Papa: Poveri, vittime dei conflitti e giovani ci spingono alla piena unità con gli ortodossi
Istanbul (AsiaNews) - Ci sono "tre voci" che urlano con forza chiedendo l'unità piena dei cristiani: i poveri, le vittime di tanti conflitti anche confessionali e i giovani, che "possono mostrare il cammino". Lo ha detto questa mattina papa Francesco al termine della Divina liturgia celebrata da Bartolomeo I al Fanar, sede del Patriarcato ecumenico, in occasione della festa di Sant'Andrea Apostolo. "Come vescovo di Roma e come Chiesa cattolica - ha sottolineato il Papa - noi non cerchiamo altro che la piena comunione con gli ortodossi".
L'ultimo giorno della visita di Francesco in Turchia si apre con un altro incontro interreligioso, dopo quello con il Gran Muftì di ieri: prima della funzione ortodossa, infatti, il pontefice ha voluto salutare il Gran Rabbino di Turchia Isak Haleva. Poi il trasferimento alla sede storica del Patriarcato per assistere alla Divina liturgia. La visita in occasione della festa di Sant'Andrea richiama la comunione apostolica, che vede nel vescovo di Roma il successore di Pietro e nel Patriarca di Costantinopoli quello di Andrea, fratelli e primi discepoli di Cristo.
Nel suo discorso, Francesco ha prima ricordato le tante funzioni ortodosse cui ha partecipato da arcivescovo di Buenos Aires "ma trovarmi oggi qui è davvero una grazia singolare che il Signore mi dona". Subito dopo, il pontefice spiega il senso di questo incontro: "Incontrarci, guardare il volto l'uno dell'altro, scambiare l'abbraccio di pace, pregare l'uno per l'altro sono dimensioni essenziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena comunione alla quale tendiamo. Tutto ciò precede e accompagna costantemente quell'altra dimensione essenziale di tale cammino che è il dialogo teologico. Un autentico dialogo è sempre un incontro tra persone con un nome, un volto, una storia, e non soltanto un confronto di idee. Questo vale soprattutto per noi cristiani, perché per noi la verità è la persona di Gesù Cristo".
L'esempio di sant'Andrea, riprende il Papa, "ci mostra con chiarezza che la vita cristiana è un'esperienza personale, un incontro trasformante con Colui che ci ama e ci vuole salvare. Anche l'annuncio cristiano si diffonde grazie a persone che, innamorate di Cristo, non possono non trasmettere la gioia di essere amate e salvate". È chiaro, pertanto, "che neanche il dialogo tra cristiani può sottrarsi a questa logica dell'incontro personale".
Dopo aver ricordato che "il cammino di riconciliazione e di pace tra cattolici ed ortodossi" è stato "in qualche modo" inaugurato da un incontro - l'abbraccio tra il Patriarca Ecumenico Atenagora e Papa Paolo VI - Francesco richiama anche l'importanza della "Unitatis redintegratio", decreto del Concilio Vaticano II: "Si tratta di un documento fondamentale con il quale è stata aperta una nuova strada per l'incontro tra i cattolici e i fratelli di altre Chiese e Comunità ecclesiali".
In particolare, dice il Papa, "con quel Decreto la Chiesa cattolica riconosce che le Chiese ortodosse «hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il Sacerdozio e l'Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite con noi da strettissimi vincoli» (n. 15). Conseguentemente, si afferma che per custodire fedelmente la pienezza della tradizione cristiana e per condurre a termine la riconciliazione dei cristiani d'oriente e d'occidente è di somma importanza conservare e sostenere il ricchissimo patrimonio delle Chiese d'Oriente, non solo per quello che riguarda le tradizioni liturgiche e spirituali, ma anche le discipline canoniche, sancite dai santi padri e dai concili, che regolano la vita di tali Chiese" (cfr nn. 15-16).
Questo principio va ribadito, perché esso è "condizione essenziale e reciproca per il ristabilimento della piena comunione, che non significa né sottomissione l'uno dell'altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo". "Voglio assicurare a ciascuno di voi - afferma con forza Francesco - "che, per giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme, alla luce dell'insegnamento della Scrittura e dell'esperienza del primo millennio, le modalità con le quali garantire la necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze: l'unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come Vescovo di Roma, "la Chiesa che presiede nella carità", è la comunione con le Chiese ortodosse".
Nel mondo di oggi, riassume il pontefice, "si levano con forza voci che non possiamo non sentire e che domandano alle nostre Chiese di vivere fino in fondo l'essere discepoli del Signore Gesù Cristo". La prima di queste voci è quella dei poveri: "Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alle voci di questi fratelli e sorelle. Essi ci chiedono non solo di dare loro un aiuto materiale, necessario in tante circostanze, ma soprattutto che li aiutiamo a difendere la loro dignità di persone umane, in modo che possano ritrovare le energie spirituali per risollevarsi e tornare ad essere protagonisti delle loro storie. Ci chiedono inoltre di lottare, alla luce del Vangelo, contro le cause strutturali della povertà: la disuguaglianza, la mancanza di un lavoro degno, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. Come cristiani siamo chiamati a sconfiggere insieme quella globalizzazione dell'indifferenza che oggi sembra avere la supremazia e a costruire una nuova civiltà dell'amore e della solidarietà".
Una seconda voce "che grida forte" è quella delle vittime dei conflitti in tante parti del mondo: "Questa voce la sentiamo risuonare molto bene da qui, perché alcune nazioni vicine sono segnate da una guerra atroce e disumana. Turbare la pace di un popolo, commettere o consentire ogni genere di violenza, specialmente su persone deboli e indifese, è un peccato gravissimo contro Dio, perché significa non rispettare l'immagine di Dio che è nell'uomo. La voce delle vittime dei conflitti ci spinge a procedere speditamente nel cammino di riconciliazione e di comunione tra cattolici ed ortodossi. Del resto, come possiamo annunciare credibilmente il messaggio di pace che viene dal Cristo, se tra noi continuano ad esistere rivalità e contese?".
Una terza voce "è quella dei giovani. Oggi purtroppo sono tanti i giovani che vivono senza speranza, vinti dalla sfiducia e dalla rassegnazione. Molti giovani, poi, influenzati dalla cultura dominante, cercano la gioia soltanto nel possedere beni materiali e nel soddisfare le emozioni del momento. Le nuove generazioni non potranno mai acquisire la vera saggezza e mantenere viva la speranza se noi non saremo capaci di valorizzare e trasmettere l'autentico umanesimo, che sgorga dal Vangelo e dall'esperienza millenaria della Chiesa. Sono proprio i giovani - penso ad esempio alle moltitudini di giovani ortodossi, cattolici e protestanti che si incontrano nei raduni internazionali organizzati dalla comunità di Taizé - che oggi ci sollecitano a fare passi in avanti verso la piena comunione. E ciò non perché essi ignorino il significato delle differenze che ancora ci separano, ma perché sanno vedere oltre, sono capaci di cogliere l'essenziale che già ci unisce".
Santità, conclude Francesco rivolgendosi a Bartolomeo, "siamo già in cammino verso la piena comunione e già possiamo vivere segni eloquenti di un'unità reale, anche se ancora parziale. Questo ci conforta e ci sostiene nel proseguire questo cammino. Siamo sicuri che lungo questa strada siamo sorretti dall'intercessione dell'Apostolo Andrea e di suo fratello Pietro, considerati dalla tradizione i fondatori delle Chiese di Costantinopoli e di Roma. Invochiamo da Dio il grande dono della piena unità e la capacità di accoglierlo nelle nostre vite. E non dimentichiamoci mai di pregare gli uni per gli altri".