Papa: Sulle persecuzioni dei cristiani, la comunità internazionale “non assista muta e inerte”, non “rivolga il suo sguardo da un’altra parte”
Città del Vaticano (AsiaNews) – Papa Francesco ha lanciato un nuovo, deciso appello alla comunità internazionale perché “non assista muta e inerte” di fronte all’ “inaccettabile crimine” dei “nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani”. Tale crimine “costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari”. Scostandosi dal testo scritto, ha ripetuto: “Auspico veramente che la comunità internazionale non rivolga il suo sguardo da un’altra parte”.
Solo in questa settimana per ben sei volte (alla Messa delle Palme, alla catechesi del mercoledì, alla Via crucis, alla Veglia Pasquale, al Messaggio Urbi et orbi e oggi) il pontefice è ritornato a ricordare il martiro dei cristiani insieme all’indifferenza della comunità internazionale sul loro destino. L’occasione è stata data dal pellegrinaggio del Movimento Shalom, conclusosi oggi a Roma, che vuole “sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo”. A loro il papa si è rivolto alla fine della preghiera del Regina Caeli, con un’esortazione: “Il vostro itinerario sulle strade è finito, ma deve continuare da parte di tutti il cammino spirituale di preghiera intensa, di partecipazione concreta e di aiuto tangibile in difesa e protezione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani. Loro sono i nostri martiri di oggi e sono tanti e possiamo dire che siano più numerosi che nei primi secoli”.
Prima della preghiera mariana – che durante il tempo pasquale sostituisce l’Angelus – Francesco ha commentato il vangelo della messa di oggi (Mt 28,8-15), dove si parla delle donne al sepolcro, dell’annuncio dell’angelo e dell’incontro di Gesù risorto con le donne, alle quali Egli affida il messaggio “Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno” (v. 10).
“La Galilea – ha spiegato - è la ‘periferia’ dove Gesù aveva iniziato la sua predicazione; e di là ripartirà il Vangelo della Risurrezione, perché sia annunciato a tutti, e ognuno possa incontrare Lui, il Risorto, presente e operante nella storia”. “Anche oggi – ha aggiunto a braccio - Lui è con noi qui in piazza”.
“Questo dunque è l’annuncio che la Chiesa ripete fin dal primo giorno: “Cristo è risorto!”. E, in Lui, per il Battesimo, anche noi siamo risorti, siamo passati dalla morte alla vita, dalla schiavitù del peccato alla libertà dell’amore. Ecco la buona notizia che siamo chiamati a portare agli altri e in ogni ambiente, animati dallo Spirito Santo”.
“La fede nella risurrezione di Gesù - ha continuato - e la speranza che Egli ci ha portato è il dono più bello che il cristiano può e deve offrire ai fratelli. A tutti e a ciascuno, dunque, non stanchiamoci di ripetere: Cristo è risorto!” E rivolgendosi alla folla, ha detto: “Ripetiamolo tutti insieme oggi: Cristo è risorto! Un’altra volta: Cristo è risorto! Ripetiamolo con le parole, ma soprattutto con la testimonianza della nostra vita”.
“Noi – ha spiegato - annunciamo la risurrezione di Cristo quando la sua luce rischiara i momenti bui della nostra esistenza e possiamo condividerla con gli altri; quando sappiamo sorridere con chi sorride e piangere con chi piange; quando camminiamo accanto a chi è triste e rischia di perdere la speranza; quando raccontiamo la nostra esperienza di fede a chi è alla ricerca di senso e di felicità. Con la nostra vita, con tutta l’anima, lì diciamo: Gesù è risorto!”.
E invitando i fedeli a recitare il Regina Caeli, ha concluso: “Domandiamo alla Vergine Madre, silenziosa testimone della morte e risurrezione del suo Figlio, di accrescere in noi la gioia pasquale… La nostra gioia è un riflesso della gioia di Maria, perché è Lei che ha custodito e custodisce con fede gli eventi di Gesù. Recitiamo dunque questa preghiera con la commozione dei figli che sono felici perché la loro Madre è felice”.