Papa in Egitto: l’Egitto chiamato a condannare violenza e povertà in Medio Oriente
Nel discorso alle autorità Francesco sottolinea ruolo e responsabilità del Cairo nel futuro della regione. “Di fronte a uno scenario mondiale delicato e complesso, che fa pensare a quella che ho chiamato una ‘guerra mondiale a pezzi’, occorre affermare che non si può costruire la civiltà senza ripudiare ogni ideologia del male, della violenza e ogni interpretazione estremista che pretende di annullare l’altro e di annientare le diversità manipolando e oltraggiando il Sacro Nome di Dio”.
Il Cairo (AsiaNews) – L’Egitto, che per la sua storia e la sua posizione geografica ha un ruolo fondamentale in Medio Oriente, è chiamato a condannare e contrastare la violenza e anche la povertà, fattori di quella “terza guerra mondiale a pezzi” che il mondo sta vivendo. Autorità di governo e parlamento e corpo diplomatico sono stati al centro del secondo incontro pubblico di papa Francesco in Egitto. Dopo l’intervento alla Conferenza internazionale sulla pace ad Al Azhar, il Papa si è infatti recato all’Hotel Al-Màsah per l’incontro con le autorità.
Il presidente Al Sisi, nel suo discorso, ha condannato il terrorismo sottolineando che le forze del male pretendono di parlare in nome dell’islam, mentre mai l’islam ha predicato l’uccisione di innocenti. Estirpare il terrorismo – ha detto - richiede più coordinamento internazionale, anche per prosciugare i finanziamenti dei terroristi.
Francesco, da parte sua, ha ricordato che l’Egitto è terra storicamente legata all’accoglienza, citando in proposito la Santa Famiglia che qui trovò rifugio e ospitalità. “L’ospitalità data con generosità più di duemila anni fa, rimane nella memoria collettiva dell’umanità ed è fonte di abbondanti benedizioni che ancora si estendono. L’Egitto, quindi, è una terra che, in un certo senso, sentiamo tutti come nostra! E come dite voi: “Misr um al dugna / L’Egitto è la madre dell’universo”. Anche oggi vi trovano accoglienza milioni di rifugiati provenienti da diversi Paesi, tra cui Sudan, Eritrea, Siria e Iraq, rifugiati che con lodevole impegno si cerca di integrare nella società egiziana”.
“L’Egitto, a motivo della sua storia e della sua particolare posizione geografica, occupa un ruolo insostituibile nel Medio Oriente e nel contesto dei Paesi che cercano soluzioni a problemi acuti e complessi i quali necessitano di essere affrontati ora, per evitare una deriva di violenza ancora più grave. Mi riferisco a quella violenza cieca e disumana causata da diversi fattori: dal desiderio ottuso di potere, dal commercio di armi, dai gravi problemi sociali e dall’estremismo religioso che utilizza il Santo Nome di Dio per compiere inauditi massacri e ingiustizie. Questo destino e questo compito dell’Egitto costituiscono anche il motivo che ha portato il popolo a sollecitare un Egitto dove non manchino a nessuno il pane, la libertà e la giustizia sociale. Certamente questo obiettivo diventerà una realtà se tutti insieme avranno la volontà di trasformare le parole in azioni, le valide aspirazioni in impegno, le leggi scritte in legge applicate, valorizzando la genialità innata di questo popolo”.
“L’Egitto, quindi, ha un compito singolare: rafforzare e consolidare anche la pace regionale, pur essendo, sul proprio suolo, ferito da violenze cieche. Tali violenze fanno soffrire ingiustamente tante famiglie – alcune delle quali sono qui presenti – che piangono i loro figli e figlie. Il mio pensiero va in particolare a tutte le persone che, negli ultimi anni, hanno dato la vita per salvaguardare la loro Patria: i giovani, i membri delle forze armate e della polizia, i cittadini copti e tutti gli ignoti caduti a causa di diverse azioni terroristiche. Penso anche alle uccisioni e alle minacce che hanno determinato un esodo di cristiani dal Sinai settentrionale. Esprimo riconoscenza alle Autorità civili e religiose e a quanti hanno dato accoglienza e assistenza a queste persone tanto provate. Penso altresì a coloro che sono stati colpiti negli attentati alle chiese Copte, sia nel dicembre scorso sia più recentemente a Tanta e ad Alessandria. Ai loro familiari e a tutto l’Egitto vanno il mio più sentito cordoglio e la mia preghiera al Signore affinché dia pronta guarigione ai feriti”.
Non si può costruire la civiltà senza ripudiare ogni ideologia del male,
“Lo sviluppo, la prosperità e la pace sono beni irrinunciabili che meritano ogni sacrificio. Sono anche obiettivi che richiedono lavoro serio, impegno convinto, metodologia adeguata e, soprattutto, rispetto incondizionato dei diritti inalienabili dell’uomo, quali l’uguaglianza tra tutti i cittadini, la libertà religiosa e di espressione, senza distinzione alcuna. Obiettivi che esigono una speciale attenzione al ruolo della donna, dei giovani, dei più poveri e dei malati. In realtà, lo sviluppo vero si misura dalla sollecitudine che si dedica all’uomo – cuore di ogni sviluppo –, alla sua educazione, alla sua salute e alla sua dignità; infatti la grandezza di qualsiasi nazione si rivela nella cura che essa dedica realmente ai più deboli della società: le donne, i bambini, gli anziani, i malati, i disabili, le minoranze, affinché nessuna persona e nessun gruppo sociale rimangano esclusi o lasciati ai margini. Di fronte a uno scenario mondiale delicato e complesso, che fa pensare a quella che ho chiamato una ‘guerra mondiale a pezzi’, occorre affermare che non si può costruire la civiltà senza ripudiare ogni ideologia del male, della violenza e ogni interpretazione estremista che pretende di annullare l’altro e di annientare le diversità manipolando e oltraggiando il Sacro Nome di Dio. Lei, Signor Presidente, ne ha parlato più volte e in varie circostanze con chiarezza, che merita ascolto e apprezzamento”.
“Abbiamo tutti il dovere di insegnare alle nuove generazioni che Dio, il Creatore del cielo e della terra, non ha bisogno di essere protetto dagli uomini, anzi è Lui che protegge gli uomini; Egli non vuole mai la morte dei suoi figli ma la loro vita e la loro felicità; Egli non può né chiedere né giustificare la violenza, anzi la detesta e la rigetta. Il vero Dio chiama all’amore incondizionato, al perdono gratuito, alla misericordia, al rispetto assoluto di ogni vita, alla fraternità tra i suoi figli, credenti e non credenti”.
“Abbiamo il dovere di affermare insieme che la storia non perdona quanti proclamano la giustizia e praticano l’ingiustizia; non perdona quanti parlano dell’eguaglianza e scartano i diversi. Abbiamo il dovere di smascherare i venditori di illusioni circa l’aldilà, che predicano l’odio per rubare ai semplici la loro vita presente e il loro diritto di vivere con dignità, trasformandoli in legna da ardere e privandoli della capacità di scegliere con libertà e di credere con responsabilità. Abbiamo il dovere di smontare le idee omicide e le ideologie estremiste, affermando l’incompatibilità tra la vera fede e la violenza, tra Dio e gli atti di morte”.
“La storia invece onora i costruttori di pace, che, con coraggio e senza violenza, lottano per un mondo migliore: ‘Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio’ (Mt 5, 9). L’Egitto, che al tempo di Giuseppe salvò gli altri popoli dalla carestia (cfr Gen 47,57), è quindi chiamato anche oggi a salvare questa cara regione dalla carestia dell’amore e della fraternità; è chiamato a condannare e a sconfiggere ogni violenza e ogni terrorismo; è chiamato a donare il grano della pace a tutti i cuori affamati di convivenza pacifica, di lavoro dignitoso, di educazione umana. L’Egitto, che nello stesso tempo costruisce la pace e combatte il terrorismo, è chiamato a dare prova che “AL DIN LILLAH WA AL WATàN LILGIAMIA’ / La fede è per Dio, la Patria è per tutti”, come recita il motto della Rivoluzione del 23 luglio 1952, dimostrando che si può credere e vivere in armonia con gli altri, condividendo con loro i valori umani fondamentali e rispettando la libertà e la fede di tutti. Il peculiare ruolo dell’Egitto è necessario per poter affermare che questa regione, culla delle tre grandi religioni, può, anzi deve risvegliarsi dalla lunga notte di tribolazione per tornare a irradiare i supremi valori della giustizia e della fraternità, che sono il fondamento solido e la via obbligatoria per la pace. Dalle nazioni grandi non si può attendere poco!”
“La pace è dono di Dio ma è anche lavoro dell’uomo. È un bene da costruire e da proteggere, nel rispetto del principio che afferma la forza della legge e non la legge della forza. Pace per questo amato Paese! Pace per tutta questa regione, in particolare per Palestina e Israele, per la Siria, per la Libia, per lo Yemen, per l’Iraq, per il Sud Sudan; pace a tutti gli uomini di buona volontà!”
“Signor Presidente, Signore e Signori, desidero rivolgere un affettuoso saluto e un paterno abbraccio a tutti i cittadini egiziani, che sono simbolicamente presenti in questa aula. Saluto altresì i figli e i fratelli cristiani che vivono in questo Paese: i copti ortodossi, i greco-bizantini, gli armeno-ortodossi, i protestanti e i cattolici. San Marco, l’evangelizzatore di questa terra, vi protegga e ci aiuti a costruire e a raggiungere l’unità, tanto desiderata dal Nostro Signore (cfr Gv 17,20-23)”.
28/04/2017 11:14
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