Papa a Redipuglia: La guerra è una follia. Questa è l'ora del pianto
Redipuglia (AsiaNews) - "La guerra è una follia. Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge": è una condanna senza appello di tutte le guerre quella che papa Francesco ha espresso oggi al Sacrario di Redipuglia, nella messa che ha celebrato a ricordo dei 100 anni dall'inizio della Prima guerra mondiale (1914 -1918).
Il pontefice ha celebrato la messa insieme all'arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli. Vi hanno partecipato anche i cardinali Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, con numerosi vescovi provenienti da Slovenia, Austria, Ungheria e Croazia e dalle diocesi del Friuli Venezia Giulia, oltre ai vescovi Ordinari militari ed ai cappellani militari. Il coro e il servizio liturgico è stato garantito da centinaia di soldati dell'esercito italiano. Alla celebrazione hanno preso parte almeno 20mila persone, dei quali oltre 7mila soldati italiani e di altre nazioni. Presenti anche membri delle Chiese ortodosse e delle comunità musulmane europee.
Prima di arrivare al Sacrario di Redipuglia, papa Francesco si era soffermato per un breve momento di silenzio e l'offerta di fiori al cimitero austro-ungarico di Fogliano di Redipuglia(v. foto), unendo idealmente nella preghiera italiani e austriaci, i nemici che nella Grande Guerra si sono combattuti nella regione. Va detto che il nonno del papa, Giovanni Bergoglio, ha combattuto come bersagliere sul Piave, proprio nella Prima guerra mondiale. Alla fine della messa al pontefice è stato consegnato il foglio matricolare del nonno dal quale il pontefice ha spesso ascoltato le storie della guerra.
Il Sacrario militare di Redipuglia, un monumento costruito a gradoni, custodisce le salme di 107.187 caduti nella Grande Guerra. Papa Pio XI, pontefice del tempo, l'aveva definita "l'inutile strage". Papa Francesco parla di "tutte queste persone, i cui resti riposano qui, avevano i loro progetti, i loro sogni..., ma le loro vite sono state spezzate".
La condanna è senza appello per tutte le guerre. Il papa fa notare che "anche oggi, dopo il secondo fallimento di un'altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta 'a pezzi', con crimini, massacri, distruzioni...".
Per papa Francesco, la Grande Guerra ha come motivo "la cupidigia, l'intolleranza, l'ambizione al potere", "spesso giustificati da un'ideologia". Anche oggi, "dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c'è l'industria delle armi, che sembra essere tanto importante!".
Ma il motivo profondo di ogni guerra di ieri e di oggi è "la risposta di Caino: 'A me che importa?'". Questa domanda piena di cinismo è stata scandita ben sette volte nel breve discorso del papa.
"Sopra l'ingresso di questo cimitero - ha detto Francesco - aleggia il motto beffardo della guerra: 'A me che importa?'. Tutte queste persone, i cui resti riposano qui, avevano i loro progetti, i loro sogni..., ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l'umanità ha detto: 'A me che importa?'". E ancora: "L'ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni".
"Con quel 'A me che importa?' che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Quel 'A me che importa?' impedisce di piangere. Caino non ha pianto".
"Con cuore di figlio, di fratello, di padre - ha concluso - chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da quel "A me che importa?", al pianto. Per tutti i caduti della 'inutile strage', per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo, il pianto. Fratelli, l'umanità ha bisogno di piangere, e questa è l'ora del pianto".
Alla fine della messa, il pontefice ha consegnato agli Ordinari militari ed ai vescovi i presenti la lampada Luce di San Francesco, che verrà accesa nelle diverse diocesi per le celebrazioni in commemorazione della Prima guerra mondiale. La lampada è offerta dal Sacro convento di Assisi e l'olio dall'Associazione Libera.
Riportiamo qui sotto il testo integrale dell'omelia di papa Francesco:
Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano... trovandomi qui, in questo luogo, vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia.
Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l'essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione!
La cupidigia, l'intolleranza, l'ambizione al potere... sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un'ideologia; ma prima c'è la passione, c'è l'impulso distorto. L'ideologia è una giustificazione, e quando non c'è un'ideologia, c'è la risposta di Caino: "A me che importa?", «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà... "A me che importa?".
Sopra l'ingresso di questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: "A me che importa?". Tutte queste persone, i cui resti riposano qui, avevano i loro progetti, i loro sogni..., ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l'umanità ha detto: "A me che importa?".
Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un'altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta "a pezzi", con crimini, massacri, distruzioni...
Ad essere onesti, la prima pagina dei giornali dovrebbe avere come titolo: "A me che importa?". Caino direbbe: «Sono forse io il custode di mio fratello?».
Questo atteggiamento è esattamente l'opposto di quello che ci chiede Gesù nel Vangelo. Abbiamo ascoltato: Lui è nel più piccolo dei fratelli: Lui, il Re, il Giudice del mondo, è l'affamato, l'assetato, il forestiero, l'ammalato, il carcerato... Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: "A me che importa?", rimane fuori.
Qui ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C'è il pianto, c'è il lutto, c'è il dolore. E da qui ricordiamo tutte le vittime di tutte le guerre.
Anche oggi le vittime sono tante... Come è possibile questo? E' possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c'è l'industria delle armi, che sembra essere tanto importante!
E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: "A me che importa?".
E' proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere.
Con quel "A me che importa?" che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Quel "A me che importa?" impedisce di piangere. Caino non ha pianto. L'ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni.
Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da quel "A me che importa?", al pianto. Per tutti i caduti della "inutile strage", per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo, il pianto. Fratelli, l'umanità ha bisogno di piangere, e questa è l'ora del pianto.