Omicidio Hariri, condanna all’ergastolo per due membri di Hezbollah
Ultimo atto del tribunale speciale Onu - costato un miliardo di euro - sull’assassinio dell’ex primo ministro libanese. Il figlio Saad attacca il movimento sciita, definito “responsabile dell’organizzazione e della messa in atto dell’operazione criminale”. Sentenza in contumacia, difficile che possano scontare la pena in prigione.
Beirut (AsiaNews) - Come ultimo atto del suo operato, il Tribunale speciale Onu per il Libano (Tsl, 2006) ha condannato ieri all’ergastolo due nuovi elementi, con tutta probabilità riconducibili a Hezbollah. Si tratta di Hassan Habib Merhi e Hussein Oneissi, che secondo i giudici sono coinvolti nell’attentato costato la vita all’ex primo ministro Rafic Hariri il 14 febbraio 2005. Secondo la giudice Ivana Hrdličková, i due uomini erano “pienamente consapevoli che il progetto di attentato nel cuore di Beirut avrebbe ucciso Rafic Hariri” e altre persone.
In un messaggio sui social Saad Hariri, figlio di Rafic e anch’egli ex primo ministro, ha sottolineato che queste pene sono “il modo più chiaro per condannare al tempo stesso anche Hezbollah come responsabile dell’organizzazione e della messa in atto dell’operazione criminale”. A conclusione del processo di primo grado (nel 2020), la corte aveva condannato Salim Ayache, ma aveva anche aggiunto che non vi erano prove sufficienti per condannare gli altri tre co-imputati Assad Sabra, Hussein Oneissi e Hassan Habib Merhi. Tuttavia, il pubblico ministero era ricorso in appello contro l’assoluzione di questi ultimi due.
Salim Ayache è tuttora latitante in fuga, visto che il segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah ha sempre preferito ignorare le sentenze del tribunale internazionale. Ed è del tutto probabile che accadrà la stessa cosa - salvo sorprese - con i due nuovi condannati. Per quanto riguarda Moustapha Badreddine, che alcuni considerano la mente dell’attentato a Rafic Hariri, sarebbe stato ucciso nella notte fra il 12 e il 13 maggio 2016 nei pressi dell’aeroporto di Damasco, con tutta probabilità da un attacco aereo israeliano. Ed è stato sepolto a Beirut.
La pronuncia della sentenza di condanna a carico di Oneissi e Merhi potrebbe scrivere la parola fine sull’operato del Tsl, la cui sede è all’Aia, in Olanda. Il tribunale è stato istituito a seguito di un accordo fra le Nazioni Unite e la Repubblica libanese, in conformità alla risoluzione 1664 del 29 marzo 2006. Tuttavia, per mancanza di fondi e liquidità dovrebbe chiudere i battenti con l’ultimo atto di questo processo. Dalla sua apertura nel 2009, dopo una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu, il costo dell’attività del Tsl è stimato tra 600 milioni e il miliardo di euro.
Uccisa la mente del decriptaggio
L’ex primo ministro libanese, Rafic Hariri, è stato ucciso con un attacco suicida, allorché un kamikaze a bordo di una camionetta imbottita di esplosivo si è fatto saltare in aria al passaggio del convoglio blindato a Beirut, uccidendo altre 21 persone e causando anche 226 feriti. L’attacco ha innescato manifestazioni oceaniche che hanno portato alla fuoriuscita della Siria dal Libano, dopo un dispiegamento militare durato 29 anni.
L’identificazione degli autori dell’attacco, attribuito sin dal primo momento alla Siria, è stata resa possibile, qualche anno più tardi, grazie al lavoro di un ufficiale dell’intelligence delle Forze libanesi di sicurezza interna (Idf), Wissam Eid. Egli è riuscito a decifrare i dati telefonici relativi all’assassinio. Ha saputo dimostrare, grazie ad antenne e geolocalizzazione dei telefoni cellulari, che un certo numero di dispositivi aveva seguito il percorso delle sei auto parte del convoglio di Rafic Hariri, pochi minuti prima del suo assassinio. E che questi telefoni avevano smesso di trasmettere due minuti prima dell’attacco. Il 25 gennaio 2008 lo stesso Eid è morto nell’esplosione di un’autobomba, mentre si recava alla sede libanese della Commissione d’inchiesta del Tribunale speciale per il Libano (Tsl), all’epoca presieduta dal canadese Daniel Bellemare.
In seguito, secondo il sito internet del settimanale tedesco Der Spiegel, l’analisi dei dati telefonici aveva permesso agli inquirenti di identificare otto cellulari, tutti acquistati lo stesso giorno a Tripoli, nel nord del Libano. Questi portatili erano stati localizzati a più riprese vicino e in contatto telefonico costante con altri 20 telefoni appartenenti, secondo gli inquirenti libanesi, al “braccio operativo” di Hezbollah.
Gli investigatori avevano identificato il titolare di uno dei primi otto telefoni grazie a una chiamata che ha fatto alla sua ragazza, ma non sapevano dove si trovasse o se era ancora vivo, ha aggiunto il settimanale. Successivamente Der Spiegel avrebbe assicurato in una delle sue edizioni che i quattro agenti di Hezbollah menzionati nell’atto di accusa del Tls avevano visitato l’Iran nel 2004, un anno prima dell’attacco, dove avevano ricevuto un addestramento militare vicino alla città di Qom. “I responsabili del campo di addestramento, supervisionati dalle brigate al-Quds e con la partecipazione di agenti dell’intelligence siriana, hanno persino ricostruito la scena del crimine” ha rivelato Der Spiegel. Ovviamente, tutte queste affermazioni sono state spazzate via come “una macchinazione” da Hezbollah, che ha attribuito l’attacco a Israele.