Papa ai sacerdoti nel Giovedì Santo: siate i custodi dell’armonia
Nell’omelia della Messa crismale Francesco ha invitato i preti a non lasciarsi spaventare da fatiche e debolezze e a scoprire dentro di esse la propria Pasqua. Al carcere minorile di Casal del Marmo oggi la Messa in Coena Domini con la lavanda dei piedi ai giovani detenuti.
Città del Vaticano (AsiaNews) - “La mia realizzazione dipende dalla mia bravura, dal ruolo che ottengo, dai complimenti che ricevo, dalla carriera che faccio, dai superiori o dai collaboratori che ho, dai confort che mi posso garantire, oppure dall’unzione che profuma la mia vita?”. È la domanda che papa Francesco ha rivolto a tutti i sacerdoti questa mattina nell’omelia della Messa crismale presieduta nella basilica di San Pietro nel giorno in cui la Chiesa ricorda l’istituzione del sacerdozio.
Nel pomeriggio il pontefice si recherà al carcere minorile romano di Casal del Marmo per la celebrazione della Messa in Coena Domini, con la lavanda dei piedi ai giovani detenuti. Ma come ogni anno la giornata è stata aperta dalla celebrazione solenne con i sacerdoti della diocesi di Roma. E il rito della benedizione degli oli santi è diventata l’occasione per riflettere sul senso dell’“unzione” in forza della quale ciascuno è inviato a vivere il proprio ministero tra i fratelli.
Commentando le parole «lo spirito del Signore Dio è sopra di me» pronunciate da Gesù nella sinagoga di Nazareth, il papa ha invitato i sacerdoti a riconoscere che è lo Spirito a consacrare ciascuno con la sua unzione. “Anche per noi c’è stata una prima unzione, cominciata con una chiamata d’amore che ci ha rapito il cuore. Per essa abbiamo lasciato gli ormeggi e su quell’entusiasmo genuino è scesa la forza dello Spirito, che ci ha consacrato. Poi, secondo i tempi di Dio, giunge per ciascuno la tappa pasquale, che segna il momento della verità. Ed è un momento di crisi, che ha varie forme”.
“A tutti, prima o poi, succede di sperimentare delusioni, fatiche e debolezze - ha proseguito il pontefice - con l’ideale che sembra usurarsi fra le esigenze del reale, mentre subentra una certa abitudinarietà e alcune prove, prima difficili da immaginare, fanno apparire la fedeltà più scomoda rispetto a un tempo”. È un tempo da cui si può uscire male “planando verso una certa mediocrità, trascinandosi stanchi in una ‘normalità’ dove si insinuano tre tentazioni pericolose: quella del compromesso, per cui ci si accontenta di ciò che si può fare; quella dei surrogati, per cui si tenta di ‘ricaricarsi’ con altro rispetto alla nostra unzione; quella dello scoraggiamento, per cui, scontenti, si va avanti per inerzia. Restano intatte le apparenze, ci si ripiega su di sé e si tira a campare svogliati”.
Ma la crisi può diventare anche una svolta nel sacerdozio, “l’ultima scelta tra Gesù e il mondo, tra l’eroicità della carità e la mediocrità, tra la croce e un certo benessere, tra la santità e un’onesta fedeltà all’impegno religioso”. Francesco l’ha definita una “seconda unzione”, dove accogliere lo Spirito “non sull’entusiasmo dei nostri sogni, ma sulla fragilità della nostra realtà. È un’unzione che fa verità nel profondo, che permette allo Spirito di ungerci le debolezze, le fatiche, le povertà interiori. Allora l’unzione profuma nuovamente: di Lui, non di noi”.
Ai sace4rdoti in crisi il papa dice: "coraggio, il Signore è più grande delle tue debolezze, dei tuoi peccati. Affidati al Signore e lasciati chiamare una seconda volta, questa volta con l’unzione dello Spirito Santo. La doppia vita non ti aiuterà; buttare tutto dalla finestra, nemmeno. Guarda avanti, lasciati carezzare per l’unzione dello Spirito Santo".
E la conseguenza dell'unzione dello Spirito è l’armonia: “Costruire l’armonia tra noi - ha spiegato il pontefice - non è tanto un buon metodo affinché la compagine ecclesiale proceda meglio, non è questione di strategia o di cortesia: è un’esigenza interna alla vita dello Spirito. Si pecca contro lo Spirito che è comunione quando si diventa, anche per leggerezza, strumenti di divisione; e si fa il gioco del nemico, che non viene allo scoperto e ama le dicerie e le insinuazioni, fomenta partiti e cordate, alimenta la nostalgia del passato, la sfiducia, il pessimismo, la paura”.
“Aiutiamoci, fratelli, a custodire l’armonia – ha ammonito Francesco - cominciando non dagli altri, ma ciascuno da sé; chiedendoci: nelle mie parole, nei miei commenti, in quello che dico e scrivo c’è il timbro dello Spirito o quello del mondo? Penso anche alla gentilezza del sacerdote: se la gente trova persino in noi persone insoddisfatte e scontente che criticano e puntano il dito, dove vedrà l’armonia? Quanti – ha aggiunto - non si avvicinano o si allontanano perché nella Chiesa non si sentono accolti e amati, ma guardati con sospetto e giudicati. In nome di Dio, accogliamo e perdoniamo, sempre. E ricordiamo che l’essere spigolosi e lamentosi, oltre a non produrre nulla di buono, corrompe l’annuncio, perché contro-testimonia Dio, che è comunione e armonia”.
Papa Francesco ha concluso rivolgendo il suo grazie a tutti i sacerdoti: “Grazie per la vostra testimonianza e per il vostro servizio; grazie per il bene nascosto che fate, per il perdono e la consolazione che regalate in nome di Dio; grazie per il vostro ministero, che spesso si svolge tra tante fatiche e pochi riconoscimenti. Lo Spirito di Dio, che non lascia deluso chi ripone in Lui la propria fiducia, vi colmi di pace e porti a compimento ciò che in voi ha iniziato, perché siate profeti della sua unzione e apostoli di armonia”.
01/04/2021 12:22