08/09/2024, 13.38
PAPUA NUOVA GUINEA
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Papa: 'No al riarmo, sì all'incontro tra i popoli nell'Asia-Pacifico'

L'appello all'Angelus al termine della Messa celebrata allo stadio di Port Moresby. Il messaggio ai fedeli papuani: "Non siete isolati, il Signore si fa vicino anche qui". Nell'estrema frontiera di Vanimo l'incontro con i missionari, ricordando l'esempio del martire Giovanni Mazzucconi, pronto a tutto per poter portare il messaggio di salvezza del Vangelo. Insieme a quello del catechista locale Peter To Rot, anche lui beato, che donò la vita per difendere l'unità della famiglia.

Port Moresby (AsiaNews) - “No al riarmo e allo sfruttamento della casa comune. Sì all’incontro tra i popoli e le culture, sì all’armonia dell’uomo con le creature”. È l’appello che papa Francesco ha rivolto stamattina da Port Moresby a tutti popoli del mondo, e in particolare “per questa grande regione tra Asia, Oceania e Oceano Pacifico”. “Pace, pace per le nazioni e anche per il creato”, ha detto il pontefice prima della recita dell’Angelus, al termine della bellissima liturgia eucaristica presieduta nello Stadio Sir John Guise davanti a 35mila persone. Una celebrazione animata e colorata dai costumi tradizionali e dalle danze dei popoli dell’arcipelago.

Nell’omelia - commentando il brano del Vangelo di oggi, che racconta la guarigione del sordomuto - Francesco era tornato a parlare del tema dell’isolamento, condizione così comune per chi vive in questa regione del mondo. Anche la Decapoli, dove viveva l'uomo a cui Gesù compì questo miracolo, si trovava “in una zona geografica che, con il linguaggio di oggi, chiameremmo ‘periferia’”, ha commentato il pontefice. Anche in Papua Nuova Guinea tante località sono raggiungibili solo dopo ore di cammino nella foresta o di navigazione sulla barca. Ma c’è un isolamento ancora più doloroso, ha spiegato il Papa: quello di chi si “taglia fuori dalla comunione e dell’amicizia con Dio e con i fratelli”. Ed è a questo isolamento che Dio “risponde con la vicinanza di Gesù”.

“Fratelli e sorelle, che abitate questa terra così lontana - ha detto Francesco - forse avete l’immaginazione di essere separati, separati dal Signore, separati dagli uomini, e questo non va, no: voi siete uniti, uniti nello Spirito Santo, uniti nel Signore. E il Signore dice ad ognuno di voi: 'Apriti!'. Questa è la cosa più importante: aprirci a Dio, aprirci ai fratelli, aprirci al Vangelo e farlo diventare la bussola della nostra vita. Anche a voi oggi il Signore dice: ‘Coraggio, non temere, popolo papuano. Apriti. Apriti alla gioia del Vangelo, apriti all’incontro con Dio, apriti all’amore dei fratelli’”.

Durante l’omelia nella Messa allo stadio di Port Moresby, Francesco è tornato anche oggi a indicare l’esempio del beato Giovanni Battista Mazzucconi, il primo martire del Pime, ucciso nel 1855 mentre raggiungeva l’isola di Woodlark “perché nessuno - ha detto il papa - restasse sordo dinanzi al gioioso messaggio della salvezza, e a tutti si potesse sciogliere la lingua per cantare l’amore di Dio. Che sia così, oggi, anche per voi”.

Perché la missione ad gentes, la scelta di lasciare tutto per andare ad annunciare il Vangelo di Gesù, non si è mai interrotta in Papua Nuova Guinea. E Francesco stesso ha voluto mostrarlo questo pomeriggio recandosi a Vanimo, diocesi ancora più isolata della Papua Nuova Guinea, alla frontiera con l’Indonesia. Vi è arrivato a bordo di un aereo cargo militare, messo a disposizione dall'aeronautica australiana. Rivolgendosi alla comunità cattolica locale, nel prato davanti alla piccola cattedrale, il papa ha ricordato che “religiose, religiosi, catechisti e missionari laici non hanno smesso di predicare la Parola di Dio e di offrire aiuto ai fratelli, nella cura pastorale, nell’istruzione, nell’assistenza sanitaria e in molti altri ambiti, affrontando non poche difficoltà, per essere per tutti strumento di pace e di amore”.

Ma è un compito che ciascuno è chiamato a portare avanti anche là dove vive, formando “una grande orchestra”, come quella che lo ha accolto tra gli amici missionari argentini della parrocchia di Baro, che Francesco ha voluto visitare portando aiuti, medicine, ma anche Bibbie, Rosari e alcuni strumenti musicali. Perché insieme diventa possibile “ricomporre le rivalità, vincere le divisioni – personali, familiari e tribali –; scacciare dal cuore delle persone la paura, la superstizione e la magia; porre fine a comportamenti distruttivi come la violenza, l’infedeltà, lo sfruttamento, l’uso di alcool e droghe: mali che imprigionano e rendono infelici tanti fratelli e sorelle, anche qui”.

L’amore è più forte e “la sua bellezza può guarire il mondo”, spiega il papa. E in Papua Nuova Guinea lo ha dimostrato anche un altro grande esempio di santità incarnata nella cultura locale: il beato Peter To Rot, “sposo, padre, catechista e martire di questa terra, che ha donato la sua vita proprio per difendere l’unità della famiglia di fronte a chi voleva minarne le fondamenta”, ha ricordato Francesco.

Congedandosi da Vanimo e dalla sua natura incontaminata, il papa ha evocato la parola “paradiso” che molti turisti associano a tanta bellezza. “Noi però sappiamo - ha aggiunto - che il tesoro più grande non è quello. Ce n’è un altro, più bello e affascinante, che si trova nei vostri cuori e che si manifesta nella carità con cui vi amate. È questo il dono più prezioso che potete condividere e far conoscere a tutti, rendendo la Papua Nuova Guinea famosa non solo per la sua varietà di flora e di fauna, per le sue spiagge incantevoli e per il suo mare limpido, ma anche e soprattutto per le persone buone che vi si incontrano. Lo dico specialmente a voi, bambini, con i vostri sorrisi contagiosi e con la vostra gioia prorompente, che sprizza in ogni direzione - ha concluso -. Siete l’immagine più bella che chi parte da qui può portare con sé e conservare nel cuore”.

 

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