Oms: il coronavirus è ‘un’emergenza sanitaria internazionale’. In Cina i morti salgono a 213
Il direttore dell’Oms ha precisato che la decisione “non è un voto di sfiducia verso la Cina”. Preoccupazione che “il virus si propaghi in Paesi i cui sistemi di sanità sono più deboli”. Molti Paesi stanno bloccando le comunicazioni con Pechino. Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Italia, Francia e Stati Uniti stanno rimpatriando i loro connazionali. Licenziata Tang Zhihong, capo della sanità della città di Huanggang. Il governo di Wuhan è stato troppo lento nel rispondere ai primi segni di epidemia, “forse per mancanza di cognizioni scientifiche” sul nuovo tipo di virus, ma anche per “esitazioni nel processo decisionale”.
Pechino (AsiaNews) – L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato ieri che l’epidemia di coronavirus scoppiata a Wuhan (Hubei) è “un’emergenza sanitaria di portata internazionale”. Intanto, in Cina l’epidemia di polmonite virale, nota come 2019-nCov, ha fatto 213 morti, 39 in più in sole 24 ore. I dati diffusi stamattina alle 10 dal ministero della sanità cinese parlano di 9720 casi di infezione (1982 nuovi casi aggiunti in 24 ore) e di altri 15.238 casi sospetti. Ormai il virus si è diffuso in tutte le regioni della Cina, dopo che ieri è stato scoperto un caso anche nel Tibet. Il ministero della salute riferisce pure che nel Paese vi sono oltre 100mila casi sotto osservazione e che ben 171 pazienti sono guariti.
A Ginevra, il direttore generale dell’Oms, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus ha spiegato che l’emergenza internazionale “non è un voto di sfiducia verso la Cina”, che anzi sta rispondendo alla crisi in modo “eccezionale”, ma è dovuta alla preoccupazione e alla possibilità che “il virus si propaghi in Paesi i cui sistemi di sanità sono più deboli”.
Nelle scorse settimane l’Oms è stata restia a dichiarare l’emergenza globale. Alcuni commentatori accusavano Tedros di subire il “ricatto” dalla Cina, che era stata sua sostenitrice nel conferirgli la carica di direttore generale dell’organismo sanitario Onu.
Tedros ha anche dichiarato che “l’Oms non raccomanda di ridurre i viaggi, gli scambi commerciali e i movimenti di popolazione con la Cina”.
Molti Paesi stanno invece bloccando le comunicazioni con Pechino. Diverse nazioni hanno chiuso le frontiere a tutti i cinesi. Fra questi vi sono: Russia, Kazakistan, Israele, Papua Nuova Guinea, Salvador. Italia, Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti hanno fermato tutti o gran parte dei voli da e per la Cina.
Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Italia, Francia e Stati Uniti stanno rimpatriando i loro connazionali prelevandoli da Wuhan, l’epicentro della crisi.
Ad oggi, nel resto del mondo vi sono 109 casi di infezione diffusi in 19 nazioni. Ieri è stato confermato il primo caso in India. Negli Stati Uniti vi è il primo caso di trasmissione da uomo a uomo, senza una storia di contatti con l’origine del virus a Wuhan. Anche Germania, Vietnam e Giappone registrano casi di infezione di seconda generazione, ossia fra persone che non hanno avuto contatto diretto con Wuhan.
Intanto nel Paese cadono le prime teste per il modo troppo “esitante” con cui i leader locali hanno affrontato la crisi. Tang Zhihong, capo della sanità della città di Huanggang è stata licenziata per non aver saputo rispondere con precisione alle domande del pubblico in un’intervista televisiva, suscitando critiche da parte della popolazione.
Zeng Guang, il massimo epidemiologo cinese, capo del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha ammesso che il governo di Wuhan è stato troppo lento nel rispondere ai primi segni di epidemia, “forse per mancanza di cognizioni scientifiche” sul nuovo tipo di virus, ma anche per “esitazioni nel processo decisionale”.
In un’intervista al Global Times del 29 gennaio scorso, egli ha spiegato che il governo deve tener conto non solo degli aspetti sanitari, ma anche dei fattori economici e politici. Egli ha citato la necessità di garantire la stabilità politica e il fatto che l’epidemia è scoppiata nel periodo del Capodanno lunare. Tutto ciò ha potuto rallentare la presa di decisioni per la salute della popolazione.
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