Papa: il consumismo, virus per il quale si vive di cose e non si sa più per cosa
Francesco ha celebrato messa per la Comunità cattolica congolese di Roma, in occasione del 25mo anniversario della fondazione della Cappellania cattolica congolese di Roma. Un Paese “dove divampano i conflitti, alimentati anche da fuori, nel silenzio complice di tanti. Conflitti alimentati da coloro che si arricchiscono vendendo le armi”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Il consumismo “è un virus”, una malattia per la quale “si vive di cose e non si sa più per cosa; si hanno tanti beni ma non si fa più il bene; le case si riempiono di cose ma si svuotano di figli; si butta via il tempo nei passatempi, ma non si ha tempo per Dio e per gli altri”. Il male di consumismo e guerra sono stati denunciati con forza oggi da papa Francesco nella messa celebrata nella basilica di San Pietro per la Comunità cattolica congolese di Roma, in occasione del 25mo anniversario della fondazione della Cappellania cattolica congolese di Roma.
Costumi tradizionali, canti e danze per un rito che ha visto portare all’altare frutta e fiori, accompagnati dal suono degli strumenti della tradizione africana e un riferimento, al termine dell’omelia alla pace, “gravemente minacciata nell’Est del Paese, specialmente nei territori di Beni e di Minembwe, dove divampano i conflitti, alimentati anche da fuori, nel silenzio complice di tanti. Conflitti alimentati da coloro che si arricchiscono vendendo le armi”.
“Cari fratelli e sorelle – le parole del Papa - siete venuti da lontano. Avete lasciato le vostre case, avete lasciato affetti e cose care. Giunti qui, avete trovato accoglienza insieme a difficoltà e imprevisti. Ma per Dio siete sempre invitati graditi. Per Lui non siamo mai estranei, ma figli attesi. E la Chiesa è la casa di Dio: qui, dunque, sentitevi sempre a casa. Qui veniamo per camminare insieme verso il Signore e realizzare le parole con cui si conclude la profezia di Isaia: «Venite, camminiamo nella luce del Signore» (v. 5)”.
“Ma alla luce del Signore si possono preferire le tenebre del mondo. Al Signore che viene e al suo invito ad andare a Lui si può rispondere no. Spesso non si tratta di un no diretto, sfrontato, ma subdolo. È il no da cui ci mette in guardia Gesù nel Vangelo, esortandoci a non fare come ai «giorni di Noè» (Mt 24,37). Che cosa accadde ai giorni di Noè? Accadde che, mentre qualcosa di nuovo e sconvolgente stava per arrivare, nessuno ci badava, perché tutti pensavano solo a mangiare e a bere (cfr v. 38). In altre parole, tutti riducevano la vita ai loro bisogni, si accontentavano di una vita piatta, orizzontale, senza slancio. Non c’era attesa di qualcuno, soltanto la pretesa di avere qualcosa per sé, da consumare”.
“Il consumismo è un virus che intacca la fede alla radice, perché ti fa credere che la vita dipenda solo da quello che hai, e così ti dimentichi di Dio che ti viene incontro e di chi ti sta accanto. Il Signore viene, ma segui piuttosto gli appetiti che ti vengono; il fratello bussa alla tua porta, ma ti dà fastidio perché disturba i tuoi piani. Nel Vangelo, quando Gesù segnala i pericoli per la fede, non si preoccupa dei nemici potenti, delle ostilità e delle persecuzioni. Tutto questo c’è stato, c’è e ci sarà, ma non indebolisce la fede. Il vero pericolo, invece, è ciò che anestetizza il cuore: è dipendere dai consumi, è lasciarsi appesantire e dissipare il cuore dai bisogni (cfr Lc 21,34). Allora si vive di cose e non si sa più per cosa; si hanno tanti beni ma non si fa più il bene; le case si riempiono di cose ma si svuotano di figli; si butta via il tempo nei passatempi, ma non si ha tempo per Dio e per gli altri. E quando si vive per le cose, le cose non bastano mai, l’avidità cresce e gli altri diventano intralci nella corsa e così si finisce per sentirsi minacciati e, sempre insoddisfatti e arrabbiati, si alza il livello dell’odio. Lo vediamo oggi là dove il consumismo impera: quanta violenza, anche solo verbale, quanta rabbia e voglia di cercare un nemico a tutti i costi! Così, mentre il mondo è pieno di armi che provocano morti, non ci accorgiamo che continuiamo ad armare il cuore di rabbia”.
“Da tutto questo Gesù vuole ridestarci. Lo fa con un verbo: «Vegliate» (Mt 24,42). Vegliare era il lavoro della sentinella, che vigilava restando sveglia mentre tutti dormivano. Vegliare è non cedere al sonno che avvolge tutti. Per poter vegliare occorre avere una speranza certa: che la notte non durerà sempre, che presto arriverà l’alba. È così anche per noi: Dio viene e la sua luce rischiarerà pure le tenebre più fitte. Ma a noi oggi tocca vigilare: vincere la tentazione che il senso della vita è accumulare, ma il senso della vita non è accumulare, smascherare l’inganno che si è felici se si hanno tante cose, resistere alle luci abbaglianti dei consumi, che brilleranno ovunque in questo mese, e credere che la preghiera e la carità non sono tempo perso, ma i tesori più grandi”.
03/05/2023 12:54
31/08/2022 11:01