P. Romanelli: fra ‘serenità e angoscia’ la Settimana Santa dei cristiani di Gaza
Dopo il nuovo raid all'ospedale anglicano il parroco racconta le celebrazioni in una chiesa percepita come “luogo sicuro, anche se nessun posto lo è” nella Striscia. Il dolore per la morte di un bambino a causa dei bombardamenti. "Non si vede alcun segno di distensione”. La richiesta di preghiere e il ringraziamento per la vicinanza di papa Francesco che “continua a chiamarci”.
Milano (AsiaNew) - I cristiani della Striscia vivono la Settimana Santa “sereni nel Signore ma allo stesso tempo, può sembrare una contraddizione ma non lo è, con molta angoscia perché non si vede di fatto alcun segno di distensione”. È quanto racconta ad AsiaNews p. Gabriel Romanelli, il parroco della chiesa latina della Sacra Famiglia a Gaza, raggiunto al telefono al termine delle funzioni della domenica delle Palme. Il clima in questi giorni di preparazione alla Pasqua è ben diverso da quello delle recenti festività natalizie, quando l’ipotesi di cessate il fuoco fra Israele e Hamas era fonte di speranza. Ora è tempo di guerra, di bombardamenti incessanti che anche ieri hanno colpito strutture civili, in particolare l’Ahli Arab Hospital, l’ultimo pienamente funzionante: “Tutte le famiglie qui hanno dei bambini, e chi non ha bambini ha anziani malati, per questo - aggiunge il sacerdote argentino del Verbo Incarnato - vi è una sensazione di enorme prostrazione”.
Nella notte fra il 12 e il 13 aprile Israele ha colpito, e distrutto in parte, l’ospedale di al-Ahli, centrando i reparti di terapia intensiva e chirurgia. Filmati mostrano pazienti che tentano la fuga, mentre le forze di Difesa (Idf) dello Stato ebraico dicono di aver mirato a un “centro di comando e controllo utilizzato da Hamas”. Sul raid alla struttura gestita dagli anglicani è intervenuto l’arcivescovo di York Stephen Cottrell, sottolineando come “il fatto che l’unico ospedale cristiano di Gaza sia stato attaccato la domenica delle Palme è particolarmente spaventoso”. Un centro già teatro di una forte esplosione nell’ottobre 2023, nelle prime fasi del conflitto, e che ha ucciso centinaia di persone. Intanto Hamas si dice disposta a liberare un maggior numero di ostaggi nell’ambito di un potenziale accordo; il piano, mediato dall’Egitto, includerebbe la supervisione del Cairo sulla smilitarizzazione del gruppo che controlla la Striscia, mentre gli Stati Uniti avrebbero promesso l’impegno di Israele a partecipare ai colloqui per porre fine alla guerra.
“La situazione a Gaza è molto grave: [i caccia israeliani] hanno colpito l’ospedale anglicano, già attaccato in passato, ma stavolta hanno avvertito dicendo di sgomberare” afferma p. Romanelli. Tuttavia, prosegue, “è morto lo stesso un bambino ricoverato nella struttura, deceduto durante le operazioni di trasferimento”. In seguito al raid nosocomio - che fungeva da ospedale centrale e di riferimento dopo il bombardamento di al-Shifa - ha riportato “gravi danni” e il suo futuro “è incerto”. Nella Striscia, spiega il religioso, “ci sono ancora alcune strutture ospedaliere, ma tutte con gravi problemi o mancanze”.
Negli anni scorsi il il periodo che precedeva le Palme era occasione di festa per i cattolici della Striscia, anche per la tradizionale visita pastorale del patriarca latino di Gerusalemme card. Pierbattista Pizzaballa. Nonostante guerra e violenze, racconta il parroco, “abbiamo fatto una bellissima celebrazione comunitaria, incominciando con la preghiera dei religiosi con alcuni laici alle 8.30 del mattino; poi il silenzio, la meditazione davanti al Santissimo fino alle 9.30, dopo il Rosario, le lodi in arabo, la processione nel piccolo cortile, che è ancora più piccolo oggi perché affollato di persone. Infine la benedizione e la messa solenne: abbiamo trascorso quattro ore in chiesa - prosegue - perché tutti si sentono più sicuri al suo interno, anche se non vi è alcun luogo sicuro in tutta la Striscia”.
Del resto anche la parrocchia della Sacra Famiglia ha pianto “diversi morti e feriti” nel passato, sebbene in questi giorni l’area sia stata in parte risparmiata dagli attacchi israeliani. “I bombardamenti - sottolinea - sono vicini, fino a 200 metri da noi, ma siamo stati raggiunti solo da qualche scheggia. La scorsa settimana, a volte, la terra ha tremato, non si sentono nemmeno i rumori delle esplosioni ma si avverte ‘solo’ la terra che trema”.
Ciononostante, il desiderio di prendere parte alle celebrazioni “soprattutto fra i bambini e gli adolescenti”, afferma il sacerdote, è più forte delle devastazioni e della paura del conflitto. “Si vive - aggiunge - con una grande incognita. Un misto di gioia, di serenità, come si è respirato durante il silenzio e la meditazione, unito all’angoscia e alla tristezza perché nelle prime ore del mattino hanno colpito l’ospedale”. “La struttura - prosegue - è accanto alla chiesa greco-ortodossa di san Porfirio, lì sono piombate tantissime schegge e vi sono stati dei feriti. Molti dei nostri rifugiati sono ortodossi, quindi sono venuti da noi nonostante la loro chiesa sia a soli 400 metri da qui, perché hanno paura”, in quello che è stato spesso definito “l’ecumenismo del sangue” che unisce le confessioni a Gaza. “Abbiamo pregato tutti assieme - racconta - per la pace, per tutti i caduti, per la liberazione di tutti quelli che sono privati della libertà, i prigionieri e gli ostaggi… è stata una preghiera molto sentita. Inoltre quest’anno, essendo la celebrazione in comune, abbiamo chiesto la grazia della unione di tutti i cristiani del mondo: una unità di fede, speranza, carità”.
Per il parroco di Gaza una delle priorità dopo essere rimasto a lungo lontano dai fedeli nei primi, lunghi mesi del conflitto divampato nell’ottobre 2023 con l’attacco di Hamas in territorio israeliano e la risposta militare dello Stato ebraico, è di “essere vicino alle persone. In questo tempo di Quaresima - sottolinea - abbiamo implorato la conversione nostra e del mondo, perché è la maniera per attirare altre benedizioni. Poi continuiamo a chiedere al Signore la pace, nei nostri cuori e fra le famiglie, e poi evidentemente la pace a Gaza e nel resto della Terra Santa”. I prossimi giorni saranno cadenzati da messe, letture, celebrazioni come nel resto del mondo fino al Giovedì e Venerdì Santo ma “senza funzioni esterne: stavolta - sottolinea - non siamo riusciti a preparare la rappresentazione della passione di Cristo, come eravamo abituati a fare, perché è troppo pericoloso. Preferiamo - ammette - celebrare in modo più discreto e semplice”.
Infine, p. Romanelli lancia un appello ai cristiani nel mondo: “Vi chiediamo di continuare a pregare per il dono della pace, a insistere per la pace e per la personale conversione delle famiglie, per la pace in Terra Santa fra Palestina e Israele, perché si possa davvero mettere fine a questa guerra. Dobbiamo convincere il mondo che è possibile fermare la guerra, che è possibile fermare tutti i conflitti, perché la guerra non recherà alcun bene, e quanto più dura tanto più farà danni. E un ringraziamento - conclude - va a papa Francesco, che anche in queste settimane di prova fisica continua a chiamarci e ci è sempre vicino”.
(Foto tratte dalla pagina Facebook di p. Romanelli)