04/02/2019, 17.13
VATICANO - EMIRATI
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Papa negli Emirati: promuovere la pace e riconoscere pari dignità di tutti i credenti

Nel suo intervento all’incontro interreligioso di Abu Dhabi, Francesco afferma che le religioni debbono negare ogni forma di appoggio a violenza e guerra. Educazione e giustizia sono “le ali” della pace. La fratellanza umana, il diritto di cittadinanza, ossia uguaglianza tra cittadini, libertà religiosa.

Abu Dhabi (AsiaNews) – Promuovere la pace, fondata sulla fratellanza umana, è compito delle religioni che debbono negare ogni forma di appoggio a violenza e guerra. E che in base allo stesso principio di fratellanza debbono essere a favore del diritto di cittadinanza uguale per tutti. Sono i punti centrali affermati da papa Francesco nel lungo discorso pronunciato oggi all’incontro Interreligioso che vede riuniti ad Abu Dhabi, negli Emirati arabi, circa 700 esponenti religiosi.

Affermazioni delicate, quelle sulla cittadinanza e sulla parità di diritti in un mondo islamico che le nega - anche con riferimenti al Corano - e nel quale, ad esempio, i non musulmani trattati meglio sono “dhimmi”, ossia “protetti”, il che dà loro alcuni diritti, ma non tutti, e li obbliga al pagamento della “jizya”, un tributo dovuto ai musulmani. Analoghe considerazioni si possono fare per la libertà di religione, ridotta, ove possibile – come negli Emirati -, a libertà di culto, ossia a pratica “privata”.

Ma è stata soprattutto la pace, in un Paese impegnato nel conflitto yemenita, il tema affrontato dal Papa negli incontri di oggi pomeriggio ad Abu Dhabi. Il primo, privato,  alle 16.45 locali (12.45 GMT) con il Muslim Council of Elders, nella Gran moschea dello Sceicco Zayed. Secondo quanto riferito dal direttore ad interim della Sala stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, "l’incontro del Santo Padre con il Muslim Council of Elders è durato circa 30 minuti" e si "svolto in un clima particolarmente cordiale e fraterno, in cui è stata sottolineata l’importanza della cultura dell’incontro per rafforzare l’impegno per il dialogo e la pace".

Francesco, sempre accompagnato dal Grande imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyib (nella foto), massima autorità spirituale del mondo sunnita e anche dai ministri degli Esteri, della Tolleranza e della Cultura, si è poi recato al Founder’s Memorial per l’Incontro Interreligioso.

Il Papa è partito dall’affermazione che, come Dio per preservare l’umanità dalla distruzione chiese a Noè di entrare nell’arca con la sua famiglia, oggi “per salvaguardare la pace, abbiamo bisogno di entrare insieme, come un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza. Il punto di partenza è riconoscere che Dio è all’origine dell’unica famiglia umana. Egli, che è il Creatore di tutto e di tutti, vuole che viviamo da fratelli e sorelle, abitando la casa comune del creato che Egli ci ha donato. Si fonda qui, alle radici della nostra comune umanità, la fratellanza, quale «vocazione contenuta nel disegno creatore di Dio». Essa ci dice che tutti abbiamo uguale dignità e che nessuno può essere padrone o schiavo degli altri”.

Dio, infatti, “non guarda alla famiglia umana con uno sguardo di preferenza che esclude, ma con uno sguardo di benevolenza che include. Pertanto, riconoscere ad ogni essere umano gli stessi diritti è glorificare il Nome di Dio sulla terra. Nel nome di Dio Creatore, dunque, va senza esitazione condannata ogni forma di violenza, perché è una grave profanazione del Nome di Dio utilizzarlo per giustificare l’odio e la violenza contro il fratello. Non esiste violenza che possa essere religiosamente giustificata”.

“La fratellanza certamente «esprime anche la molteplicità e la differenza che esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e la stessa dignità». La pluralità religiosa ne è espressione. In tale contesto il giusto atteggiamento non è né l’uniformità forzata, né il sincretismo conciliante: quel che siamo chiamati a fare, da credenti, è impegnarci per la pari dignità di tutti, in nome del Misericordioso che ci ha creati e nel cui nome va cercata la composizione dei contrasti e la fraternità nella diversità”.

“Se crediamo nell’esistenza della famiglia umana, ne consegue che essa, in quanto tale, va custodita. Come in ogni famiglia, ciò avviene anzitutto mediante un dialogo quotidiano ed effettivo. Esso presuppone la propria identità, cui non bisogna abdicare per compiacere l’altro. Ma al tempo stesso domanda il coraggio dell’alterità, che comporta il riconoscimento pieno dell’altro e della sua libertà, e il conseguente impegno a spendermi perché i suoi diritti fondamentali siano affermati sempre, ovunque e da chiunque. Perché senza libertà non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi. Tra le libertà vorrei sottolineare quella religiosa. Essa non si limita alla sola libertà di culto, ma vede nell’altro veramente un fratello, un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero e che pertanto nessuna istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo”.

Tornando alla pace, essa ha bisogno delle “ali” dell’educazione e della giustizia. “Anche l’educazione avviene nella relazione, nella reciprocità. Alla celebre massima antica ‘conosci te stesso’ dobbiamo affiancare ‘conosci il fratello’: la sua storia, la sua cultura e la sua fede, perché non c’è conoscenza vera di sé senza l’altro. Da uomini, e ancor più da fratelli, ricordiamoci a vicenda che niente di ciò che è umano ci può rimanere estraneo. È importante per l’avvenire formare identità aperte, capaci di vincere la tentazione di ripiegarsi su di sé e irrigidirsi. Investire sulla cultura favorisce una decrescita dell’odio e una crescita della civiltà e della prosperità. Educazione e violenza sono inversamente proporzionali”.

“La giustizia è la seconda ala della pace, la quale spesso non è compromessa da singoli episodi, ma è lentamente divorata dal cancro dell’ingiustizia”. “Pace e giustizia sono inseparabili! Il profeta Isaia dice: «Praticare la giustizia darà pace» (32,17). La pace muore quando divorzia dalla giustizia, ma la giustizia risulta falsa se non è universale. Una giustizia indirizzata solo ai familiari, ai compatrioti, ai credenti della stessa fede è una giustizia zoppicante, è un’ingiustizia mascherata!”.

“Qui, nel deserto - ha detto ancora Francesco - si è aperta una via di sviluppo feconda che, a partire dal lavoro, offre speranze a molte persone di vari popoli, culture e credo. Tra loro, anche molti cristiani, la cui presenza nella regione risale addietro nei secoli, hanno trovato opportunità e portato un contributo significativo alla crescita e al benessere del Paese. Oltre alle capacità professionali, vi recano la genuinità della loro fede. Il rispetto e la tolleranza che incontrano, così come i necessari luoghi di culto dove pregano, permettono loro quella maturazione spirituale che va poi a beneficio dell’intera società. Incoraggio a proseguire su questa strada, affinché quanti qui vivono o sono di passaggio conservino non solo l’immagine delle grandi opere innalzate nel deserto, ma di una nazione che include e abbraccia tutti”.

“È con questo spirito che, non solo qui, ma in tutta l’amata e nevralgica regione mediorientale, auspico opportunità concrete di incontro: società dove persone di diverse religioni abbiano il medesimo diritto di cittadinanza e dove alla sola violenza, in ogni sua forma, sia tolto tale diritto”.

“Una convivenza fraterna, fondata sull’educazione e sulla giustizia; uno sviluppo umano, edificato sull’inclusione accogliente e sui diritti di tutti: questi sono semi di pace, che le religioni sono chiamate a far germogliare. Ad esse, forse come mai in passato, spetta, in questo delicato frangente storico, un compito non più rimandabile: contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell’uomo. La corsa agli armamenti, l’estensione delle proprie zone di influenza, le politiche aggressive a discapito degli altri non porteranno mai stabilità. La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient’altro che morte!”.

“La fratellanza umana esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra. Restituiamola alla sua miserevole crudezza. Sotto i nostri occhi sono le sue nefaste conseguenze. Penso in particolare allo Yemen, alla Siria, all’Iraq e alla Libia. Insieme, fratelli nell’unica famiglia umana voluta da Dio, impegniamoci contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri; a tutto questo opponiamo la forza dolce della preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo. Il nostro essere insieme oggi sia un messaggio di fiducia, un incoraggiamento a tutti gli uomini di buona volontà, perché non si arrendano ai diluvi della violenza e alla desertificazione dell’altruismo. Dio sta con l’uomo che cerca la pace. E dal cielo benedice ogni passo che, su questa strada, si compie sulla terra”.

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