo rigenerare la società e non ritornare alla cosiddetta ‘normalità’, perché questa normalità era malata di ingiustizie, disuguaglianze e degrado ambientale".
“Dobbiamo metterci a lavorare con urgenza per generare buone politiche, disegnare sistemi di organizzazione sociale in cui si premi la partecipazione, la cura e la generosità, piuttosto che l’indifferenza, lo sfruttamento e gli interessi particolari. Dobbiamo andare avanti con tenerezza. Una società solidale ed equa è una società più sana. Una società partecipativa – dove gli ‘ultimi’ sono tenuti in considerazione come i ‘primi’ – rafforza la comunione. Una società dove si rispetta la diversità è molto più resistente a qualsiasi tipo di virus”.
"Come discepoli di Gesù, ci siamo proposti di seguire i suoi passi optando per i poveri, ripensando l’uso dei beni e prendendoci cura della casa comune. Nel mezzo della pandemia che ci affligge, ci siamo ancorati ai principi della dottrina sociale della Chiesa, lasciandoci guidare dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Qui abbiamo trovato un solido aiuto per essere operatori di trasformazione che sognano in grande, non si fermano alle meschinità che dividono e feriscono, ma incoraggiano a generare un mondo nuovo e migliore". “Mettiamo questo cammino di guarigione sotto la protezione della Vergine Maria, Madonna della Salute. Lei, che portò in grembo Gesù, ci aiuti ad essere fiduciosi. Animati dallo Spirito Santo, potremo lavorare insieme per il Regno che Cristo ha inaugurato in questo mondo, venendo tra noi. Un Regno di luce in mezzo all’oscurità, di giustizia in mezzo a tanti oltraggi, di gioia in mezzo a tanti dolori, di guarigione e salvezza in mezzo alle malattie e alla morte. Di tenerezza in mezzo all’odio. Dio ci conceda di ‘viralizzare’ l’amore e globalizzare la speranza alla luce della fede”.
Francesco ha infine detto di aver firmato oggi la Lettera apostolica «Sacrae Scripturae affectus», nel 16mo centenario della morte di San Girolamo. "L’esempio di questo grande dottore e padre della Chiesa, che ha messo la Bibbia al centro della sua vita - ha affermato - susciti in tutti un rinnovato amore alla Sacra Scrittura e il desiderio di vivere in dialogo personale con la Parola di Dio”.
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