Papa: ai giovani, ‘salvare la speranza’, essere “ponti” di fratellanza, onesti, responsabili e veri operatori di pace
Sarajevo (AsiaNews) – “Salvare la speranza”, essere “ponti” di fratellanza, onesti, responsabili e veri operatori di pace, non come “alcuni potenti della terra parlano e dicono belle cose sulla pace, ma sotto vendono le armi”. Sono le raccomandazioni del Papa ai giovani, nell’ultimo, intenso incontro prima di rientrare a Roma, con circa 800 giovani di Sarajevo, riuniti (nella foto) al Centro diocesano giovanile San Giovanni Paolo II. Un incontro che, come già in cattedrale con i sacerdoti, ha visto Francesco consegnare il discorso che aveva preparato e rispondere a braccio alle domande di tre giovani. Le risposte sono spaziate dallo “scegliere cose che fanno bene” nell’usare programmi televisivi e computer, alla vocazione dei giovani a costruire ponti e non muri, all’agire per la pace.
Nel discorso che aveva preparato, inoltre, il Papa raccomandava ai giovani e “salvare la speranza”, affrontando le sfide di questo nostro tempo, “che sono certamente sfide materiali, ma prima ancora riguardano la visione dell’uomo”, senza cedere “alla tentazione della fuga, dell’evasione, chiudendosi in un atteggiamento di isolamento egoista, rifugiandosi nell’alcol, nella droga, nelle ideologie che predicano l’odio e la violenza”.
Tornando alle domande dei giovani, la prima riguarda il fatto che il Papa, in un’intervista, ha detto che non guarda la televisione.
“Sì – ha risposto Francesco - da metà dell’anno ’90: ho sentito una notte che questo non mi faceva bene, mi alienava, mi portava fuori di me e ho deciso di non guardarla. Quando volevo guardare un bel film, andavo al centro televisivo dell’arcivescovado e lo guardavo lì: ma soltanto quel film… Ma la televisione mi alienava e mi portava fuori da me: non mi aiutava. E’ vero, io sono dell’età della pietra! Sono antico. E noi adesso – io capisco che il tempo sia cambiato - viviamo nel tempo dell’immagine. E questo è molto importante. E nel tempo dell’immagine si deve fare lo stesso che si faceva nel tempo dei libri: scegliere le cose che mi fanno bene! Da qui due cose. Prima: la responsabilità dei centri televisivi di fare programmi che fanno bene, che fanno bene ai valori, che costruiscano la società, che ci portino avanti, non che ci portino giù. E poi fare programmi che ci aiutino affinché i valori, i veri valori, divengano più forti e ci preparino per la vita. Questa è responsabilità dei centri televisivi. Secondo: sapere scegliere i programmi. Una responsabilità nostra! Se io vedo che un programma non mi fa bene, mi butta giù i valori, mi fa diventare volgare, anche nella volgarità, anche nelle sporcizie, io devo cambiare canale. Come si faceva nella mia età della pietra: quando un libro era buono, tu lo leggevi; quando un libro ti faceva male, lo buttavi. E poi c’è un terzo punto: il punto della cattiva fantasia, di quella fantasia che uccide l’anima. Se tu che sei giovani, vivi attaccato al computer e diventi schiavo del computer, tu perdi la libertà! E se tu nel computer cerchi i programmi sporchi, tu perdi la dignità! Vedere la televisione, usare il computer, ma per le cose belle, le cose grandi, le cose che ci fanno crescere. Questo è buono!”.
La seconda domanda è stata se il Papa ha sentito “la gioia e l’amore” dei giovani bosniaci verso di lui.
“Per dirti la verità, quando trovo i giovani sento la gioia e l’amore che hanno. Non solo per me, ma per gli ideali, per la vita. Vogliono crescere! Ma voi avete una singolarità: voi siete la prima – credo – generazione dopo la guerra. Voi siete fiori di una primavera, come ha detto mons. Semren (vescovo ausiliare di Banja Luka, incaricato della pastorale giovanile, n.d.r.): fiori di una primavera che vuol andare avanti e non tornare alla distruzione, alle cose che ci fanno nemici gli uni gli altri. Io trovo in voi questa voglia e questo entusiasmo. E questo è nuovo per me. Io vedo che voi non volete distruzione: voi non volete farvi nemici l’uno dell’altro. Volete camminare insieme, come ha detto Nadežda. E questo è grande! Io vedo in questa generazione, anche in voi, in voi tutti - ne sono sicuro! Guardate dentro di voi … - avete la stessa esperienza di Darko. Non siamo loro ed io, siamo ‘noi’. Noi vogliamo essere ‘noi’, per non distruggere la patria, per non distruggere il Paese. Tu sei musulmano, tu sei ebrei, tu sei ortodosso, tu sei cattolico… Ma siamo ‘noi’. Questo è fare la pace! E questo è proprio della vostra generazione e della vostra gioia. Voi avete una vocazione grande, una vocazione grande: mai costruire muri! Soltanto ponti. E questa è la gioia che trovo in voi”.
La pace, poi, è stata l’oggetto della terza domanda.
“Un po’, in questa risposta, mi ripeto nelle cose che ho detto prima. Tutti parlano della pace. Alcuni potenti della terra parlano e dicono belle cose sulla pace, ma sotto vendono le armi! Da voi io aspetto onestà, ma onestà fra quello che pensate, quello che sentite e quello che fate: le tre cose insieme. Il contrario si chiama ipocrisia! Anni fa io ho visto un film su questa città, non ricordo il nome, ma la versione tedesca – quella che ho visto – era ‘Die Brücke’ (‘Il Ponte’). Non so come si chiama nella vostra lingua… E ho visto lì come il ponte sempre unisce. Quando il ponte non si usa per andare uno verso l’altro, ma è un ponte vietato, diventa la rovina di una città, la rovina di una esistenza. Per questo da voi, da questa prima generazione del dopoguerra, mi aspetto onestà e non ipocrisia, unione, fare i ponti, ma lasciare che si possa andare da una parte all’altra: questa è fratellanza”.
Fate la pace, è stato infine, il saluto di commiato di Francesco. “‘Mir Vama’: è questo il compito che io vi lascio. Fare la pace, tutti insieme! Queste colombe sono un segnale di pace, la pace che ci porterà gioia. E la pace si fa fra tutti, fra tutti: musulmani, ebrei, ortodossi, cattolici ed altre religioni. Tutti siamo fratelli! Tutti adoriamo un Unico Dio! Mai, mai separazione fra noi! Fratellanza e unione. ‘Mir Vama!’”.
07/06/2015