Papa ai carcerati di Castrovillari: Anch'io sbaglio e anch'io ho bisogno di perdono
Castrovillari (AsiaNews) - "Anch'io sbaglio e anch'io ho bisogno di perdono": con questa identificazione di sé con il destino dei detenuti è cominciata la visita di papa Francesco alla diocesi di Cassano all'Jonio, in Calabria, una regione tristemente famosa per criminalità , mafia e commercio di droga. Distaccandosi dal protocollo tradizionale delle visite, in cui è previsto come primo gesto l'incontro e i discorsi con le autorità, il pontefice si è recato per primo alla casa circondariale "Rosetta Sisca" e si è incontrato con 200 fra carcerati fra uomini e donne, oltre agli agenti di polizia penitenziale e i familiari delle vittime della mafia.
Fra queste vi erano la nonna e la zia di Cocò, Campolongo, il bambino di tre anni ucciso insieme allo zio, sorvegliato speciale, e alla compagna di quest'ultimo lo scorso 16 gennaio. Francesco li aveva ricordati nell'Angelus del 26 gennaio.
Il papa ha voluto che l'incontro con i detenuti fosse in privato, senza la presenza di giornalisti e telecamere. Il vescovo di Cassano, mons. Nunzio Galantino, all'uscita dal carcere, parlando con alcuni giornalisti, ha detto che quell'incontro con i familiari di Cocò è stato il momento più commovente, in cui il pontefice ha assicurato la sua preghiera per loro e per tutte le vittime di violenza. "Non deve accadere mai più - ha detto Francesco - che un bambino sia vittima di una simile violenza". Mons. Galantino, che è segretario generale della conferenze episcopale italiana (Cei) ha detto che il papa ha salutato una ad una le donne incarcerate: "Piangevano tutte - ha detto - e raccomandavano i loro figli alla sua preghiera".
Nel carcere di Castrovillari è rinchiuso anche Nelus Dudu, 27enne rumeno che il 2 marzo a Sibari ha ucciso p. Lazzaro Longobardi, che lo aveva accolto, sfamato e vestito.
Nel suo discorso, il pontefice ha confessato di aver voluto questa visita come "primo gesto" per "esprimere la vicinanza del Papa e della Chiesa ad ogni uomo e ogni donna che si trova in carcere, in ogni parte del mondo. Gesù ha detto: «Ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,36)".
Egli ha anche sottolineato che nella vita carceraria non è sufficiente parlare di "diritti fondamentali dell'uomo", di "condizioni di espiazioni della pena". Occorre impegnarsi anche per "un effettivo reinserimento nella società". "Quando questa finalità viene trascurata - ha continuato - l'esecuzione della pena degrada a uno strumento di sola punizione e ritorsione sociale, a sua volta dannoso per l'individuo e per la società".
Tale percorso non può essere "solamente umano"; occorre anche "l'incontro con Dio". E ha invitato tutti a lasciarsi "guardare da Dio che ci ama, che è capace di comprenderci e di perdonare i nostri errori. Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale. Il Signore sempre perdona, sempre accompagna, sempre comprende; a noi spetta lasciarci comprendere, lasciarci perdonare, lasciarci accompagnare".
A conclusione, il papa ha chiesto la preghiera dei detenuti per il suo ministero: "Anch'io sbaglio, anch'io ho bisogno di perdono e di penitenza".