Papa: Verso migranti, rifugiati e scartati occorre carità, ma anche giustizia
In occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, papa Francesco celebra una messa in piazza san Pietro. Coro e fedeli di tutti i gruppi etnici. “Chiediamo la grazia di piangere” per il “peccato” dell’indifferenza. Le risorse depredate e il mercato delle armi. “Il comandamento è amare Dio e amare il prossimo. Non si possono separare!”. Il saluto del card. Bassetti. La preghiera per il Camerun e la scultura che ricorda “la sfida evangelica dell’accoglienza”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Non si tratta solo di migranti”, ma anche “di tutti gli abitanti delle periferie esistenziali che… sono vittime della cultura dello scarto”. E con loro non c’è solo bisogno di esercitare “la carità”, ma anche “riflettere sulle ingiustizie” prodotte da un mondo “ogni giorno più elitista e crudele con gli esclusi”.
Sono le piste evidenziate da papa Francesco nella sua omelia pronunciata durante la messa celebrata sul sagrato di piazza san Pietro in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Alla messa partecipano molti vescovi, fra cui il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, che alla fine ha espresso il suo grazie al papa e riaffermato l’impegno della Chiesa italiana verso i poveri e i migranti.
Tutta la celebrazione è un inno alla molteplicità di etnie e culture simboleggiate dai colori, dai vestiti, dai canti espressi da un coro multietnico - fatto di filippini, africani, srilankesi, indiani, latino-americani e italiani - che con i suoi ritmi ha fatto letteralmente danzare molti fedeli. Perfino l’incenso usato nella celebrazione proviene dal campo di Bokolmanyo, in Etiopia, dove vivono 40mila rifugiati.
Nell’omelia, Francesco ricorda che nella Sacra scrittura, la “preoccupazione amorosa verso i meno privilegiati è presentata come un tratto distintivo del Dio di Israele, ed è anche richiesta, come un dovere morale, a tutti coloro che vogliono appartenere al suo popolo”.
Citando poi il suo Messaggio per la 105ma Giornata del migrante e del rifugiato, dal titolo “Non si tratta solo di migranti”, egli sottolinea: “non si tratta solo di forestieri, si tratta di tutti gli abitanti delle periferie esistenziali che, assieme ai migranti e ai rifugiati, sono vittime della cultura dello scarto. Il Signore ci chiede di mettere in pratica la carità nei loro confronti; ci chiede di restaurare la loro umanità, assieme alla nostra, senza escludere nessuno, senza lasciare fuori nessuno. Ma, contemporaneamente all’esercizio della carità, il Signore ci chiede di riflettere sulle ingiustizie che generano esclusione, in particolare sui privilegi di pochi che, per essere conservati, vanno a scapito di molti”.
Egli cita il depauperamento delle risorse naturali e umane nei Paesi in via di sviluppo, a favore di “pochi mercati privilegiati”; come pure il commercio di armi che generano guerre solo in “alcune regioni del mondo”, mentre i Paesi che vendono armi “non vogliono farsi carico dei rifugiati prodotti da tali conflitti”.
Il mondo, e anche noi cristiani, rischiamo di essere simili al ricco del vangelo di oggi (Luca 16, 19-31), che non si accorge della presenza del mendicante Lazzaro alla sua porta.
“Troppo intento a comprarsi vestiti eleganti e a organizzare lauti banchetti, il ricco della parabola non vede le sofferenze di Lazzaro. E anche noi, troppo presi dal preservare il nostro benessere, rischiamo di non accorgerci del fratello e della sorella in difficoltà. Ma come cristiani non possiamo essere indifferenti di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, delle solitudini più buie, del disprezzo e della discriminazione di chi non appartiene al ‘nostro’ gruppo. Non possiamo rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato, di fronte alla miseria di tanti innocenti. Non possiamo non piangere. Non possiamo non reagire”. E a braccio ha aggiunto: “Chiediamo al Signore la grazia di piangere. Chiediamo al Signore di piangere per questo che è un peccato!”.
“Il comandamento è amare Dio e amare il prossimo. Non si possono separare! E amare il prossimo come sé stessi vuol dire anche impegnarsi seriamente per costruire un mondo più giusto, dove tutti abbiano accesso ai beni della terra, dove tutti abbiano la possibilità di realizzarsi come persone e come famiglie, dove a tutti siano garantiti i diritti fondamentali e la dignità”.
“Questo santo comandamento – ha concluso - Dio l’ha dato al suo popolo, e l’ha sigillato col sangue del suo Figlio Gesù, perché sia fonte di benedizione per tutta l’umanità. Perché insieme possiamo impegnarci nella costruzione della famiglia umana secondo il progetto originario, rivelato in Gesù Cristo: tutti fratelli, figli dell’unico Padre. Oggi abbiamo bisogno anche di una Madre: affidiamo all’amore materno di Maria, Madonna della Strada, i migranti e i rifugiati, assieme agli abitanti delle periferie del mondo e a coloro che si fanno loro compagni di viaggio”.
Prima della recita dell’Angelus, alla fine della messa, papa Francesco ha ringraziato gli intervenuti e ha chiesto preghiere per il Camerun, dove domani si terrà un incontro di dialogo nazionale per superare una “difficile crisi che da anni affligge il Paese”, dominato da oltre 37 anni dal presidente Paul Biya.
A conclusione della celebrazione e dopo aver salutato cardinali, vescovi e sacerdoti, e fatto un giro in papa mobile fra i fedeli, Francesco ha inaugurato una scultura di Timothy Schmaltz che ha come tema un versetto della Lettera agli Ebrei: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (13,2). “Tale scultura – ha spiegato il pontefice - in bronzo e argilla, raffigura un gruppo di migranti di varie culture e diversi periodi storici. Ho voluto questa opera artistica qui in Piazza San Pietro, affinché ricordi a tutti la sfida evangelica dell’accoglienza”.