03/10/2024, 12.48
ISRAELE - PALESTINA - LIBANO
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P. Romanelli da Gaza: 'Preoccupati da escalation in Libano. Qui ancora morti ogni giorno'

di Dario Salvi

Per il parroco della piccola comunità di rito latino l’allargamento a nord fa “pensare che purtroppo la guerra non finirà presto”. La “strage” dei bambini nella Striscia con oltre 16mila morti (su oltre 41mila in totale) dall’inizio del conflitto. Fra le priorità garantire la scuola in aule improvvisate nella chiesa stessa “per non perdere l’anno”. Il 7 ottobre la giornata di preghiera e digiuno per la pace: "In tanti qui vogliono solo la fine delle violenze". 

Milano (AsiaNews) - La comunità cristiana della Striscia di Gaza “vive con tristezza e preoccupazione l’allargamento del conflitto” con l’apertura del fronte nord, l’invasione di terra del Libano dell’esercito israeliano, il lancio di missili da parte iraniana, tutti elementi che fanno presagire una ulteriore escalation. È quanto racconta ad AsiaNews p. Gabriel Romanelli, il parroco della chiesa latina della Sacra Famiglia, raggiunto al telefono a conclusione della messa celebrata nelle prime ore della mattinata. “Tutti questi elementi - prosegue il sacerdote - fanno pensare purtroppo che la guerra non finirà presto, che la situazione si sta aggravando in tutta la regione, e che anche qui [nella Striscia] ogni giorno si contano decine di morti, feriti, spari e bombardamenti”. 

Negli ultimi giorni l’attenzione della diplomazia internazionale è concentrata alla frontiera fra Libano e Israele, con una intensificazione dello scontro fra Hezbollah e le forze armate (Idf) dello Stato ebraico in seguito all’uccisione di Hassan Nasrallah. La morte del capo del Partito di Dio ha scatenato la rappresaglia di Teheran col lancio di almeno 180 missili verso Israele, che mantiene segreta l’entità dei danni e minaccia per bocca del premier Benjamin Netanyahu una dura risposta alla Repubblica islamica.

Tensioni e violenze che allontanano sempre più la via diplomatica e la speranza di una tregua, per la quale papa Francesco (e prima ancora il patriarca latino di Gerusalemme) hanno indetto una giornata di preghiera e digiuno per il 7 ottobre. Una data simbolo, perché ricorre un anno dall’attacco terrorista di Hamas dalla Striscia oltre-confine verso lo Stato ebraico che ha causato quasi 1200 morti e aperto la ferita, tuttora viva, degli ostaggi nelle mani del movimento estremista. Un’azione che ha sfruttato le falle nella sicurezza di Israele, che ha risposto lanciando una sanguinosa campagna militare che, in un anno, ha provocato oltre 41mila morti. “Dei quali - sottolinea p. Romanelli - almeno 16mila sono bambini”.

“Per il 7 ottobre - prosegue il sacerdote del Verbo Incarnato - inizieremo la mattina presto con l’adorazione, poi lasciamo libera la chiesa per le lezioni dei ragazzi [il luogo di culto viene usato anche come aula perché non vi sono altri spazi disponibili, ndr]. Alla fine della scuola, verso le 2 del pomeriggio, ricominciamo l’adorazione per altre cinque ore, poi reciteremo il rosario per la pace e la messa serale dedicata alla Madonna, praticando la penitenza e il digiuno”. 

“In queste ultime settimane - racconta p. Romanelli - quello che sentiamo meno sono i droni dell’esercito ed un sollievo all’udito. Per mesi, giorno e notte, senza sosta, ne abbiamo avvertito il rumore incessante, continuo. Restano invece le esplosioni, i bombardamenti dei caccia, la guerra continua e fra le persone regna uno stato di angoscia, perché non è dato sapere che cosa accadrà dopo. Nel giorno dell’attacco dell’Iran un gruppo di 35 persone che, da sud, volevano rientrare a Gaza City sono stati uccisi dai militari israeliani [è proibito l’attraversamento del corridoio che separa nord e sud della Striscia], abbattuti solo perché cercavano di tornare nelle loro case”. La conta dei morti, avverte, si è trasformata “in un qualcosa di freddo, ma ogni morto violento è sempre una tragedia, vi è dietro una famiglia che soffre e la guerra non fa che peggiorare questa condizione”. 

Dal suo rientro in parrocchia, dopo aver vissuto a Gerusalemme e Betlemme i mesi del conflitto perché impossibilitato a tornare, p. Romanelli ha cercato di “ripristinare le attività apostoliche in collaborazione con il vice-parroco, p. Youssef: l’adorazione, la messa per tutta la comunità, le lodi in arabo, la predica, il rosario di comunità con laici e religiosi, le iniziative nell’oratorio per bambini e adolescenti, anche qualche momento di svago con la tombola per famiglie. Con una associazione cattolica - prosegue - si fa attività psicosociale, poi la distribuzione di beni grazie anche agli aiuti provenienti del patriarcato latino e dell’Ordine di Malta”. 

E pur nelle difficoltà quotidiane causate dalla mancanza di energia elettrica, della distruzione delle infrastrutture, di un quadro di profondo disagio e bisogno, la priorità resta quella di garantire l’istruzione dei giovani, perché non perdano l’anno scolastico 2023/24: “Abbiamo ripreso le lezioni per i bambini delle famiglie di rifugiati cristiani in parrocchia - afferma - e fra una decina di giorni inizieranno i primi esami, mentre quelli di fine anno sono previsti fra un mese e mezzo. Cinque le materie principali: arabo, inglese, matematica, scienze e religione”. “Le lezioni - aggiunge - si svolgono in mattinata, abbiamo anche allestito come scuola di fortuna anche il piccolo convento delle suore del Verbo Incarnato, anche la cucina a volte viene usata come aula e la chiesa stessa. Nel giardino abbiamo allestito tre capanne con un tetto improvvisato in plastica… in totale sono almeno 185 i ragazzi che oggi riescono a frequentare e proseguire gli studi”.

Davanti alla prospettiva di un allargamento del conflitto, qualcuno all’interno della comunità cristiana segue con attenzione e partecipazione, in altri prevale un sentimento di distacco in un clima generale di sfiducia “in cui la gente non sa a chi credere”, spiega il parroco. “Conosco molte persone di pace - sottolinea - che si sono stancate della guerra, non nutrono nemmeno rancore perché dicono di non averne la forza, desiderano solo la fine delle violenze. E come noi cristiani, che sosteniamo ideali di pace, anche migliaia di musulmani nostri vicini vogliono la pace, che tutto finisca per poter ricostruire Gaza, che è una città tritata”.

Un ultimo ringraziamento il sacerdote lo rivolge a papa Francesco, che non ha mai dimenticato la Striscia “e quasi ogni giorno ci invia la sua benedizione, saluta i ragazzi”. A livello di comunità internazionale sembra prevalere l’indifferenza, o l’impotenza, davanti alle sofferenze di 2 milioni e 300mila persone che “vivono in condizioni umanitarie indescrivibili”. 

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