03/05/2007, 00.00
ISRAELE
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Olmert e Israele, il caos politico allontana le occasioni di pace

di Arieh Cohen
Le pressioni per le dimissioni del primo ministro sono solo l’ultima scossa di un terremoto politico dai contorni vasti. L’economia resiste, ma l’incertezza è alle stelle. Unica cosa sicura: Israele sta perdendo un’altra occasione per fare la pace col mondo arabo. E anche i rapporti con la Santa Sede…

Tel Aviv (AsiaNews) – Confusione, scontri, incertezza caratterizzano la scena politica in Israele dopo la pubblicazione (parziale) del rapporto della Commissione d’inchiesta governativa sulla “Seconda guerra libanese”, combattuta la scorsa estate. In esso si manifesta che l’enorme macchina di guerra israeliana ha avuto successi solo parziali, insieme a grandi inadeguatezze sul piano della strategia e dell’attuazione.

Il Primo ministro Olmert e il ministro della Difesa Peretz vengono spinti alle dimissioni e attualmente nessuno riesce a prevedere se lo faranno o cosa potrà ancora succedere così da cambiare il volto del governo.

Politici sotto inchiesta

Tutto questo si aggiunge a una lunga serie di inchieste: il capo della stato sta per essere incriminato per pesanti crimini sessuali, compreso lo stupro; il Primo ministro è sotto tiro per inchieste di tipo etico; i vertici delle autorità fiscali sono sotto inchiesta per corruzione; il candidato a capo della polizia nazionale vene sostituito per immoralità nel suo passato; un membro del parlamento – del partito al governo – è sotto processo per abusi d’ufficio; un membro arabo del parlamento è fuggito all’estero sotto accusa di tradimento.

In più, il ministero della Giustizia è in contrasto con le decisioni dei pubblici ministeri e dei tribunali; il presidente della Corte dei Conti e il Primo ministro litigano in pubblico; il ministro delle Finanze è sospeso perché sotto inchiesta per appropriazioni indebite; il ministro per “gli affari strategici”, di origine russa, deve rispondere a questioni riguardanti forti somme di denaro ricevute da oligarchi russi per strani contratti commerciali….

Anche sul fronte politico domina insicurezza: il partito laburista, già partito di governo e unica ragionevole alternativa al governo di destra, mentre si prepara a detronizzare il suo leader, il ministro Peretz, è fortemente diviso e forse in modo definitivo. Il partito Kadimah di Olmert, il gruppo più folto della coalizione di governo, minaccia di disintegrarsi e potrebbe non ricevere alcun voto nelle prossime elezioni.

I due candidati che in futuro hanno maggiori possibilità di essere nominati premier sono due ex primi ministri, Ehud Barak e Binyamin Netanyahu, entrambi segnati da catastrofici fallimenti; altri candidati in lizza sono l’inesperta Livny, attuale ministro degli esteri, e l’ex capo della polizia segreta, Amy Ayalon. Intanto i membri della destra alla Knesset lottano per verificare chi è più estremista nelle sue minacce contro la minoranza araba israeliana….

Nessun movimento di pace

Con tutto ciò, gli israeliani stanno dando prova di grande adattabilità e – al di là della politica – la vita va avanti, con una economia e una valuta dai risultati sorprendenti, visto il caos politico.

Ma le inquietudini sono all’orizzonte. Fra gli analisti è ormai usuale affermare che fra breve ci sarà una nuova guerra nel nord, contro Hezbollah e/o la Siria, per concludere il lavoro lasciato a metà con il conflitto passato. Nello stesso tempo, il governo continua a rifiutare le ripetute offerte siriane per dei negoziati di pace e non prende sul serio l’offerta storica della Lega Araba di stabilire la pace fra Israele e il mondo arabo, anzi forse con tutto il mondo musulmano. Il fatto doloroso è che non vi è più in Israele alcun movimento per la pace, sufficientemente vasto e popolare per domandare al governo di prendere sul serio queste occasioni, né tanto meno un partito politico, anche se i sondaggio di opinione suggeriscono che la maggioranza degli israeliani sostiene questa offerta per un accordo di pace.

Al contrario, procede l’ampliamento delle colonie nella West Bank e dal punto di vista politico i coloni sono più potenti che mai, anche se godono solo di un sostegno minimo da parte del pubblico e tutti sono ormai stanchi dei loro trucchi.

La Commissione d’inchiesta [sulla guerra libanese] ha dato un giudizio severo sulla politica e le decisioni del governo, come un tribunale che condanna un imputato. Ma si sono sentite poche voci su questa strana procedura: un piccolo gruppo di persone scelte per caso, tutte in pensione, nessuna delle quali ha mai raggiunto il vertice nel loro campo, si mostra come la sede della saggezza e si mette a giudicare un governo legalmente eletto il quale – come avviene nelle democrazie – risponde solo al parlamento e, attraverso di esso, agli elettori. E non è confusione questa?

Sognare la stabilità

Il carattere tellurico della politica israeliana  non permette di fare previsioni e nessuno sa quando si potrà osare farne. Unica cosa certa è che nessuno beneficia di questa situazione. Tutti invece avrebbero potuto guadagnare da una situazione politica più stabile. Un governo più solido avrebbe avuto la possibilità di rispondere in modo più positivo ai segnali di pace della Siria e del mondo arabo; di pensare più a fondo sul fondamentale rapporto con i palestinesi; di essere più deciso con i coloni nei Territori occupati; di trovare soluzioni agli altri numerosi problemi che Israele deve affrontare. È fuori dubbio che un governo più stabile potrebbe avrebbe un’influenza benefica anche sui negoziati fra Israele e Santa Sede che, a questo punto, richiedono una speciale attenzione e un lavoro più continuo. Secondo alcune agenzie, la prossima riunione plenaria della Commissione bilaterale Santa Sede- Israele avverrà il 21 maggior prossimo. Ma fino ad allora, può succedere di tutto …

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