21/02/2023, 11.25
ISRAELE - PALESTINA
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Onu: colonie ‘ostacolo’ alla pace. Ma Israele pensa alla riforma della giustizia

Il Consiglio di sicurezza approva una timida condanna delle politiche espansioniste. Una nota meno critica rispetto alle attese, respinta al mittente dal governo israeliano, critico anche verso gli Stati Uniti. La Knesset approva in prima lettura la riforma, per Netanyahu “un gran giorno”. Ma un sondaggio mostra che la maggioranza dei cittadini è contraria. 

Gerusalemme (AsiaNews) - Alle Nazioni Unite si discute di colonie e dal Consiglio di sicurezza arriva una timida condanna dell’occupazione e delle politiche espansioniste, definite un “ostacolo” alla pace fra israeliani e palestinesi. L’attenzione nel Paese è tutta incentrata sulla controversa riforma della giustizia, una priorità assoluta per il governo di Benjamin Netanyahu, ma osteggiata dalla magistratura e che ha spinto decine di migliaia di cittadini a manifestare. Nella notte, a dispetto del (vano) appello alla mediazione del presidente Isaac Herzog e del parere contrario della maggioranza dei cittadini, la Knesset ha votato in prima seduta l’avanzamento dell’iter di approvazione, con grande soddisfazione del premier e della maggioranza.

La giornata di ieri ha registrato la presa di posizione del Consiglio di sicurezza Onu che, per la prima volta in sei anni, ha denunciato le colonie israeliane nei territori palestinesi in una dichiarazione che, tuttavia, è parsa meno critica in forma e contenuti rispetto alle attese. “La continuazione delle attività di occupazione di Israele mette in pericolo la fattibilità della soluzione a due Stati” afferma il Consiglio in una nota della presidenza, approvata per consenso dai 15 membri, ma senza portata vincolante di una risoluzione, come previsto in un primo momento. Il Consiglio, prosegue, si oppone alle “misure unilaterali” fra cui “la costruzione e l’espansione di insediamenti, la confisca di terre, la demolizione di alloggi e lo sfollamento dei civili palestinesi”.

Immediata la replica dell’esecutivo che, in una nota del gabinetto del primo ministro, parla di dichiarazione “unilaterale che nega il diritto degli ebrei di vivere nella loro patria storica” e “ignorando” al tempo stesso “gli attentati terroristi” a Gerusalemme. Critiche anche a Washington, perché “gli Stati Uniti - conclude la nota - non avrebbero dovuto mai allinearsi al testo”. Tuttavia, i dialoghi dietro le quinte fra funzionari americani, israeliani e palestinesi hanno portato alla decisione dello Stato ebraico di interrompere “per i prossimi mesi” la costruzione di nuovi insediamenti. Solo la scorsa settimana, Israele aveva annunciato la legalizzazione di nove avamposti e approvato la costruzione di quasi 10mila nuove unità abitative negli insediamenti esistenti.

La partita sulle colonie, di maggior interesse sul piano internazionale, in realtà passa in secondo piano nel Paese, dove l’attenzione è concentrata sulla riforma della giustizia, passata in prima lettura alla Knesset (sebbene l’iter sia lungo e serviranno mesi per l’approvazione finale). Nella notte i parlamentari hanno votato in via preliminare la riforma, con evidente soddisfazione di Netanyahu che ha scritto: “Una grande notte e un gran giorno”, incurante delle imponenti proteste di piazza delle ultime settimane e delle critiche dell’opposizione, che promette battaglia. Il documento è stato approvato con 63 voti favorevoli sui 120 in totale, mentre il leader dell’opposizione Yair Lapid annuncia una escalation di proteste nella “lotta per l’anima del Paese”. 

Che il tema sia controverso e il governo stia forzando la mano emerge anche in un sondaggio diffuso oggi dal Times of Israel, secondo cui il 66% dei cittadini è contrario ad una riduzione del ruolo della Corte suprema, inclusa quasi la metà degli elettori del Likud di Netanyahu. E oltre la metà dell’elettorato, affermano gli esperti dell’Israel Democracy Institute, si oppone a ciascuno dei principali punti oggetto della riforma. Infine, il 70% degli israeliani chiede un dialogo costruttivo nel tentativo di raggiungere un compromesso, rilanciando l’invito del presidente Herzog, con un dato del 60% fra gli elettori di maggioranza e l’84% in quelli dell’opposizione. 

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