12/12/2024, 14.15
VATICANO
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Papa per la Giornata della pace 2025: 'Sia condonato il debito ai Paesi poveri'

Nel messaggio per il 1 gennaio 2025 diffuso oggi Francesco rilancia l'appello che fu già di Giovanni Paolo II nel Duemila, invitando ad associarlo all'elaborazione di "una nuova Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull'armonia tra i popoli". Nel testo chieste anche altrte azioni su grandi debiti sociali: l'eliminazione della pena di morte e la destinazione a lotta alla fame e sviluppo di almeno una parte delle spese per le armi. 

Città del Vaticano (AsiaNews) - “I Paesi più benestanti si sentano chiamati a far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono”. Nello spirito dell’Anno giubilare che sta per iniziare, torna a lanciare al mondo questa richiesta papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace 2025, diffuso oggi dal Vaticano. Nel testo – intitolato “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace” – il pontefice invita a ripartire dalla radice biblica dell’Anno Santo, rievocando “il suono di un corno di ariete (in ebraico yobel) che ogni quarantanove anni ne annunciava uno di clemenza e liberazione per tutto il popolo”, con un invito a “ristabilire la giustizia di Dio in diversi ambiti della vita: nell’uso della terra, nel possesso dei beni, nella relazione con il prossimo, soprattutto nei confronti dei più poveri e di chi era caduto in disgrazia”.

Guardare così al Giubileo vuol dire ricordarsi che c’è molto da riparare anche nel mondo di oggi. “Ciascuno di noi – scrive Francesco - deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti che stanno flagellando l’umanità”. Invita a guardare “alle disparità di ogni sorta, al trattamento disumano riservato alle persone migranti, al degrado ambientale, alla confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, al rigetto di ogni tipo di dialogo, ai cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità”.
E sono sfide che chiedono di “rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio. Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia – commenta il papa -. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo”.

È una conversione che nasce dal riconoscerci tutti debitori. In questo senso il pontefice invita a rileggere alcune parole di un grande padre della Chiesa come san Basilio di Cesarea: “Ma quali cose, dimmi, sono tue? Da dove le hai prese per inserirle nella tua vita? Non sei uscito totalmente nudo dal ventre di tua madre? Non ritornerai, di nuovo, nudo nella terra? Da dove ti proviene quello che hai adesso? Se tu dicessi che ti deriva dal caso, negheresti Dio, non riconoscendo il Creatore e non saresti riconoscente al Donatore”.

In questa linea papa Francesco nell’anno Giubilare – in profonda continuità con quanto già Giovanni Paolo II aveva chiesto nell’anno Duemila – indica in particolare tre azioni.

La prima è – appunto – condonare ai Paesi poveri i debiti che non sono più in grado di ripagare. “Non mi stanco di ripetere - scrive Bergoglio - che il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati”.

Tra l’altro si tratta di un peso che oggi grava sulle spalle di quegli stessi Paesi che si trovano a fare maggiormente i conti con le conseguenze del cambiamento climatico provocato dal mancato rispetto dall’ambiente. “Il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia - continua il papa - di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito. Prendendo spunto da quest’anno giubilare, invito la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia”.

Proprio l’esperienza del Giubileo del Duemila, quando diversi governi aderirono all’invito di Giovanni Paolo II, ci dice però che limitarsi a condonare un debito da solo non basta. “Perché non si tratti di un atto isolato di beneficenza – spiega - che rischia poi di innescare nuovamente un circolo vizioso di finanziamento-debito, occorre, nello stesso tempo, lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli”.

Accanto a quello economico ci sono, poi, anche altri debiti sociali da “rimettere”. E a questo guardano le altre due azioni suggerite da Francesco per l’anno giubilare. Nell’ottica di “un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale”, il papa chiede che si arrivi “all’eliminazione della pena di morte in tutte le Nazioni. Questo provvedimento, infatti, oltre a compromettere l’inviolabilità della vita, annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento”.

Infine – come terza azione – rilancia la richiesta di utilizzare “almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico”.

“Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace – è la conclusione del messaggio -. Quella pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani. Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo”.

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